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Introduzione

 

Qualcuno ha detto che “fra i trentasei modi per evitare un disastro, fuggire è il modo migliore”. Una poesia inglese del seicento affermava:

“Il combattente che fugge, può sopravvivere per combattere un’altra volta”.

 

Generalmente si fugge per:

1. mettersi velocemente in salvo da una situazione pericolosa per la propria persona fisica;

2. non voler affrontare una situazione dinanzi alla quale non ci si sente all’altezza;

3. non assumersi le proprie responsabilità.

 

Nel mondo, la fuga è spesso associata ad una manifestazione di debolezza o all’essere “codardi”.

Chissà, forse ti sarà capitato di essere stato preso in giro da qualche tuo compagno per essere fuggito davanti ad un pericolo!

Per comprendere se fuggire sia un bene o un male, probabilmente è necessario pervenire alla conoscenza di ciò da cui si fugge e dei motivi per i quali lo si fa.

 

Secondo la Parola del Signore, “la fuga” può essere vista generalmente in due modi differenti:

 

• Positiva, quando ha come fine l’ubbidienza alla volontà di Dio e il mantenimento di uno stato di approvazione davanti a lui.

 

• Negativa, quando è la conseguenza di un deliberato atto di disubbidienza a Dio.

 

Da cosa dobbiamo fuggire?

 

La Scrittura parla molto spesso dell’importanza di fuggire in specifiche situazioni che potrebbero condurci a peccare.

Ma perché “fuggire” piuttosto che “affrontare”?

Se guardassimo un po’ attentamente noi stessi, troveremmo la risposta.

 

L’uomo è così fragile che appena gli viene offerta l’occasione, rischia di cadere in peccati che non avrebbe mai immaginato di compiere. A ragione il profeta affermava:

“Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo?”(Gr 17:9).

 

Il fuggire da ogni cosa che macchia la nostra purezza davanti a Dio, proviene dall’umile consapevolezza della propria debolezza.

Gesù stesso affermava che “lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Mt 26:41).

 

La Parola di Dio, non solo ci istruisce sull’importanza di fuggire, ma ci spiega anche ciò da cui dobbiamo fuggire.

1. L’apostolo Paolo, con estrema autorevolezza, scriveva a Timoteo:

“Fuggi LE PASSIONI GIOVANILI” (2Ti 2:22).

Fuggire è l’arma segreta del soldato cristiano. Per mezzo di essa, egli non permette che la sua vita morale e spirituale venga compromessa. Infatti, il saggio Salomone affermava:

“La strada maestra dell’uomo retto è evitare il male; chi bada alla sua via preserva sé stesso” (Pr 16:17).

 

Fuggire è l’atteggiamento di colui che non vuole disonorare il suo amato Signore.

Considerando quanto la Scrittura ci riporta intorno alla persona di Timoteo, e considerando il ministero che esercitava al servizio del Signore, potremmo supporre che le passioni dalle quali egli sarebbe dovuto fuggire, fossero cose del tipo: il desiderio di avere il primato, il successo, la fama, il potere sui fratelli in Cristo, la notorietà, ecc…

Tuttavia, non sarebbe sbagliato ampliare l’applicazione agli aspetti molto pratici che caratterizzano la vita del credente, aspetti che in ogni forma si presentino, non possono godere dell’approvazione di Dio.

 

2. Paolo esortò Timoteo a fuggire anche dall’AMORE PER IL DENARO, che avrebbe sedotto il suo cuore, e l’avrebbe spinto a dirottare la sua fede da Dio alle ricchezze di questo mondo (1Ti 6:10-11).

Nella sua esortazione, Paolo fa riferimento a persone che avevano grandemente “desiderato” il denaro e non necessariamente a persone che lo “possedevano”.

 

Ciò dimostra che si può essere amanti del denaro pur non essendo necessariamente ricchi, ma vivendo con il desiderio ansioso di esserlo. L’autore agli Ebrei in merito a questo aggiungeva:

“Nel vostro comportamento non siate amanti del denaro e accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: «Io non ti lascerò e non ti abbandonerò»” (Eb 13:5).

