Tempo di lettura: 4 minuti

Un uomo di Dio, impegnato e fedele

 

Zorobabele, Zerù Babili: rampollo di Babilonia figlio di Pedaia Scealtiel; era discendente di Davide tramite Giosia (1Cr 3:17-19); governatore di Giuda con diritto al trono, scelto da Dio (Ag 2: 20-23).

Grande condottiero e capo politico, come Giosuè era anche capo religioso; insieme, dopo l’esilio ripristinano il culto elevando un altare e celebrando la festa delle Capanne (Ed 3:1-9).

 

Quando diedero inizio alla costruzione del tempio furono bloccati dagli avversari. Ma in seguito, incitati dai profeti Aggeo e Zaccaria, ripresero alacremente i lavori sotto Dario, il re che emanò il decreto di ricostruzione del tempio.

 

Il secondo tempio fu chiamato da molti il tempio di Zorobabele (Za 4:9), lui che governò su Giuda fino all 515 a.C. e che figura fra gli antenati di Gesù (Mt 1:12,13 – Lu 3:27).

Di Zorobabele, grande condottiero, progettista ed esecutore del tempio, che partecipa direttamente, con le sue mani, al getto delle fondamenta, il Signore dichiara: “…le sue mani lo termineranno…” (v. 9).

 

Questo fatto è il segno della veridicità della parola del profeta ma soprattutto che il Signore degli eserciti ha voluto questo per il suo popolo

È lui che rende possibile l’opera.

È lui che decide e che sta dietro l’opera della mente e delle mani di Zorobabele.

Ed è sempre lui che gioisce quando i suoi occhi vedono il piombino nelle mani di Zorobabele, ponendo la domanda:

“Chi potrebbe disprezzare il giorno delle piccole cose?”.

Chi è l’uomo che può disprezzare ciò che Dio apprezza e apprezza con gioia?

 

 

Nel “tempio” rivelate la volontà e la gioia del Signore

 

La gioia di Dio non si manifesta quando Zorobabele con Giosuè ed il popolo decidono di progettare il tempio e di gettarne le fondamenta.

Il Signore non si rallegra per la raccolta generosa di materiale e denaro e per l’impegno profuso; ma gioisce, quando vede la volontà di portarlo a termine bene, secondo criteri giusti, con responsabilità, costanza, perseveranza e precisione ma soprattutto con grande umiltà.

Il Signore si rallegra quando vede i suoi servi operare nella consapevolezza che le “piccole cose” rientrano nella sua volontà di coinvolgere degli uomini nelle grandi opere che sono rese possibili solo dalla sua volontà e dalla sua presenza.

 

Le grandi cose le pianifica e le fa il Signore, le piccole gli uomini; anche quando sembrano grandi sono piccole; ma grande è la gioia del Signore, quando vede attuata la sua volontà.

 

Tre osservazioni sul tempio del Signore:

 

1) Gesù defini il suo corpo il tempio di Dio (Gv 2:21). In quel corpo Dio si è rivelato al mondo, ha parlato al mondo, ha riscattato il mondo sulla croce, su quel corpo ha fondato la Chiesa (Mt 16:18; 1Co 3:11).

 

2) “Voi siete il tempio di Dio” dice Paolo (1Co 3:16) La Chiesa è un organismo composto di uomini, è una realtà dinamica non statica; è un insieme di corpi viventi che agiscono e interagiscono fra di loro e con il mondo.

Un corpo è sano quando cresce e opera seguendo le leggi di natura. Per la Chiesa, quando cresce ed agisce secondo la volontà di Dio per giungere, dice Paolo, “…allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo…” (Ef 4:13), i doni di evangelista, di pastore e di dottore sono finalizzati a questo: “ al perfezionamento dei santi, in vista del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo…” (v. 12).

Gli Anziani, in questa duplice o triplice veste, sono chiamati ad usare il “piombino” di Zorobabele per verificare o correggere questa crescita.

