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Introduzione

 

Nello straordinario Vangelo di Giovanni, quello della fede, viene riportata questa meravigliosa preghiera del Signore Gesù. Essa segue il Prologo (Gv 1:1-18), il suo ministero pubblico (Gv 1:19 a 12), l’istituzione della Cena, il lavaggio dei piedi ai discepoli, la predizione del tradimento di Giuda (Gv 13:1:30) e i suoi insegnamenti finali o il sermone nell’alto solaio (Gv 13:31 a 16:33). Questo importante Sermone, nel corso del quale c’è stato un momento che si potrebbe definire di “domande e risposte” (Gv 13:31-14:31), si divide in tre sezioni riguardanti le relazioni che i discepoli avrebbero dovuto avere: con il Signore stesso (15:1-11); tra loro (15:12-17); con “il mondo” (15:18-27).

Poi seguono la promessa dello Spirito San-
to (16:5-15), la rivelazione della riapparizione 
di Gesù (16:16-24) e la rivelazione del Padre
 (16:25-33).

 

Quando Gesù ebbe finito con tutti questi insegnamenti, se ne andò in disparte a pregare come era solito fare. Nel testo sopra indicato (Gv 17:20-26) è riportata la sua preghiera: la più lunga fra quelle riportate nei Vangeli. E qui troviamo Gesù che parla con il Padre. Questo segna la linea di transizione dal suo ministero terreno a quello celeste di intercessione per noi come credenti in lui.

In qualche modo è la spiegazione della frase oscura riportata in Luca:

“Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno” (Lu 22:31-32).

 

Questa preghiera è una sintesi della teologia di Giovanni relativa all’opera di Cristo. Evidenzia la sua obbedienza al Padre, fino alla sua morte perché è tramite la sua morte che la Gloria del Padre si è manifestata. È stata definita in vari modi, tra questi ricordiamo “La Preghiera sacerdotale” per il suo contenuto di mediazione.

La preghiera può essere divisa in tre sezioni:

1. Gesù prega per sé stesso.

2. Gesù prega per i suoi discepoli.

3. Gesù prega per coloro che in futuro avrebbero creduto in lui.

Merrill Tenney (1904-1985), insegnante statunitense di Nuovo Testamento, ha scritto:

“Queste tre sezioni sono come tre cerchi concentrici, il secondo dei quali è più largo del primo e il terzo è più largo del secondo e li include tutti e tre. Comunque, tutti hanno un centro comune. La preghiera nel suo insieme ha come unica idea centrale: la vita eterna; infatti la richiesta di Gesù è che egli possa essere glorificato affinché la vita eterna possa essere resa disponibile”.

Ma la preghiera ha un altro concetto chiave che è la gloria!

 

Concentriamoci sulla terza sezione di questa preghiera per esplorare un po’ del suo contenuto e del suo significato per poi vedere in che modo il suo contenuto ha avuto applicazione nel corso della storia a cominciare dalla chiesa apostolica.

 

Infine desidererei destare la riflessione e l’interesse stimolando – spero – anche all’azione. Per fare questo, dobbiamo porci alcune domande importanti. Non mi aspetto che per tutte sia possibile trovare una risposta, ma penso che se ne terremo conto potremo afferrare il vero significato di queste parole meravigliose del Signore Gesù. Quali domande? Eccole!

• Quale unità aveva in mente il Signore quando ne ha fatto menzione: si riferiva forse a ciò che al giorno d’oggi viene chiamato “ecumenismo” a livello mondiale?

• Qual è la nostra fiducia nel vangelo al giorno d’oggi?

• In che modo possiamo applicare l’insegnamento di Gesù semplice ma profondo al giorno d’oggi?

 

Nonostante si tratti dell’esempio biblico più puro ed ampio di una comunicazione diretta tra le due Persone della Deità, tuttavia questa preghiera è espressa con frasi semplicissime, anche se le idee sono molto profonde. La parte più breve è quella che riguarda i suoi propri interessi. La preghiera contiene cinque richieste principali da parte di Gesù: una per sé stesso e quattro per noi.

La sezione che considereremo contiene due di queste richieste: l’unità e l’amore.

 

Riferendosi a questa preghiera, Lutero ha scritto:

“Questa è una preghiera veramente e smisuratamente calorosa e vigorosa. Apre le profondità del suo cuore, sia riguardo a noi sia riguardo a suo Padre mostrandocele tutte. Suona così onesta, così semplice; è così profonda, così ricca, così ampia…”.