3. La Scrittura ci comanda di fuggire “dall’IDOLATRIA” (1Co 10:14) in qualsiasi forma essa si presenti.

Tutto ciò che si interpone tra noi e Dio e che rapisce il nostro cuore, può essere considerato un idolo.

 

Persino il nostro “io”, può divenire un idolo quando si è troppo concentrati su sé stessi, quando si desidera soddisfare prima di tutto le proprie necessità, quando si pone sempre il proprio “io” al centro di ogni problema, di ogni discussione e situazione.

 

Un altro esempio, potrebbe essere l’incorrere nel pericolo di idealizzare e idolatrare dei fratelli in Cristo che hanno compiuto grandi cose al servizio del Signore.

Ho letto di un credente che molto tempo fa mise nella sua cameretta il poster di un grande evangelista e che per il tormentoso desiderio di essere come lui, si ammalò per qualche giorno.

 

4. È necessario inoltre “fuggire LA FORNICAZIONE” (cfr. 1Co 6:18), poiché noi “siamo il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi” (cfr. 1Co 3:16; 6:19) ed essendo stati comprati a caro prezzo, dobbiamo “glorificare dunque Dio nel nostro corpo e nel nostro spirito, che appartengono a Dio” (1Co 6:20).

 

5.  L’Onnipotente, dichiarò un solenne comandamento quando disse al suo popolo Israele: “Rifuggirai da OGNI FALSITÀ”(Es 23:7).

Per “falsità”, non s’intende solo la “menzogna” nel senso più elementare, ma tutto ciò che è in contrasto con la persona del Signore, con i propositi del Signore, con gli scopi del Signore, i comandamenti del Signore e con le sue aspettative.

 

6. Il nostro meraviglioso Salvatore Gesù Cristo, descrivendo “le sue pecore”, disse:

“Ma UN ESTRANEO non lo seguiranno; anzi,  fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei” (Gv 10:5).

Fuggire da false guide e da profeti che pretendono falsamente di parlare da parte di Dio, è un tratto distintivo di una vera pecora  che ha un’intima conoscenza del suo sommo Pastore e della sua Parola.

 

7. Nel libro di Giobbe è scritto:

“Ecco, temere il Signore, questa è saggezza,  fuggire IL MALE è intelligenza”(Gb 28:28).

Fuggire dal male vuol dire allontanarsi immediatamente da qualsiasi situazione, persona o cosa potrebbe sedurci e farci cadere nella disubbidienza a Dio.

Non è da stupidi ma al contrario, come afferma questo testo, è da saggi!

Fuggire dal male risulta essenziale, quando si vuole “cercare la santificazione, senza la quale nessuno vedrà il Signore” (Eb 12:14)

 

 

Fuggire:

il segnale di una reale conversione

 

Vorrei ricordare che la fuga dal peccato costituisce uno dei più importanti segnali sulla veridicità della propria conversione e della nuova nascita. È scritto:

“Si ritragga dall’iniquità chiunque pronunzia il nome del Signore” (2Ti 2:19).

 

L’apostolo Giovanni, nella sua prima epistola, effettua un preciso “identikit” del vero credente nato di nuovo. Tra le tante cose egli scrive: “Noi sappiamo che chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare; ma colui che nacque  da Dio lo protegge, e il maligno non lo tocca” (1Gv 5:18).

 

Preservare sé stessi da tutto ciò che può compromettere la propria santità e che non contribuisce alla formazione dell’uomo nuovo in Cristo Gesù, è il piacevole sintomo di chi appartiene a Dio e sta progredendo spiritualmente. Quando lo Spirito di Cristo viene ad abitare nell’uomo, lo rende più sensibile al peccato. E quanto più egli si avvicinerà a Dio, tanto più si renderà conto di tutto ciò che entra in contrasto con la sua santità, e verrà messo nella condizione di fuggire da forme di peccato di cui prima non aveva coscienza.

Certo, questo non vuol dire che si è immuni dal cadere. Ma sicuramente, il costante esercizio di allontanarsi dal peccato deve essere l’atti-
tudine di un vero credente
.

