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Quando ero bambino, non c’era incontro della chiesa nel quale non venisse evocato nel canto, nelle preghiere o nelle letture bibliche il ritorno del Signore. Spesso gli incontri della chiesa si concludevano con un canto d’invocazione di Cristo, pensando alle parole conclusive delle Scritture (“Vieni, Signore Gesù!”, Ap 22:20), ma pensando anche alla eventualità che Signore ritornasse fra un incontro e l’altro della chiesa. In questo modo veniva espresso il desiderio di tutti di essere “rapiti” per “incontrare il Signore nell’aria” ed essere così per “sempre con il Signore” (1Te 4:17).

Era un modo sicuramente incisivo per mantenere “viva” la speranza e per vivere ogni giorno la tensione spiritualmente positiva dell’attesa di Cristo.

Oggi questo non accade quasi più. È vero che, purtroppo, in alcuni casi, che ho ancora ben presenti nella mente, si lasciava spazio ad interpretazioni, piuttosto soggettive per non dire addirittura fantasiose, delle profezie bibliche relative agli ultimi tempi e ad applicazioni forzate e singolari su fatti e protagonisti della cronaca mondiale. Ma devo riconoscere che tutto questo, frutto spesso di semplicismo e di “buona fede”, esprimeva un desiderio autentico e sincero di partecipare da viventi al ritorno di Cristo. Si interpretava cio__ l’attualità alla luce di questo desiderio, sperando così di veder conclusa quanto prima l’attesa di Cristo. Di fatto si leggeva negli avvenimenti ciò che si desiderava leggervi e, tutto questo, perché davvero la speranza di vedere Cristo era “viva” e costituiva il programma di vita al di sopra di ogni altro programma.

Oggi si cerca di essere più sobri e più prudenti nella comprensione delle profezie bibliche, si ama fare dei confronti e dei dibattiti sulle varie scuole di interpretazione, si cerca di decifrare correttamente il momento dell’apparizione di Cristo per il rapimento della sua Chiesa e della sua seconda venuta nel mondo per realizzare il suo Regno. Abbiamo una conoscenza intellettualmente più profonda di ciò che le Scritture insegnano, ma questo ci ha reso più distaccati, meno emotivamente coinvolti. Abbiamo più mente e meno cuore! Ci piace discutere e organizzare dibattiti sui tempi e sui modi del ritorno di Cristo, ma ci siamo forse dimenticati di vivere quotidianamente l’attesa di questo ritorno. Pensiamo di saperne di più su ciò che la Scrittura insegna su questo glorioso ritorno, ma la speranza che deve ogni giorno alimentare l’attesa non è più “viva”.

Con la mente affermiamo che “la nostra cittadinanza è nei cieli”, con le labbra cantiamo (qualche volta!!): “Non è patria per noi questa terra” (inno 158 della raccolta “Inni e canti cristiani”), ma poi viviamo le nostre giornate tutti immersi nella “patria-terra” e, spesso, senza mai neppure pensare alla “patria-cielo”. E dimentichiamo che i doni che godiamo da parte del Signore ora, qui, da subito (il perdono, la salvezza, la vita eterna, la sua presenza) non sono che una parte delle ricchezze che godremo quando la nostra redenzione sarà “piena” (Ef 1:14) e quando la nostra salvezza sarà pienamente “rivelata” (1P 1:5). In Cristo siamo già ricchi, ma questo “tesoro è in vasi di terra”! Perché adagiarci in questi “vasi di terra” e non nutrire la speranza che ogni giorno possa essere quello in cui anche “la terra”, trasformata da Cristo, diventerà un “tesoro”, il giorno in cui diventeremo perfettamente e incredibilmente ricchi, perch__ “saremo simili a lui”?

Da un’attesa viva del ritorno del Signore scaturisce un’intensificazione qualitativa del cammino nella santificazione e nella consacrazione. Se davvero vogliamo vivere un autentico risveglio nella nostra vita personale ed in quella dell’assemblea di cui siamo parte, non abbiamo che un programma da realizzare: iniziare ogni giornata con la speranza (“viva”!!) che possa essere quella del ritorno di Gesù.