Si dice che il grande Riformatore scozzese, John Knox abbia letto questa preghiera ogni giorno durante la fase terminale della sua malattia e che negli ultimi istanti della sua vita abbia testimoniato che questi versetti abbiano continuato ad essergli di grande conforto e che da essi abbia attinto forza.

James Boice (1938-2000), noto teologo riformato ha scritto che “questa preghiera dovrebbe essere per noi pressoché ciò che era il pruno ardente per Mosè, dato che qui sentiamo Dio che parla e dovremmo toglierci i calzari e inchinarci umilmente, sapendo che stiamo per calpestare il suolo più sacro”.

 

 

L’unità: l’insegnamento del Signore

 

L’unità: è la prima richiesta che il Signore ha fatto per noi in questa sezione: egli la ripete cinque volte al Padre (17:11, 21a, 21b, 22, 23). Questo è straordinario! Che siano uno!

È interessante notare che Gesù fa tre richieste (17:21) tutte dipendenti l’una dall’altra. La seconda richiesta dipende dalla prima e la terza dipende sia dalla prima che dalla seconda.

La prima richiesta, l’enfasi principale dell’intera preghiera, “che siano tutti uno”, viene ripetuta in 17:11 e 22. I discepoli erano lì e stavano ascoltando questa preghiera. Erano così diversi tra loro. Quando Gesù chiamò i pescatori ognuno faceva un lavoro diverso: alcuni pulivano le reti, altri le rassettavano, eccetera. Pietro e Matteo provenivano da ambienti culturalmente diversi. Tuttavia Gesù pregava per la loro unità e anche per quella dei futuri credenti in lui.

 

L’unità ha una triplice base, la stessa che è alla base dell’unità tra il Padre e il Figlio. Un’identità nella loro natura: il Padre è Dio e Gesù è Dio! Hanno la stessa esistenza e volontà, stessi obiettivi. Un’identità nell’amore perfetto: mi hai amato prima della creazione del mondo; e il Figlio ama il Padre (Gv 14:31). Un’identità nella nella santità. Gesù faceva sempre ciò che era gradito al Padre (Gv 17:4).

 

L’unità è il suo desiderio per noi. Lo scopo di questa unità è che i credenti possano essere nel Padre e nel Figlio e che il mondo possa credere e sapere che il Padre ha mandato Gesù. Egli prega che noi possiamo essere uno come lo sono lui e il Padre. Il fatto che noi credenti sperimentiamo l’uno con l’altro questo rapporto intimo, lo stesso che c’è tra il Padre e il Figlio, porterà il mondo a credere che il Padre ha mandato il Figlio. In altre parole, l’unità cristiana consente al mondo di vedere e di capire che Gesù è divino nella sua origine ed è Dio stesso. È questa la specie di unità che sperimentiamo influenzando positivamente la nostra chiesa locale? Possiamo dire ai nostri vicini, colleghi, famiglie e amici che siamo uno con la nostra chiesa? Dovremmo poter dire: “Siamo uno, siamo uno!”. Se stiamo operando in conflitto e nella disunione piuttosto che nell’unità, Dio limiterà la sua opera nella nostra vita.

 

Ci sono quattro segni distintivi di una chiesa locale che dimostrano chiaramente ai non credenti che Dio si rivela al mondo. Questi sono come dei cartelli indicatori: uno è la dimostrazione dell’amore; un secondo sono le buone opere; un terzo è la speranza; l’ultimo è l’unità. Laddove quest’ultima non esiste o è carente, la proclamazione del Vangelo ne risulta ostacolata. Laddove quest’ultima è presente è come un ponte proteso verso Cristo.

 

Di recente ho letto che in Africa, un bimbo di due anni si è allontanato perdendosi nella foresta. L’intero villaggio si è messo alla sua ricerca per un giorno intero ma non sono riusciti a trovarlo. Il giorno dopo, hanno deciso di unire le forze e coprire l’intera area. Lo hanno trovato ma sfortunatamente era morto avendo trascorso la notte all’aperto. La mamma straziata dal dolore si è messa a gridare: “Perché non avete unito le vostre forze prima?”. Come fratelli e sorelle in Cristo, dobbiamo metterci insieme, unire le nostre forze e raggiungere un obiettivo comune. Dato che nell’eternità ci delizieremo dello stesso posto, della stessa presenza, e della stessa Persona, dobbiamo imparare tutti a stare bene insieme. Quando collaboriamo nell’unità cristiana, il mondo può vedere Gesù rivelato chiaramente attraverso la sua Sposa.

