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Domande cruciali

Quando nella distretta il credente comincia a domandarsi

      “Perché?”

           “Fino a quando?”,

diventa inquieto o dorme poco e male per un tempo relativamente lungo, è possibile che stia attraversando una crisi spirituale.

Crisi spirituale. Non è volentieri che parliamo di tale argomento e questo per delle ragioni molto semplici: abbiamo paura del giudizio degli altri o proviamo vergogna perché, a più riprese, ci è stato detto che il credente maturo non può conoscere la crisi spirituale, per nessuna ragione al mondo.

A smentire questi ragionamenti ci sono numerosi passi della Scrittura che descrivono il cammino di diversi personaggi biblici. Due esempi su tutti: Giobbe e Davide.

 

GIOBBE – uomo “… integro e retto, temeva Dio e fuggiva il male” (Gb 1:1) – presentò al Signore i suoi molti “Perché?”.

Perché non morii fin dal seno di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal grembo?” (Gb 3:11);

Perché trovai delle ginocchia per ricevermi e delle mammelle da poppare?” (Gb 3:12);

Perché dare la luce all’infelice e la vita a chi ha l’anima nell’amarezza?” (Gb 3:20);

Perché dar vita a un uomo la cui via è oscura, e che Dio ha stretto in un cerchio?” (Gb 3:23).

DAVIDE – l’uomo secondo il cuore di Dio (cfr. 1Sa 13:14; At 13:22) si espresse in termini analoghi nelle sue “periodiche” crisi spirituali:

“Abbi pietà di me, o Signore, perché sono sfinito; risanami, o Signore, perché le mie ossa son tutte tremanti. Anche l’anima mia è tutta tremante; e tu, o Signore, fino a quando? …” (Sl 6:2-3);

Fino a quando, o Signore, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando avrò l’ansia nell’anima e l’affanno nel cuore tutto il giorno? Fino a quando s’innalzerà il nemico su di me? Guarda, rispondimi, o Signore, mio Dio! Illumina i miei occhi perché io non m’addormenti del sonno della mor-
te …”
(Sl 13:1-3).

Giobbe e Davide: due uomini di Dio che hanno vissuto la crisi spirituale.

Ma la crisi spirituale può essere assai più complessa ed è ciò che osserveremo nelle poche righe del presente articolo.

Verità e amore

Il presupposto di fondo che orienterà le nostre riflessioni è il seguente: il profondo bisogno spirituale di un’anima non può essere esaminato solo dal punto di vista dottrinale. Una simile dichiarazione non dovrebbe stupirci più di tanto. Il termine “dottrina” vuol dire insegnamento e l’insegnamento, nella Scrittura, ha come fine ultimo il raggiungimento di un preciso obiettivo: la crescita e la trasformazione dell’individuo secondo

“… la statura perfetta di Cristo”   

(cfr. Ef 4:11-16).

In parole povere, secondo il Nuovo Testamento, la dottrina è pratica: mira al cambiamento morale e spirituale dell’intera persona.

Ciò implica necessariamente che la trasmissione degli insegnamenti biblici venga fatta con amore e sensibilità cristiani. Ed è proprio quel che leggiamo in Efesini 4:15 “… seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo”. Le relazioni umane e fraterne non miglioreranno se le verità dottrinali non mostreranno il carattere passionale dell’amore cristiano.

Per molti credenti la crisi spirituale è stata lunga e difficile da superare perché non hanno trovato dei “pastori” preparati, amorevoli e disponibili, ma hanno anzi incontrato dei giudici inclini solo a bacchettare. Per sette giorni e sette notti gli amici di Giobbe assunsero l’atteggiamento giusto verso il loro amico ferito nella psiche e nel corpo:

“… nessuno di loro gli disse parola, perché vedevano che il suo dolore era molto grande”.

(Gb 2:13)

Dopo quella prima settimana cominciarono a parlare. All’inizio lo fecero con una certa discrezione: “… se provassimo a dirti una parola ti darebbe fastidio?” (Gb 4:2a). Poi, però, rovinarono tutto (osserva nei capitoli 4-31 del libro di Giobbe il confronto fra gli amici di Giobbe e l’antico patriarca).

