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Uso sempre più frequente di un linguaggio volgare, violento e offensivo… atteggiamento ripetutamente arrogante (“non abbiamo nulla da imparare da nessuno… non accettiamo lezioni dagli altri, anzi sono gli altri che devono imparare da noi”)… mancanza di sensibilità per il dolore e la sofferenza, trasformando tragedie umane in show personali con tanto di sorrisi e di selfie irriguardosi… mancanza di rispetto per la dignità dei diversamente abili (persone down ed autistici pubblicamente presi di mira, dileggiati, disprezzati)… incitamento all’odio verso chi è diverso per condizione sociale e per razza, verso i migranti ed i profughi, nei confronti dei quali è più volte risuonata la parola “schifo” (e c’è chi ha anche evocato i forni crematori!)… accondiscendenza verso chi non ha rispettato le leggi o evadendo la tasse o violando le più elementari regole urbanistiche, premiando in questo modo i disonesti e punendo gli onesti… ricerca di popolarità e consenso fondati sulla paura…vite moralmente disordinate nel privato in contrasto incoerente con una difesa pubblica del valore della famiglia… restrizioni e controlli che stanno già limitando di fatto la libertà religiosa e la libertà di coscienza e… potrei purtroppo continuare!

Ma sono davvero questi gli aspetti del cambiamento di cui si è tanto parlato fino a trasformarlo nella parola più abusata di questo 2018? È questo il cambiamento auspicato dalla maggioranza degli italiani? Se è davvero questo, c’è motivo per essere assai preoccupati e per intensificare le nostre preghiere per “tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità” (1Ti 2:2). Ma siamo chiamati a pregare anche “per tutti gli uomini” perché ricevano quel discernimento che apra loro gli occhi per comprendere che il cambiamento, quello vero, ha ben altre cause e ben altra fonte!

Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà: non c’è nulla di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda questo è nuovo»?” (Ec 1:9-10) – così recitava realisticamente l’Ecclesiaste, per liberare gli uomini da ogni illusione. Ma, alla fine della sua lunga riflessione, improntata dal pessimismo e dalla costatazione dell’incapacità umana di realizzare qualcosa di nuovo, ha un sussulto di ottimismo: “Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto per l’uomo” (Ec 12:15). L’Ecclesiaste indica la strada per poter realizzare qualcosa di cui si possa dire: “Guarda questo è nuovo”! È solo attraverso la ricerca di Dio e l’ascolto della sua Parola che ogni uomo può realizzare il vero cambiamento di cui ha bisogno. È un cambiamento interiore, radicale, profondo, un cambiamento provocato dal riconoscimento della propria condizione naturale di peccatore perduto e dalla consapevolezza che può conoscere la propria redenzione solo affidandosi a Dio che, attraverso Cristo, può rendere “tutte le cose”, cioè ogni aspetto della vita (valori, speranze, impegni, prospettive…) del tutto “nuove” (2Co 5:17). I veri cambiamenti sono quelli operati da Dio nella vita dell’uomo, quei cambiamenti per i quali Davide poteva cantare: “Tu hai mutato il mio dolore in danza, hai sciolto il mio cilicio e mi hai rivestito di gioia” (Sl 30:11).

Pregare per la nazione nella quale viviamo deve avere quindi come obiettivo quello di invocare Dio perché tutti i suoi abitanti “siano salvati e vengano alla conoscenza della verità”. Ma significa anche impegnarsi ad essere testimoni del vero cambiamento, mostrando le nostre vite davvero cambiate da Cristo. E se le autorità del nostro
Paese ci propongono o, peggio ancora, se cercassero di imporci il loro “cambiamento”, dovremmo sempre esaminare con cura ogni proposta alla luce della Scrittura. Non lasciamoci abbagliare dalle parole, come purtroppo ingenuamente è accaduto a molti; guardiamo la sostanza delle proposte, delle idee, degli atteggiamenti e valutiamo. Ma soprattutto: preghiamo! Preghiamo perché si realizzi il cambiamento voluto da Dio, l’unico che porta ad essere “rivestiti di gioia”.