 

Whitefield, calvinista nella sua teologia, e Wesley, arminiano, sono stati due dei più grandi predicatori del passato. Si racconta che un giorno uno dei suoi discepoli chiese a Whitefield: “Pensi che quando andremo in Cielo, vedremo Wesley lì?”.

“No – rispose Whitefield – non lo penso”.

Chi aveva posto la domanda (un ipercalvinista ferrato) fu contentissimo della risposta ma Whitefield aggiunse: “Credo che Wesley avrà un posto così vicino al trono di Dio che delle povere creature come me e te saremo così lontane che riusciremo a stento a vederlo”.

Whitefield aveva capito le parole di Gesù. Sapeva che nonostante le loro divergenze, lui e Wesley erano fratelli in Cristo e, anche se questo richiese del tempo per la sua applicazione, egli mostrò amore e rispetto per Wesley. Anche noi siamo chiamati a fare lo stesso.

 

Se, come cristiani, non siamo amorevoli, non siamo compassionevoli, siamo egoisti, amiamo la polemica e le controversie, contraddiciamo il Signore che professiamo di servire. Non riusciremo in questo modo a convincere i non credenti circa la veridicità del Cristianesimo.

Ha scritto Francis Schaeffer (1912-1984) che “in Giovanni 17, Gesù sostiene qualcosa di molto tagliente e profondo: non possiamo aspettarci che il mondo creda che il Padre abbia mandato il Figlio, che le affermazioni di Gesù siano vere, a meno che il mondo non veda la realtà dell’unità dei veri credenti. La più grande testimonianza che forse possiamo offrire è naturalmente la citazione dei versetti biblici ma anche l’amore verso i nostri fratelli e sorelle in Cristo”, essendo uno in lui.

 

L’unità ha un significato specifico ma si dovrebbe fare una chiara distinzione tra quattro concetti intimamente collegati tra loro: unanimità, uniformità, unione e unità.

Unanimità significa avere la stessa e identica opinione all’interno di un dato gruppo di persone.

Uniformità è la completa somiglianza nell’organizzazione, ad esempio indossando gli stessi abiti.

L’unione implica l’affiliazione ma non include necessariamente un accordo personale.

Mentre l’unità richiede l’essere di un unico sentire e l’avere un unico scopo essenziale, nutrendo un interesse comune o avendo una vita in comune. Nessuno di questi elementi dipende l’uno dall’altro. All’interno del Cristianesimo storico ci sono state grandi divergenze/differenze d’opinione. L’unità, comunque, prevale laddove c’è una profonda e genuina esperienza di Cristo, perché la comunione dei nati di nuovo trascende tutti i confini.

Gesù non ha pregato per una totale unanimità della mente, né per un’uniformità della pratica, né per un’unione dell’organizzazione visibile, ma per una unità di spirito e di verità, un’unità di natura spirituale e di dedizione che consenta al suo popolo di portare una convincente testimonianza davanti al mondo.

 

 

Il vangelo: l’insegnamento

del Signore e quello degli apostoli

 

La predicazione era uno dei ministeri del Signore Gesù (Mt 9:35; cfr. Lu 4:3). Egli adattava la sua predicazione senza cambiarne il contenuto tenendo costantemente presente il diverso uditorio che lo stava ascoltando.

In questa preghiera egli prega anche per coloro che avrebbero creduto tramite la parola dei discepoli. Anche se non compare in modo esplicito la parola “Vangelo” troviamo almeno cinque parole che sono strettamente collegate ad esso: parola/messaggio, fede, credere, conoscere e amare.

Consideriamo la fede che è strettamente collegata al credere. La fede è la risposta responsabile dell’uomo alla grazia; è la nostra parte.

 Consideriamo la parola/il messaggio.

Il Signore si stava riferendo al Vangelo! “Io prego per quelli che credono in me per mezzo del loro messaggio o della loro parola”. Che termine potente è questo! Il messaggio dei discepoli o la parola era Cristo! Erano lui, la sua Persona e la sua Opera l’oggetto della predicazione di Pietro il giorno della Pentecoste! Era lui l’oggetto della sua predicazione nella casa di Cornelio anche se in una forma diversa tenendo presente l’uditorio pagano!

 

La maggior parte dei riferimenti al Vangelo nel Nuovo Testamento è di Paolo.

L’uso del termine “Vangelo” era un concetto chiave nel suo pensiero, nel suo insegnamento, nella sua predicazione e nei suoi scritti. Quando scrisse la lettera ai Romani, in cui “Vangelo” è una parola chiave, egli si rendeva ben conto che questo termine veniva usato normalmente per dare alla popolazione una buona notizia riguardante, ad esempio, una vittoria riportata contro uno dei loro nemici o l’annuncio della nascita di un figlio all’imperatore, eccetera.