Chiarimenti ed esempi biblici

La crisi spirituale può essere paragonata ad una forte perturbazione che cambia lo scenario di un determinato paesaggio. L’individuo che è in crisi prova un forte senso di smarrimento, è turbato ed insicuro, manca di lucidità: mentale ed emotiva. Più sarà lunga la crisi, più grandi saranno i disagi provati. Una forte crisi lascia il segno.

La crisi non conosce età. I cambiamenti culturali, i ritmi frenetici del nostro moderno occidente hanno generato una serie infinita di problematiche interiori: disagi e disturbi psicologici di ogni tipo, chiamando in causa grandi e piccoli.

La crisi spirituale può avere sfaccettature diverse, può colpire anche i credenti più maturi e ciò non dovrebbe necessariamente sorprenderci negativamente. A tal proposito il noto predicatore gallese Martyn Lloyd Jones ha detto:

“…nell’esperienza spirituale, non conosco nulla di più scoraggiante di quei credenti che danno sempre l’impressione di camminare sulla vetta della montagna… La Parola di Dio ci racconta di uomini che sapevano che cosa significa sentirsi abbattuti o trovarsi in doloroso e desolante affanno”.

La crisi spirituale è simile ad un macigno che pesa sulla psiche di una persona. I segnali di una crisi spirituale possono essere numerosi e sono facilmente identificabili. Ne vediamo solo alcuni: tristezza, malinconia, confusione mentale ed emotiva, introversione, pessimismo, disturbi comportamentali, frustrazione, ansia, reazioni incontrollate, problematiche psicosomatiche, attacchi di panico, depressione.

La Scrittura presenta diversi casi di uomini e donne che hanno portato il peso di una crisi spirituale, nelle sue diverse forme. In ognuno di essi scorgiamo alcune caratteristiche specifiche della crisi spirituale.

In Giobbe osserviamo il peso di un dolore fisico e mentale difficile da sopportare:

“… la mia carne è coperta di vermi e di croste polverose, la mia pelle si richiude, poi riprende a suppurare… io preferisco soffocare, a queste mie ossa preferisco la morte” (Gb 7:5, 15).

Lea ci parla del peso dovuto ai complessi di inferiorità nei confronti di Rachele, assai più bella di lei:

“Lea aveva gli occhi delicati, ma Rachele era avvenente e di bell’aspetto… Giacobbe… amava Rachele più di Lea” (Ge 29:17, 30).

Mosè mostra il peso del servizio per Dio, in relazione ad un popolo ingrato e ribelle:

“Mosè disse al Signore: «Perché hai trattato così male il tuo servo? Perché non ho trovato grazia agli occhi tuoi, e mi hai messo addosso il carico di tutto questo popolo? L’ho forse concepito io tutto questo popolo? L’ho forse dato alla luce io, che tu mi dica: – Portalo sul tuo seno –, come la balia porta il bimbo lattante, fino al paese che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri?»”.

(Nu 11:11-12)

Anna è amareggiata dal peso di non sentirsi realizzata come donna al cospetto della sua rivale, Peninna:

“… lei aveva l’anima piena di amarezza e pregò il Signore piangendo a dirotto”

(1Sa 1:10).

Elia soffre il peso di una minaccia inaspettata, dopo aver conseguito una vittoria di grande portata:

“Elia, vedendo questo, si alzò e se ne andò per salvarsi la vita … s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra ed espresse il desiderio di morire, dicendo: «Basta! Prendi la mia anima, o Signore …»”.

(1Re 19:3-4)

Asaf porta il peso di chi non capisce appieno i disegni di Dio:

“Certo, Dio è buono verso Israele, verso quelli che sono puri di cuore. Ma quasi inciamparono i miei piedi; poco mancò che i miei passi non scivolassero. Poiché invidiavo i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi …”.

