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In un momento in cui la crisi economica si fa sempre più stringente e in cui, secondo una recente statistica, sono sempre di più (quasi dieci milioni: circa un sesto della popolazione!) gli Italiani che vivono ai limiti della cosidetta “soglia di povertà”, fa un certo effetto leggere che una persona, parlando di sé stessa, scriva: “sono ricolmo di beni”. “Ricolmo”, cioè “completamente pieno”! E fa ancora più effetto se pensiamo che questa persona non si trovava a godere il sole in una splendida villa affacciata sul mar di Sardegna o nella suite di un prestigioso hotel a cinque stelle, ma si trovava “in catene”: era prigioniero, privato quindi anche del “bene” più prezioso per ogni uomo: la libertà! Come si fa a scrivere un’affermazione del genere in una situazione simile? Eppure il resto della lettera da cui sono tratte queste parole non ci fa pensare ad una persona improvvisamente impazzita oppure simile ad uno dei tanti guru orientali che si dicono capaci di estraniarsi in modo tale dalla realtà da riuscire a vivere in un mondo totalmente diverso da quello in cui vivono!

Per comprendere il senso delle sue parole non dobbiamo concentrarsi sulla parola “ricolmo”, ma piuttosto sulla parola “beni”. A quali “beni” si riferiva l’apostolo Paolo, prigioniero a Roma? È evidente infatti che, per comprendere il significato di quel “sono ricolmo”, occorre prima di tutto capire a cosa intendeva riferirsi l’apostolo Paolo parlando di “beni”.

Anche noi vorremmo essere ricolmi di beni ma di quali beni?

Ho ascoltato recentemente le dichiarazioni di un giornalista, al quale è stato rinnovato il contratto da una nota azienda televisiva sulla base di ventimila euro mensili più lussuoso appartamento più auto ed autista a disposizione. “Non chiamatemi ricco” ha avuto il coraggio e la sfrontatezza di dire, qualificando, in questo disprezzo per gli altri, il proprio livello morale e culturale. Ciò significa che tutto quello che gli è stato concesso non gli permette di sentirsi “ricolmo”. È evidente che una persona del genere non si sentirà mai ricolma e quante, purtroppo, ce ne sono in giro! Confesso che spesso anch’io non mi sento “ricolmo”, ma questo mi accade quando il mio sguardo si concentra sul superfluo, dimenticando la provvidenza di Dio sul necessario. E il mio bisogno primario, essere liberato dal peso del mio peccato, è stato pienamente soddisfatto dall’opera di Cristo sulla croce. Perciò “i beni” che Dio offre ad ogni uomo in Cristo (il perdono, la giustificazione, la salvezza, la vita eterna: “una eredità incorruttibile”) sono già miei per la fede. È guardando a questi “beni” eterni, al mio avere “tutto e pienamente in Cristo”, che posso essere ricolmo anche dei beni terreni. Questi beni non sono costituiti dal conto in banca o da uno stile di vita da nababbi, ma dalla capacità di “accontentarsi dello stato in cui ci si trova”, avendo la certezza che, se viviamo una situazione di povertà, il Signore provvederà donandoci quanto necessario, e, se viviamo una situazione di ricchezza, il Signore ci darà la gioia di “liberarci” del superfluo attraverso atti di amore e di liberalità. Paolo era “ricolmo di beni” perché, nella prospettiva dell’eternità, poteva considerare la morte come “un guadagno” e, nella prospettiva della vita terrena, poteva esprimere la certezza che Dio “avrebbe provveduto” (addirittura: “splendidamente”!) “ad ogni bisogno secondo le sue ricchezze”. Ho un Dio “ricco” che mi dona “le sue ricchezze”: ecco perché posso dire di essere “ricolmo di beni”!