Nell’introduzione di questo straordinario capolavoro, Paolo ha preso questo termine e gli ha dato un significato nuovo.

Parlando di sé stesso, egli scrive di essere stato messo a parte per il “vangelo di Dio che egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture riguardo al Figlio suo”. Paolo desiderava ardentemente predicare questo “Vangelo” e non se ne vergognava perché esso era la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede. C’è un testo straordinario in cui Paolo raggiunge l’apice riguardo a questo argomento. Egli era stato a Corinto e vi aveva predicato il vangelo di “Cristo potenza e saggezza di Dio”, “Cristo e lui crocifisso”, ed era stato lo strumento usato da Dio per fondarvi quella chiesa. E nel capitolo 15 egli raggiunge l’apice presentando i risultati del vangelo, la credibilità del vangelo, il contenuto del vangelo riassumendolo in poche parole: la Persona e soprattutto l’Opera di Gesù Cristo.

 

 

L’unità e il vangelo nella storia

 

I primi credenti hanno compreso e praticato l’unità vivendo una vita comunitaria (At 2:42), ad esempio nel vivere la comunione rompendo insieme il pane; nello stare insieme di tutti i giorni (At 2:44, 46; 4:32); nelle loro preghiere (At 4:24; “alzarono concordi la voce a Dio”).

La forza di questa unità è evidenziata dall’uso di alcune immagini prese dagli scritti di Paolo. In Efesini 2 a 4 la sua progressione è fantastica: egli parla di separazione (cinque ragioni), poi di riconciliazione e, alla fine, di unità.

L’unità, come quella che c’è in un corpo umano (1Co 12:12-13), in cui l’enfasi è posta sul servizio e sull’interdipendenza dei membri; in una nuova umanità, in cui l’enfasi è posta su una realtà unica, nuova; in una nazione, in cui l’enfasi è posta sull’essere concittadini; in una famiglia, in cui l’enfasi è posta sull’intimità dei rapporti interpersonali e, infine, in un tempio, in cui l’enfasi è posta sulla santificazione e nell’essere uno in Cristo!

 

In quale modo i primi discepoli hanno compreso e praticato il Vangelo?

Quando adopera la parola “Vangelo” (Ro 1:16), Paolo non si limita a pensare a quelle verità centrali che permettono ad una persona di conoscere il piano di salvezza. Per lui il Vangelo includeva aspetti come: la giustificazione per fede (Ro 3-5), la santificazione per mezzo dello Spirito (capp. 6-8), la glorificazione (cap. 8), il passato, il presente e il futuro d’Israele (capp. 9-11), e il mandato (capp. 12-16). Infatti il Vangelo racchiude insieme tutte le verità che si trovano nella lettera ai Romani.

 

 

Conclusione

 

Se il motto del XVI secolo era: “La verità vincerà”, quello del XX e del nostro XXI secolo è fondamentalmente: “L’unità vincerà”. C’è una ricerca dell’unità a tutti i livelli: politico, economico. E naturalmente questo è vero anche a livello religioso, con ciò che chiamiamo falso ecumenismo e sincretismo.

Ma quale tipo di unità Dio vuole per noi? Noi vogliamo obbedire alla volontà di colui che ci ha resi uno in Cristo.

 

L’unità ha la sua base nel Vangelo. L’unità non deve essere ricercata ma mantenuta secondo il chiaro insegnamento di Paolo (Ef 4:3). Ed è proprio vero ciò che qualcuno ha detto: “Considerando tutte le divisioni che hanno devastato il Cristianesimo per duemila anni, è sorprendente che Dio abbia continuato ad usare la chiesa per estendere il suo regno!”

Tra le varie sfide che affrontiamo oggi c’è sicuramente la richiesta dell’unità a livello ecumenico. Gesù non ci ha insegnato quella a livello organizzativo, ma è esattamente questo ciò che è accaduto quando Costantino è entrato sulla scena. Unità non significa uniformità. In alcuni Paesi la mancanza di unità ha inciso negativamente sull’opera provocando anche in qualche caso gravi danni. Non dobbiamo essere dei battitori liberi! Non fa del bene all’avanzamento dell’opera.

