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La Chiesa:

un corpo vivente sempre presente!

 

Prima di lasciare al lettore il piacere del confronto personale con questi passi spiritualmente profondi mi sia permessa una breve introduzione su Colombano e sul motivo di fondo che mi ha spinto a tradurlo e a portarlo all’attenzione.

Molto semplicemente: la storia della Chiesa non è la storia della chiesa cattolica.

È importante comprendere questa verità storica. La Chiesa è un corpo vivente e sempre presente: da Gerusalemme duemila anni fa ad ora, Dio ha la sua Chiesa.

Il nostro essere evangelici oggi non è una conquista dei tempi moderni, ma un umile essere chiesa con la consapevolezza che fratelli e sorelle hanno lodato e pregato il Signore in spirito cristiano per questi due millenni.

 

In particolar modo mi preme sottolineare come il medioevo, questo grande buco nero che però copre ben mille anni della nostra storia, non è un periodo di esclusivo possesso della tradizione cattolica, è anche – se non soprattutto – un imponente momento per la Chiesa universale di cui noi, oggi ed ora, siamo eredi e continuatori.

Da questa esigenza nasce il desiderio si sottoporvi la lettura di questo nostro fratello vissuto oltre 1400 anni fa.

Colombano da Bobbio:

un uomo ancorato solo alla Scrittura

 

Chi era Colombano?

Uno dei fondatori dell’Europa cristiana, sia dal punto di vista “teorico” sia dal punto di vista pratico.

Partendo insieme a dodici compagni dalle coste dell’Irlanda evangelizzò le zone di frontiera di un’Europa dilaniata dalle convulsioni seguite alla caduta dell’Impero Romano.

La sua opera missionaria lo portò a percorrere il continente dagli odierni Paesi Bassi fino al nostro Appennino, dove fondò la famosa abbazia di Bobbio nella zona di confine tra il regno dei Longobardi e l’Impero d’Oriente.

 

Oggi, per la chiesa cattolica, Colombano è santo, patrono dei motociclisti e dal 2004 un ampio movimento in ambito cattolico cerca di stabilirlo come patrono d’Europa insieme a Benedetto da Norcia.

Con queste credenziali si potrebbe immediatamente dedurre che il nostro sia un campione della tradizione e della religiosità cattolica, un esempio di quella santità monastica che molti di noi considerano come la quintessenza del cattolicesimo.

 

Ciò che pochi sanno, e che purtroppo quasi nessuno controlla con i propri occhi, è che in effetti Colombano prima di essere santo e venerato era innanzi tutto un cristiano integerrimo, senza alcun maestro se non la Scrittura, capace in nome e con l’autorità dei Sacri testi di lottare contro i potenti della sua epoca.

 

 

Il contesto storico in cui si colloca

la lettera si Colombano al pontefice

 

Per questo motivo non si stupisca il lettore per il tono della lettera1 che Colombano invia, su richiesta di molti autorevoli personaggi, al pontefice cattolico romano nel 614.

Sia chiaro al lettore che quello che noi oggi chiamiamo “Papa” è in realtà una costruzione frutto di incrostazioni e tradizioni secolari, che accumulatesi come strati di una corazza hanno fatto perdere di vista cosa sia in effetti il papa per la chiesa: nel periodo in cui scrive Colombano il vescovo di Roma è una figura eminente nell’ambito del cristianesimo a cui viene riconosciuta una preminenza morale per la sua presunta diretta discendenza apostolica.

 

L’opera di Gregorio Magno ha lasciato una forte impronta sul mondo cristiano, la lotta contro il paganesimo non è vinta e soprattutto in Europa la chiesa si trova a fare i conti con i nuovi potenti, spesso cristiani ariani o pagani.

 

La città di Roma è un guscio spopolato che desta un’impressione forte nei visitatori, una città con le vestigia del governo del mondo e i resti di una popolazione di un milione di abitanti ridotti a un piccolo abitato di un circa ventimila elementi, costretti a difendere le impressionanti e lunghissime mura da numerosi pericoli esterni.

Colombano scrive da semplice monaco, esule volontario dalla sua terra d’origine, l’Irlanda, per andare in missione nelle terre semi-pagane o eretiche dell’Europa continentale.

Si muove in un mondo dove, da un lato, le tradizioni pagane persistono vivaci e vitali e, dall’altro lato, i governanti sono per lo più barbari ariani, quindi eretici, spesso e volentieri in rotta di collisione con i cristiani.