(Sl 73:1-3)

Ezechia mostra il peso di una malattia improvvisa che non gli avrebbe dato scampo:

… Ezechia si ammalò di una malattia che doveva condurlo alla morte… voltò la faccia verso il muro e pregò il Signore… Ezechia scoppiò in un gran pianto”.

(2Re 20:1-3)

Giona avverte il peso di una coscienza che è in disaccordo con Dio. Il Signore gli affidò una missione importante per la salvezza dei nemici d’Israele

“Ma Giona si mise in viaggio per fuggire… lontano dalla presenza del Signore” (Gn 1:1-3). Più tardi si rivolse in preghiera al Signore con queste parole: “… Signore, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere”.

(Gn 4:3)

Davide è schiacciato dal peso del peccato:

“Lavami da tutte le mie iniquità e purificami dal mio peccato; poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me… Distogli lo sguardo dai miei peccati e cancella tutte le mie colpe”.

(Sl 51:2-3; 9)

Pietro è sopraffatto dal peso dei suoi fallimenti:

“… e subito, mentre parlava ancora, un gallo cantò. E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, andato fuori, pianse amaramente”.

(Lu 22:60-62)

Soluzioni pastorali

L’ampio ventaglio di esempi biblici riportato sopra dimostra che non solo la crisi spirituale è possibile ma è piuttosto frequente, anche nella vita di quelli che reputiamo essere dei veri e propri “giganti della fede”: Mosè, Davide ed altri ancora. Avremmo potuto parlare, per esempio, della crisi dell’apostolo Paolo (cfr. 2Cor 12:7-9) o della crisi vissuta da nostro Signore nella sua umanità, nel Getsemani prima della croce (cfr. Lu 22:39-46).

Ma ora ci domandiamo: esistono delle soluzioni alle nostre crisi spirituali? Sì, esistono delle soluzioni! I seguenti tre casi veri rivelano tre soluzioni alle possibili crisi spirituali.

Il primo caso

Una signora, credente, dopo un incontro di chiesa si rivolse al predicatore in questi termini:

“Grazie per la predica. Ha fatto un grande bene alla mia anima. Mia madre ha avuto un esaurimento nervoso e dopo aver sentito troppe volte che quelle sono malattie del Diavolo, finalmente una campana diversa… Grazie!”.

Chi vive una crisi spirituale ha bisogno di percepire l’amore compassionevole del Signore, non solo una serie di nozioni bibliche, per quanto interessanti possano essere. Ciò dimostra che esistono delle questioni psicologiche e spirituali che vanno oltre quel che pensiamo.

Non sempre è sufficiente presentare a chi è in difficoltà una sfilza di versetti biblici. Con ogni probabilità il “malcapitato” conosce bene quei versetti, tanto quanto chi glieli presenta con impegno. È necessario comunicare le verità della Parola con un genere d’amore che vada oltre quello umano e terreno. Gesù faceva proprio questo:

“… vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore…”.

La sua passione per le anime era così intensa da essere condivisa con gli amici più intimi, affinché diventasse una vera e propria missione:

“… allora disse ai suoi discepoli: «La messe è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della messe che mandi degli operai nella sua messe»”.

(Mt 9:36-38)

Questo genere d’amore entra con discrezione ed efficacia nella vita di chi si trova nel bisogno.

Il secondo caso

Un’insegnante molto capace e spiritualmente matura confidò ad uno dei suoi anziani alcuni disagi interiori che le stavano creando non pochi problemi:

“… in questo momento mi sento insicura e fuori luogo, sempre!… Ecco, sono ripiombata a tanti anni fa, a quella bambina bruttina e sciocca che nessuno cercava…”.

Una crisi spirituale può avere radici profonde, ma Gesù conosce perfettamente la nostra storia, persino gli aspetti più piccoli e personali. Il caso in questione mostra che certe situazioni traumatiche vissute nell’infanzia possono avere delle ripercussioni negative, anche a distanza di molto tempo. Giovanni racconta:

“… là c’era un uomo che da trentotto anni era infermo. Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?»”.

