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Sale e Luce: una prospettiva missionaria!

 

“Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla, se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

 

Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5:13-16).

 

Matteo colloca queste parole di Gesù in una evidente prospettiva missionaria; la comunità dei cristiani deve proiettarsi verso il mondo pagano, ma non intende che tutto ciò si trasformi in una nuova “religione” magari attraente, mistica e affascinante, con i miracoli all’occorrenza e con capi carismatici e prestigiosi; e tantomeno vuole dare origine ad una “generazione” di gerarchie “ecclesiastiche” piramidali col compito di supplenza dell’autorità come guida per il popolo di Dio, vale a dire il “sacerdozio ministeriale” attuato e praticato nel cattolicesimo romano.

 

Niente di tutto questo. Il popolo che lo ascolta affascinato è coinvolto come tale, chiamato alla fede che dona dignità ed alla consapevolezza di una nuova posizione davanti a Dio e agli uomini; uno status che compendia l’essere e il fare; successivamente capiranno che si tratta dello status di “servizio.”

 

 

I tre scopi del sale

 

Ma non bisogna dimenticare che Gesù sta parlando ad una comunità di uomini e donne che erano l’Israele dei suoi tempi e la parola “sale” evocava immediatamente almeno tre pensieri:

 

1. Innanzitutto il sale serve a dare sapore: sappiamo tutti che un po’ di sale da sapore a tutta la minestra.

 

2. In secondo luogo in quella civiltà il sale veniva usato per conservare la carne che veniva consumata raramente e per custodirla si usava il sale che ne impediva la putrefazione.

 

3. In terzo luogo gli ebrei professanti e praticanti sapevano che il sale si adoperava normalmente nei sacrifici. Infatti nella legge leggiamo: “Condirai con sale ogni oblazione e non lascerai la tua oblazione priva di sale, segno del patto del tuo Dio. Su tutte le tue offerte metterai del sale (Le 2:13).

 

Pertanto ogni ebreo praticante che udiva queste parole ricordava che il sale da sapore, il sale impedisce la putrefazione della carne, il sale è il segno del patto di Dio con il suo popolo.

 

“Voi siete questo – dice Gesù – siete il sale” vale a dire:

1. potete e dovete dare sapore alla vita degli uomini in mezzo ai quali camminate.

 

2. “Voi siete il sale”: potete e dovete impedire la putrefazione della carne, la putrefazione dei rapporti fra uomini e donne del vostro tempo, dovete impedire la putrefazione della storia contingente e futura; infine:

 

3. Voi siete “segno del patto”: a questo siete stati chiamati: uomini, donne, giovani, vecchi, forti, deboli, un popolo che sia in faccia alla storia il segno del patto tra Dio e gli uomini, patto creduto oggi, ma che dopo la risurrezione dei morti e il Giudizio sarà un patto vissuto da tutti quelli che il Signore chiamerà a se.

 

 

Ma… il sale può diventare insipido!

 

“Questo siete voi! – dice Gesù – Date sapore, impedite la putrefazione e siete segni del patto”.

Ma chiediamoci: “Che senso hanno le parole di Gesù?”.

Gesù sta forse dicendo: “Questa è la vostra natura e in virtù delle pratiche religiose che osservate e degli insegnamenti che ricevete ed impartite voi siete sicuramente quelli che danno sapore al mondo; voi siete sicuramente quelli che impediscono che il mondo vada in putrefazione, voi siete sicuramente quelli che consacrano il mondo a Dio”?

 

Nel cristianesimo qualcuno la pensa così, oso dire, a prescindere, nel senso che, se è vero che “chi è in Cristo è una nuova creatura” come scrive l’apostolo Paolo, questa nuova creatura è sale, sale del patto siglato dal sangue di Gesù! Ma non ci si faccia delle illusioni!

 

Infatti Gesù dice che “il sale può diventare insipido” come dire:

“State attenti: potete diventare insipidi…con tragiche conseguenze!”

Dunque Gesù vuol dire che non nella nostra natura o nelle nostre presunzioni religiose c’è la garanzia di essere questo sale, perché si può diventare insipidi!

 

Gesù dicendo: “Voi siete il sale della terra” intende dire: “Prendete atto che è vostra responsabilità essere il sale della terra se siete miei discepoli”.

È quindi nostra responsabilità essere o meno insipidi!

 

 

Prendere coscienza della

nostra responsabilità di testimoni!

 

Tutto il testo di Matteo che abbiamo letto indica con chiarezza questo fatto: Gesù indica il compito ai suoi potenziali discepoli; anzi dalle sue parole ciò appare scontato.

Eppure davanti a lui stavano persone, uomini e donne, di ogni censo ed estrazione che probabilmente lo ascoltavano per la prima volta; però erano Ebrei, Israeliti almeno di nome se non di fatto, prevalentemente poveri, ma potenzialmente tutti “testimoni” in forza della sua chiamata ad essere ciò che già sono: coloro che attendono il Messia annunciato dai profeti. Questo, di fatto, Gesù stà annunciando, coinvolgendoli nella sua opera come testimoni attivi e convinti.

 

Una siffatta chiamata così potente e autorevole benché effettuata in un contesto di semplicità non può che essere messianica nella potenza di coinvolgimento nella attuazione delle promesse profetiche.

 

Prendiamone atto anche noi, innestati come “popolo di Dio” nell’ulivo santo di Israele (Ro 11) che, pur a secoli di distanza, siamo proiettati, per fede, alla resurrezione, ma nel frattempo viviamo la fede fra uomini e donne nel nostro tempo che non è dei migliori: c’è bisogno di tanto sale… che sali (Mr 9:51)!