 

Il Vangelo rappresenta il messaggio più radicale che il mondo abbia a sua disposizione per trasformare la vita delle persone. La vita e la natura nuove dateci dallo Spirito Santo producono desideri nuovi nella vita di ciascun credente e questi si manifesteranno chiaramente in una vita vissuta per piacere e glorificare Dio“Uno stile di vita in conformità al Vangelo” (Fl 1:27) è fondamentale per una testimonianza efficace e costituisce una dimostrazione vivente della potenza del Vangelo di Cristo. Il Vangelo porta vita, luce, libertà, amore (Ro 15:29). In Cristo il credente riceve tantissime benedizioni sotto forma di benefici gloriosi che dovrebbero produrre in ciascuno di noi un profondo senso di stupore.

Nella nostra società post-moderna in cui si afferma che “non c’è nessuna verità assoluta; non c’è nessuno scopo nella vita; non c’è nessuna certezza”, noi dovremmo sostenere con fermezza la verità che è contenuta nel Vangelo.

 

Solo qualche generazione fa, negli ambienti evangelici in molte parti del mondo c’erano predicatori e teologi eminenti che predicavano e insegnavano con vigore dai pulpiti e nelle facoltà teologiche affermando che la Scrittura è la sola da accettarsi come regola di fede e di condotta, quindi indirizzando la predicazione e l’insegnamento verso una sana Cristologia e Soteriologia. Avevano una comprensione biblica del contenuto del Vangelo e degli altri temi teologici strettamente attinenti ad esso. In questo nostro mondo in continua trasformazione, che accetta il pluralismo come una norma, anche gli ambienti evangelici sono tentati a cambiare le loro idee. Tuttavia il Vangelo è lì, immutabile in tutta la sua verità, credibilità e potenza. È questo Vangelo che dobbiamo vivere e predicare. Che sfida per noi rimanere irremovibili sul solido terreno della verità scritturale! Vogliamo ergerci davanti ai membri della nostra chiesa o davanti a chiunque altro e affermare la validità e la credibilità del Vangelo nella sua semplicità e potenza?

Scrive Burness: “Nel mondo pluralistico del I secolo, la chiesa primitiva si trovò a dover operare in un ambiente culturale non dissimile dal nostro. Questi discepoli del I secolo erano noti per la loro audacia, perché sperimentavano la potenza del Vangelo all’opera nella loro vita”.

 

La gente nelle nostre città dovrebbe dire di noi ciò che si diceva di Paolo e dei suoi collaboratori: “… hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui…” (At 17:6-8). Dovremmo essere pronti a “mettere sottosopra il mondo” vivendo nell’unità il Vangelo affinché il mondo conosca!

Siamo pronti a fare questo e in questo modo, fino alla gloria?

Quale potenza ha il Vangelo nella nostra vita, nella vita degli altri?

Stiamo vivendo il Vangelo, predicando il Vangelo, credendo nella sua potenza infinita?

 

Durante la guerra in Crimea, il governo italiano chiese al Regno Unito un sostegno finanziario e di altro genere. Il governo britannico accettò a delle condizioni. Una di queste era di dare la possibilità ai colportori britannici di seguire le truppe italiane e vendere o distribuire delle copie del Nuovo Testamento. Il primo ministro italiano Cavour firmò un decreto con cui venne concessa questa possibilità. Dal 1854 al 1858 solo alle truppe del Regno di Savoia vennero distribuite migliaia di copie del Nuovo Testamento! Diversi di questi colportori seguirono queste truppe nel loro viaggio in Crimea. Posso immaginare come essi saltassero da un vagone di un treno ad un altro per distribuire questi Nuovi Testamenti a quei giovani che non avevano alcun interesse nella religione. Un giovane soldato che ne ricevette una copia scrisse al suo interno: “Dono di un inglese”. Vi scrisse il suo nome e vi aggiunse: “Donatomi nel treno dell’esercito in Crimea”. Questo giovane la lesse, si convertì e tornando in Italia, con alcuni altri già credenti che lavoravano nell’unità, venne data vita a quella che in seguito sarebbe diventata una chiesa locale, che per la grazia di Dio, esiste tuttora. Da quell’anno in poi molti hanno letto quella copia del Nuovo Testamento che è passata da una generazione all’altra. Ho questa copia qui nelle mie mani!

L’unità e il vangelo: grazie, Signore, per quel giovane che ha donato questo libretto, per quello che lo ha ricevuto e per l’ardente desiderio che questi ha avuto, insieme ad altri in un remoto paese dell’Italia del nord, di condividerne il messaggio con altri. La mia nuova vita in Cristo è anche il frutto dell’opera di testimonianza iniziata da quegli uomini semplici ma fedeli,. Perciò posso testimoniare che essere uniti e lavorare nell’unità in Cristo per il Vangelo fa la differenza!