(Gv 5:5-6)

Ciò che colpisce di questa storia biblica è che la sofferenza fisica ed emotiva del paralitico – che si protraeva da ben trentotto anni – non era sconosciuta agli occhi del Signore. L’espressione biblica – “Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così” – non dovrebbe lasciarci indifferenti. Il Signore ha il controllo dei pianeti e le galassie, come del mondo microscopico, ma conosce perfettamente anche i dettagli più intimi della nostra vita. Egli ha detto:

“Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati”

(Mt 10:30)

Il terzo caso

Una mamma – che spesso ha vissuto alcuni disagi interiori, nonostante la sua conoscenza biblica e la sua maturità spirituale – ha confidato ad un conduttore di chiesa i seguenti pensieri angoscianti:

“Il momento di crisi acuta corrisponde all’esasperazione di una situazione che dura ormai da troppo tempo. In quei momenti sono disposta a tutto per risolvere il problema, ma quando torna la calma (apparente) non significa che stia bene… Non ho più voglia di chiedere aiuto, ma escludo tutti e cerco di nascondere questa parte di me”.

Una crisi spirituale a volte può presentare delle dinamiche particolarmente complesse. Certe questioni psicologiche o spirituali sono dure da risolvere. Alcuni credenti vivono dei blocchi che li paralizzano interiormente. È come entrare in un labirinto in cui non si vede la via d’uscita. Il cristiano che è in crisi: cammina, cade, si rialza, poi cammina di nuovo; vive i suoi malesseri interiori e a volte non riesce a trovare la via d’uscita.

I casi presi in esame dimostrano che la soluzione, spesso, può essere trovata quando si ha il coraggio di condividere il proprio dramma personale con fratelli o sorelle spiritualmente preparati.

La Parola ci ricorda che:

“È lui [Gesù] che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo”.

(Ef 4:11-12)

L’ingiunzione rivolta da Paolo ai Tessalonicesi dimostra che uno dei compiti primari della Chiesa di Gesù Cristo è quello di essere sensibili ai bisogni altrui, soprattutto ai bisogni dei più deboli:

“… vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti”

(1Te 5:14)

In parole povere, i deboli – casi di estrema debolezza – dovranno essere portati sulle spalle da quelli più maturi. In uno dei suoi libri Maurice Ray giustamente poneva la seguente domanda:

“Che cosa ne sarebbe stato della Samaritana, di Zaccheo, di Maria Maddalena o di Saulo da Tarso se al loro ascolto della Parola non avesse fatto seguito l’aiuto dei ministeri di uomini (o donne) che operano in profondità e su punti precisi della loro vita personale?”.

Molte persone vanno via delle nostre sale di culto perché non trovano nessuno che si interessi ai loro bisogni umani e spirituali. Le predicazioni spesso sono scollegate dalla realtà quotidiana e gli ascoltatori non hanno modo di vivere per esperienza l’efficacia della Parola di Dio nelle proprie vicissitudini personali. Il compito dei doni spirituali (uomini e donne preparati dal Signore), dunque, è proprio quello di colmare questo vuoto ministeriale.

È opportuno parlarne

“Crisi spirituale. Parliamone!”.

Questo non è solo un titolo ad effetto, ma vuole essere il primo passo per uscire fuori da un circolo vizioso che, in certi casi, può essere emotivamente dannoso. Nessun vivente capirà fino in fondo le infinite problematiche spirituali o psicologiche che tormentano il cuore dell’uomo. Nessuno, tranne uno: Gesù Cristo! La Scrittura, divinamente ispirata da Dio (cfr. 2Ti 3:16), afferma con assoluta autorità che Gesù è il “grande e supremo Pastore delle anime” (Eb 13:20; 1P 5:4).

Nei momenti bui dell’anima il credente vedrà ancora il suo Dio. Confiderà nell’amore compassionevole di Gesù Cristo, nella sua perfetta conoscenza, nei doni spirituali affidati alla Chiesa, per il suo bene, per la sua crescita spirituale.