 

L’apostolo Giovanni affermava:

“Sappiamo che quand’egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è. E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com’egli è puro” (1Gv 3:2-3).

 

 

Due elementi che

contribuiscono alla fuga dal peccato

 

Possiamo individuare in via generale nella Sacra Scrittura, almeno due elementi che contribuiscono all’attuazione del principio di “fuggire”.

 

1. In primo luogo, il timore del Signore costituisce un elemento essenziale a vantaggio della nostra santificazione.

 

Ad esempio, di Giobbe è detto anzi tutto che “temeva Dio” e poi che “fuggiva il male” (Gb 1:1).

Salomone affermava:

“Il timore del Signore è  fonte di vita e fa evitare le insidie della morte” (Pr 14:27).

 

Pertanto, il timore del Signore è il motore di ogni azione intenta a compiacere il  Signore. Questo timore, non è solo un comandamento insegnato dagli uomini (cfr. Is 29:13) ma consiste nella profonda consapevolezza della grandezza, dell’autorità, della potenza di Dio, della sua onniscienza, della sua santità, e si traduce in un atteggiamento di contrizione del cuore, di rispetto della sua Persona, di ubbidienza alla sua Parola,riverenza, sottomissione, amore e di riconoscenza.

È ciò che ci spinge a servirlo e adorarlo con  “…timore, perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante”(Eb 12:28-29).

Ma è anche ciò che crea in noi il santo ed amorevole desiderio di non offenderlo con una condotta disordinata e ribelle.

È ciò che ci permette  di “prevenire” piuttosto che “curare” le ferite prodotte dal peccato.

 

2. In secondo luogo, la grazia salvifica del Signore che regna nei nostri cuori, svolge un’azione didattica, in quanto “ci insegna a rinunziare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo” (Tt 2:11-12).

 

L’apostolo Paolo spiega:

“Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato, affinché la grazia abbondi? No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?” (Ro 6:1-2).

Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per noi al fine di riscattarci da ogni iniquità, da ogni peccato che ci rendeva degni di partecipare al terribile giudizio di Dio, e di subire la giusta condanna che meritavamo.

 

Questa “stupenda grazia”, genera una grande riconoscenza nel cuore del credente, il quale spinto da essa, si affaticherà per camminare “in modo degno del Signore, per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (cfr. Cl 1:10).

 

Per questo Paolo poteva affermare:

“..e la grazia sua verso di me non è stata vana, anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Co 15:10).

Una delle tante manifestazioni di questo “cammino rinnovato”, non può che essere la fuga dal peccato!

 

 

Due esempi negativi dalla Scrittura

 

Davide, l’uomo che non fuggì (2Sa 11).

Il re di Israele, mosso da un’inarrestabile impulso carnale, si tuffò nell’orribile peccato dell’adulterio, e in un secondo momento, in quello dell’omicidio, quando fece sì che il marito della donna con cui aveva commesso peccato venisse ucciso in battaglia.

Non fuggire quando siamo ancora in tempo, può avere delle conseguenze disastrose.

 

Giona, l’uomo che fuggì dalle sue responsabilità (Gn 1).

Dio gli disse:

“Alzati, va’ a Ninive, la gran città… Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore” (1:2-3).

Il Signore disse a Giona di andare ad est, ma egli fuggì ad ovest!

Giona fuggì dalle sue responsabilità di profeta dell’Altissimo.

Possa il Signore darci forza per non cadere nel medesimo errore.

 

 

Due esempi positivi dalla Scrittura

 

Giuseppe, l’uomo che fuggì la tentazione sessuale (Ge 39:7-12).

Giuseppe fuggì lasciando le sue vesti in mano alla moglie del suo padrone Potifar, la quale da tempo invitava il giovane servo del Signore a commettere adulterio con lei.

Quello di Giuseppe, non fu un gesto da codardo o da stupido, ma al contrario con esso dimostrò tutto il suo coraggio, il suo amore e il suo timore per il Signore.

 

Fuggire non è facile, specie quando si tratta di una tentazione sessuale.