Altrimenti un sale che perde efficacia e si trasforma in un minerale innocuo non rispondente allo scopo di dar sapore e conservazione, viene gettato via come elemento inutile, a quei tempi sulla strada dove gli uomini passavano e calpestavano; oggi nella pattumiera: dei pensieri ininfluenti e inutili.

 

 

Assurdo rifiutare la vocazione

 

Lo stesso pensiero è ribadito incisivamente con le altre immagini che Gesù propone e sembra imporre come evidente constatazione:

“Voi siete la Luce del mondo” è qualcosa di grandioso. Gesù ha già in mente l’universalità del suo messaggio portato dai suoi testimoni e per essere chiaro e comprensibile utilizza l’esempio della quotidianità serale delle famiglie del suo popolo: nelle case contadine l’esile lume della candela doveva essere messa sul “candeliere” in alto non in basso dentro un qualsiasi recipiente; solo così in alto poteva illuminare la stanza che altrimenti sarebbe rimasta buia.

In buona sostanza con queste similitudini Gesù vuol dire che:

 

1. È impensabile che il sale non sali!

2. È impensabile che la luce venga nascosta; quindi rifiutare la vocazione in questi due sensi equivale a compiere un’azione assurda.

 

 

Per essere testimoni efficaci

 

Per Gesù il “sapore” e la “luce” costituiscono i segni di una “testimonianza efficace”; l’Evangelo deve trasformarsi in vita vissuta altrimenti scompare come luce o diventa insipido come sale da buttare via.

Infatti Gesù conclude con queste parole:

“Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”.

“Vedano le vostre buone opere”: desidero sottolineare il “vostre”; trattandosi di opere vale a dire di agire concreto, devono essere “buone” nel contesto etico-morale in cui vengono praticate singolarmente e/o insieme con chiari punti di riferimento.

 

Anche per noi come per gli uditori di Gesù è necessario leggere la parola “opere” nel contesto biblico.

Per l’ebreo-israelita del tempo la parola “opera” non poteva che essere riferita ai concetti veterotestamentari in modo particolare alle opere compiute da Dio per chiamare e condurre il suo popolo dall’uscita dall’Egitto, dalla liberazione di Babilonia fino alla venuta del Messia; un programma ancora aperto nella storia per la comunità israelitica.

 

Negli Evangeli le opere che Gesù compie sono prevalentemente “potenti operazioni”, miracoli, guarigioni e anche resurrezione: il paralitico che si alza, i lebbrosi guariti, i ciechi che recuperano la vista, i demòni che vengono cacciati, gli indemoniati che vengono liberati, uomini e donne, Lazzaro che esce dalla tomba autonomamente.

 

Quindi, se nell’Antico Testamento le opere sono una traccia continua di Dio che si serve di chi vuole e chiama; come i profeti che indicarono e segnarono la storia del suo popolo; negli evangeli le opere sono le azioni di Gesù che concretamente agiva nei corpi di uomini e donne ridonando loro la “dignità” corporale, opere che all’azione concreta univano l’annuncio verbale della venuta del Regno come segno della continua presenza e volontà salvifica di Dio: i peccati venivano perdonati gratuitamente!

 

Tutto ciò rende chiaro che “le opere” dei credenti diventano una prassi un modo di vivere, un inserirsi in un disegno di salvezza, di liberazione e di comunione annunciato da Mosè e dai profeti e realizzato in Cristo.

Pertanto nella misura in cui il nostro vivere concreto si inserisce e diventa parte del programma di Dio ed ha come punto di riferimento l’opera di Gesù, allora anche le nostre opere potranno indurre gli atei, gli increduli di ogni genere, i pagani del carpe-diem, gli incerti e soprattutto i sofferenti a rendere gloria a Dio.

 

Ma sappiamo cosa vuol dire “rendere gloria a Dio” nell’Antico Testamento?

Se leggiamo in Ezechiele 18:30-32, Geremia 18:7-9 e Giona 3:8,9 ci rendiamo subito conto che “dare gloria a Dio” significa ravvedersi, convertirsi, tornare a Dio avendo in cuore la certezza del perdono dei peccati!

 

 

Un intreccio indissolubile

 

Quindi le nostre “buone opere” devono essere finalizzate a questo: essere di stimolo per coloro che non credono, per pagani ed atei e per religiosi sviati, affinché intraprendano un nuovo cammino sulla Via della Verità; ogni nostra azione ha senso solo a condizione che porti con se un respiro missionario!

 

In buona sostanza le parole che Gesù pronuncia e che Matteo ci riporta fino ai nostri giorni costituiscono l’affidamento di un compito duplice, un intreccio indissolubile di azione e di predicazione missionaria; sono due cose che non possono essere separate.

 

Gesù ci dice ancora oggi:

“Voi siete il sale della terra, se rinunciate a dar sapore al mondo e ad impedirne la putrefazione, se rinunciate ad essere parte integrante della storia del nuovo Patto con Dio come luce del cuore e della mente, sarebbe come io fossi morto invano ed invano vi avessi inviato il mio Spirito!”

 

Ma poiché sappiamo che Gesù non è morto invano e che il suo Santo Spirito ci stimola ancora oggi e ci conforta con la sua dolcezza e potenza, adoperiamoci come fedeli servitori certi anche che saremo accolti come Figli nel Regno del Padre.