 

Roma è governata nominalmente dall’Impero Romano d’Oriente, ma dopo la tremenda invasione e divisione dell’Italia da parte dei Longobardi il prestigio e il potere temporale del vescovo della città stanno aumentando a dismisura.

 

Maometto, trentenne, è rifugiato presso le montagne dell’Hejaz, la guerra è consuetudine presso tutti i popoli e lo scadimento morale è all’ordine del giorno: le superpotenze dell’epoca, l’Impero d’Oriente e l’Impero Persiano, stanno combattendo, dopo secoli di guerre, lo scontro finale da cui usciranno così terribilmente indebolite che di li a poco l’Islam nascente avrà facile vita nel vincerle.

 

Ed è in questo clima che Colombano parte con dodici compagni per andare in missione, da Bangor, nell’angolo nord est dell’Irlanda, armato solamente della sua fede.

Nel corso della sua missione fondò una serie di monasteri lungo l’Europa, dalla Francia all’Italia dove diede vita al famoso monastero di Bobbio.

 

Nel corso del 613 scrisse una lettera a papa Bonifacio IV2, da cui sono stati estrapolati i passi che leggerete.

Si noti con attenzione come in tutta la lettera, per altro lunga ed articolata, Colombano non si appelli mai ai santi o alla figura di Maria, ma come resti saldamente ancorato alla Scrittura citandola in ogni occasione come base per il suo ragionamento.

Non stupisca questo fatto, in effetti è del tutto consueto trovare negli autori medievali una folta mèsse di citazioni bibliche, mentre è abbastanza inconsueto il ricorso al culto dei santi e alla figura di Maria.

Nel corso del VII secolo vi fu effettivamente un fiorire di agiografie e vite di santi, ma si tenga bene a mente che il culto dei santi era per la chiesa un aspetto marginale e tollerato per avvicinare i credenti alla chiesa, non già uno dei pilastri della fede.

Era naturale quindi trovare nelle lettere scambiate tra vescovi e autorità religiose un ricorso all’unica vera fonte, vale a dire la Bibbia.

 

Proprio dalla Scrittura Colombano trae la forza per compiere quello che a molti lettori sembrerà fuori da ogni logica: con l’autorità delle scritture un monaco riprende con durezza il Papa, esortandolo al rispetto della verità biblica e allo ristabilimento della giustizia nella sua sede; tutto questo in nome della Chiesa e della Parola.

 

 

Una denuncia coraggiosa

 

All’illustrissimo capo di tutte le Chiese dell’intera Europa, al soavissimo papa, all’eminentissimo presule, al pastore dei pastori, alla reverendissima vigile sentinella: l’umilissimo all’altissimo, il minimo a colui che è grandissimo…

…Chi non sarebbe subito tentato di dire: chi è mai questo garrulo presuntuoso, che, non interrogato, osa scrivere tali cose?

Al che io per primo rispondo che non c’è presunzione là dove si sa esservi una necessità per l’edificazione della Chiesa; e, se si vuol cavillare sulla persona, si consideri non chi sia io che parlo, ma che cosa dico.

Tacerà dunque un forestiero cristiano, mentre già da tempo va gridando il vicino ariano? Non dunque per vanità o sfrontatezza io, omunculo di vilissima natura, ho la presunzione di scrivere a persone tanto importanti; è il dolore, e non già un orgoglioso senso di superiorità, a spingermi a rendere noto a voi, con umilissima sottomissione, come si conviene, che il nome di Dio è bestemmiato tra le genti a causa delle vostre reciproche contese.

 

Soffro infatti, lo confesso, per la cattiva reputazione della cattedra di San Pietro; so tuttavia che la cosa mi supera, e perciò, come si dice, sarò il primo a mettere la faccia nel fuoco. Ma che mi importa di salvare la faccia di fronte agli uomini, quando è necessario manifestare lo zelo per la fede? Non resterò confuso davanti a Dio e agli angeli3; è un onore, in difesa di Dio, restar confusi davanti agli uomini…

 

Il mondo ormai volge al termine; si avvicina il capo dei pastori; bada che non ti trovi negligente e nell’atto di percuotere i conservi coi pugni del cattivo esempio e di mangiare e bere con gli ubriachi4, affinché a tanta negligenza non tocchino le inevitabili conseguenze; infatti, se qualcuno non lo riconosce, neppure lui è riconosciuto5. Non ti basta essere sollecito per te stesso, dal momento che ti sei assunto la cura di molti; infatti, a chi di più è affidato, molto di più sarà chiesto6.