Egli conservò una buona coscienza davanti a Dio e davanti agli uomini.

Ma a quale prezzo!

Fuggire, gli costò paradossalmente circa due lunghi anni di prigionia.

Tuttavia non fu lasciato solo, perché “Il Signore fu con Giuseppe e gli mostrò il suo favore” (v.21).

 

Giobbe, l’uomo che fuggiva il male (Gb 1:1).

Non fu un uomo e nemmeno un angelo a rendergli testimonianza, ma fu l’Eterno onnipotente, quando dinanzi ai“figli di Dio” e all’acerrimo nemico dell’uomo, Satana, affermò:

“Hai notato il mio servo Giobbe? Non ce n’è un altro sulla terra che come lui  sia integro, retto, tema Dio e fugga il male” (v.8).

Chi fugge il male onora il Signore, ed a sua volta sarà onorato da lui (1Sa 2:30).

 

 

Cose dalle quali

non dobbiamo mai fuggire

 

L’apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo, non soltanto lo invitò a “fuggire le passioni giovanili”, ma anche a perseguire degli aspetti fondamentali che devono caratterizzare un credente che vuole essere approvato da Dio.

In pratica, per Timoteo – così come per tutti noi – vi erano cose dalle quali avrebbe fatto meglio a fuggire, ed altre dalle quali non avrebbe mai dovuto fuggire.

Ed esse sono: la giustizia, la fede, l’amore e la pace con quelli che invocano il Signore con un cuore puro”(2Ti 2:22/b).

Possano queste cose essere l’oggetto della nostra profonda meditazione e della nostra ricerca personale.

 

Purtroppo, spesse volte, fuggiamo ciò da cui non dovremmo. Come ad esempio:

 

• Dall’offrire a Dio tutta la nostra vita: il nostro cuore, le nostre membra, le nostre forze, il nostro tempo, i nostri soldi, le nostre proprietà, la nostra famiglia, il nostro tutto! (Ro 12:1; 6:13,19; Mr 12:30).

 

• Dalle nostre responsabilità nella chiesa locale (2Ti 4:2-5; Eb 10:25; 1Co 12:7;).

 

• Dallo studio delle Sante Scritture, le sole che possono darci “la sapienza che conduce a salvezza, mediante la fede in Cristo Gesù”, e che possono “insegnare, riprendere, correggere ed educare nella giustizia”(cfr. 2Ti 3:15-16).

• Dalla preghiera (1Te 5:17; Fl 4:6; Cl 4:2; Ef 6:18; Lu 18:1).

 

• Dall’amore fraterno e dall’amore verso chi ci è nemico (Gv 13:34-35; 15:12,17; Mt 5:44).

• Dal proclamare il prezioso messaggio dell’Evangelo (Mt 28:19; Mr 16:15; 1Co 9:16; 1P 3:15).

 

• Dalle buone opere che testimoniano la veridicità e lo spessore della nostra fede in Dio (Tt 3:8; 2:14; 3:1; Gm 2:18-20).

 

• E l’elenco potrebbe continuare…

 

Fuggire dalle nostre responsabilità di figli dell’Altissimo è una manifestazione di disprezzo della sua grazia e della sua Persona; è l’evidenza che si sta smettendo di fissare il proprio sguardo sul Signore per rivolgerlo solo alle cose di questo mondo:

“Quelli che onorano gli idoli vani abbandonano da sé la grazia” (Gn 2:9).

 

 

In conclusione

 

Fuggire corrisponde ad un comandamento di Dio nei casi in cui tale atto è supportato dalle giuste motivazioni che abbiamo brevemente osservato.

 

Fuggire quindi non è da codardi, ma da figli di Dio valorosi che si tengono alla larga dal peccato e dalle situazioni nelle quali si rischia di cadere in esso.

 

Dinanzi ad un tale insegnamento, non ci resta che rivolgerci al nostro amato Redentore con le parole del salmista Davide, e dire:

 

“Insegnami a far la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio; il tuo Spirito benevolo mi guidi in terra piana”(Sl 143:10).