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Fin dai primi anni ’70 del secolo scorso i cosiddetti movimenti ambientalisti hanno sollecitato le autorità di tutti i Paesi del mondo a prendere in seria considerazione i danni prodotti alla salute degli uomini dall’inquinamento atmosferico. Così nel 1997 in una conferenza convocata dall’ONU oltre 150 Paesi hanno siglato il “protocollo di Kyoto”, sottoscrivendo l’impegno a ridurre drasticamente le tonnellate di veleni che ogni giorno “salgono” a rendere sempre più appestata l’aria che respiriamo. Sono stati poi necessari ben otto anni di trattative internazionali per far entrare in vigore il protocollo e si è concordata la scadenza del 2020 per onorare l’impegno sottoscritto. Giustamente, sollecitati da diversi riscontri scientifici, i governi si sono preoccupati di difendere la salute dei cittadini, anche se questa difesa incontrerà sempre enormi difficoltà per gli interessi economici dei grandi gruppi finanziari e industriali che vedono intaccati i loro guadagni ai quali non vogliono rinunciare. Ma i danni sono evidenti! Anche nella nostra Italia si è a lungo parlato delle tante persone morte a Casale Monferrato per la dispersione di polveri di amianto disperse dalla fabbrica di eternit e a Taranto dove tuttora si continua a morire per l’inquinamento ambientale di un noto complesso siderurgico. Tanta giustificata preoccupazione, tante battaglie legittime (famose e talvolta spettacolari quelle di Greenpace) per ridurre i danni che ci vengono dall’aria che respiriamo, ma chi si preoccupa davvero, in modo concreto e non solo a parole e chiacchiere, di un’altra ben più grave forma di inquinamento?

Ascoltando qualche domenica fa, durante il culto, la lettura del salmo 27 sono rimasto colpito da parole che avevo letto e riletto chissà quante volte ma senza mai sottolinearne il messaggio: noi viviamo accanto a “gente che respira violenza” (Sl 27:12). Cioè ci sono in mezzo a noi persone che vivono deliberatamente attaccate ad una bombola dove invece di esserci scritta la “O” di “Ossigeno” c’è la “V” di “Violenza”! Non c’è bisogno di fare esempi eclatanti per rendersi conto di quanto questo sia vero (i recenti attentati del Sinai all’aereo russo e di Parigi ne sono una ulteriore, drammatica testimonianza). C’è quindi chi deliberatamente “respira violenza”, ma – ed è questo il vero problema sul quale dobbiamo riflettere – c’è anche chi involontariamente la respira, ma subendone conseguenze talvolta devastanti. Cos’abbiamo “respirato” noi e i nostri figli in questi giorni? Non solo la violenza espressa dai drammatici avvenimenti in sé e dalle tante immagini che, in una sorta di reality del terrorismo, sono state mandate in onda da tutti i canali televisivi, ma anche la violenza delle reazioni. Il presidente francese ha parlato subito di “vendetta” intensificando i bombardamenti su Siria e Irak che da settimane stanno provocando vittime anche fra i civili (ma: non avrebbe fatto meglio ad investire milioni di euro per difendere meglio gli abitanti di Parigi, invece che per bombardare?). E cosa dire del canto della Marsigliese, l’inno nazionale francese cantato ovunque per esprimere solidarietà, ma il cui testo ci parla di “feroci soldati”, di “figli” e di “compagni sgozzati” e di “cittadini” chiamati “alle armi” per “bagnare i campi di un sangue impuro”? È respirando violenza, anche se involontariamente, che si alimentano la diffidenza, il pregiudizio, l’odio, il razzismo e l’idea che la violenza sia il metodo più sbrigativo per risolvere i problemi: questo hanno pensato e, purtroppo, attuato i tanti fidanzati, mariti, compagni, amanti che hanno in questi anni cosparso la nostra Italia di cadaveri di povere donne. Chiediamoci allora, ma seriamente, quali sono i valori, i messaggi, le immagini, le parole che stiamo “respirando” e che stiamo facendo respirare ai nostri figli? Non dovrebbero essere quelli che Dio ci indica come “il frutto” della presenza, attiva in noi e fra noi, del suo Spirito? Quindi: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo”?

Penso con emozione (e riconoscenza!) ad una canzone di Baglioni che mia moglie mi ha qualche volta “dedicato” e le cui parole recitano: “Ma che gli hai fatto tu a quest’aria che respiro?”. Ecco una domanda seria che dobbiamo porci: quale aria facciamo respirare agli altri?

È indubbio che non potrà essere che l’aria che respiriamo noi!