Vigila pertanto, di grazia, o Papa, vigila, e ancora di dico, vigila: infatti, forse non ha ben vigilato Vigilio7, che è additato come primo responsabile dello scandalo da coloro che gettano la colpa su di voi. Vigila innanzitutto sulla fede, poi sulle opere della fede, che devono essere caldeggiate, e sui vizi, che devono essere sradicati…

 

Vi sprono a spazzar via dalla cattedra di san Pietro la caligine del sospetto.

Convoca pertanto un’assemblea, perché vi scagionate da ciò di cui vi si accusa: non vi trovate davanti una semplice gara di corsa.

 

Come sento dire, vi si imputa di accogliere gli eretici, ma sia lungi il credere che ciò sia stato, sia o sarà vero. Dicono che Eutiche, Nestorio, Dioscoro, eretici, come sappiamo, del passato, sono stati accolti in non so quale concilio, il quinto, da Vigilio.

Ecco la causa, come affermano, di tutto lo scandalo; se anche voi così li accogliete, come si dice, o se, per contro, sapete che lo stesso Vigilio è morto macchiato di tale infamia, perché lo citate contro coscienza? Tutto quello, infatti, che non viene dalla fede è peccato8.

 

È già una colpa per voi, se avete deviato da quanto vi era stato affidato e avete trascurato la prima fede9; hanno ragione i vostri subalterni più giovani di resistervi e di non essere in comunione con voi, finché non venga cancellato e consegnato all’oblio il ricordo dei perversi.

 

 

Solo a Cristo appartengono “le chiavi”

 

Essendo vere tutte queste considerazioni ed essendo state accettate senza alcuna obiezione da tutti coloro che conoscono il vero, sebbene sia noto a tutti e nessuno ignori in che modo il nostro Salvatore abbia affidato a Pietro le chiavi del regno dei cieli, tuttavia non capisco perché voi, divenuti forse orgogliosi per questo, rivendichiate per voi non so quale puntiglio di maggiore autorità e potere sulle cose divine rispetto a tutti gli altri.

 

Sappiate, pertanto, che minore sarà il vostro potere presso il Signore, se anche solo pensate ciò nel vostro cuore. Infatti l’unità della fede è stata in tutto il mondo la fonte dell’unità del potere e del primato, di modo che, ovunque, si conceda da tutti la libertà alla verità e parimenti si precluda da tutti la via all’errore, perché fu la professione della verità a dare il privilegio al detentore delle chiaviil vero maestro di tutti noi.

Sia dunque lecito anche ai vostri subordinati esortarvi allo zelo nella fede, all’amore della pace, all’unità della Chiesa, madre di tutti…

 

Perciò subito, o carissimi, trovate un accordo e siate unanimi e non continuate a contendere per antiche liti, ma piuttosto tacete e consegnatela al silenzio eterno e all’oblio; se poi c’è qualcosa di dubbio, riservatelo al giudizio divino; ma quelle cose che sono chiare e sulle quali è possibile agli uomini esprimere un giudizio, giudicatele rettamente, senza riguardi personali10 e veraci e sereni siano i giudizi alle vostre porte11, e riconoscetevi reciprocamente, affinché vi sia gioia in cielo12 e in terra per la pace e la comunione vostra. Che altro avete da difendere all’infuori della fede cattolica, se da entrambe le parti siete veri cristiani?

Non riesco a comprendere come mai un cristiano possa disputare contro un altro cristiano sulla fede. Qualunque cosa dirà un cristiano autentico che glorifica con rettitudine il Signore, l’altro, piuttosto, risponderà “Amen”, perché anche lui ama e crede ugualmente.

 

Pertanto tutti pensate e parlate unanimemente13, perché da entrambe le parti siate una cosa sola14, tutti cristiani.

Infatti se, come mi è venuto all’orecchio, alcuni non credono che in Cristo vi siano due nature, sono da ritenersi eretici, non già cristiani: Cristo infatti, nostro Salvatore, è vero Dio eterno e senza tempo e vero uomo senza peccato nel tempo…

Colombano di Bobbio 613 d.c..