 

3) “ Il vostro corpo è il tempio dello Spirito San to.” dice Paolo parafrasando Gesù in 1Corinzi 6:19: essere nel “tempio di Dio”, nella Chiesa significa esserne parte integrante.

Il cristiano non è un ospite o un turista dello spirito, un visitatore più o meno curioso o interessato di questioni religiose o un ricercatore di vie nuove o meno nuove di mistica o ascesi spirituale, un analista di potenzialità dello spirito e della mente umana.

Il cristiano è qualcosa di diverso: è lui stesso una pietra del tempio, una pietra indispensabile per “…formare una casa spirituale” come dice Pietro (1P 2:5): una pietra ad espansione, che cresce, che si modifica che esige quindi che ogni credente prenda il mano il “piombino” di Zorobabele per le opportune verifiche di crescita sul giusto fondamento e in perfetto ordine ortogonale.

 

 

A cosa serve il piombino?

 

Il piombino è uno strumento che serve per verificare che ciò che si eleva dal basso verso l’alto corrisponda esattamente alla perpendicolarità richiesta dalla legge di gravità; una legge stabilita da Dio nella creazione che regola il nostro pianeta secondo un ordine preciso.

 

Lo stesso vale per la crescita spirituale individuale e collettiva: non si può costruire a caso, non ci si può affidare alla fantasia.

Se si pretende di fare gli architetti senza tener conto o se si sfida la legge di gravità, si rischia il crollo dell’edificio. Ma non dobbiamo neppure fare i fantasiosi che trasformano la fede in un’arte futuristica astrusa e incomprensibile quindi: niente superficialità e neppure vanità, però crescita.

Il piombino serve per controllare ciò che si eleva, che sale: se i lavori sono fermi il piombino non serve.

Anche quando si edifica con materiali inadatti, come il fieno la paglia – dice Paolo – il piombino non serve: avete mai visto mettere a piombo un mucchio di fieno o di paglia?

Il fieno della “concupiscenza della carne, degli occhi, della superbia della vita le sollecitudini della vita” (1Gv 2:16), la paglia dell’amore per il denaro, dove ci si acquatta e ci si appisola tranquillamente illudendosi di fronteggiare così al meglio le ansie e le sollecitudini di questo mondo.

 

 

Come costruire bene l’opera di Dio?

 

Dobbiamo poter essere sempre in grado di usare il piombino: è la garanzia che si sta costruendo bene l’opera di Dio in noi e nella Chiesa e con il materiale adatto.

Ebbene ognuno di noi quando esamina ciò che ha fatto, allunga lo sguardo sul passato, al presente e pensa all’avvenire; lo facciamo nella famiglia, nella chiesa, nei gruppi che frequentiamo.

Abbiamo molti motivi per recriminare su noi stessi, ma anche nostalgia per i momenti significativi e importanti; ci deprimiamo e ci esaltiamo in modo altalenante.

Soprattutto nelle chiese; quando si respira aria di maggioranza è aria di trionfo, di potenza (Cattolicesimo e altri):

Se di minoranza, si corrono altri rischi: orgoglio di gruppo separato ed eletto, orgoglio spirituale che naturalmente essendo orgoglio, non è più spirituale.

Una Assemblea di credenti non deve mai pensare ad autocelebrarsi perché per lei è sempre “il giorno delle piccole cose”.

Gli uomini non le guardano, non le considerano, non le ascoltano, la loro attenzione va per altre strade: è un invito alla rinuncia o all’umiltà?

Soltanto gli occhi del Signore sono su di noi, “…quei sette là… che percorrono tutta la terra…” (Za 4:10) davanti ai quali “…tutte le cose sono nude e scoperte…” (Eb 4:13).

Non ha importanza se mancano gli occhi degli uomini o se li puntano su di noi soltanto per giudicarci e ostacolarci.

Nel giorno delle piccole cose c’è il Signore a guardarci, compiamole dunque con fede senza stancarci.

“Chi potrebbe disprezzare il giorno delle piccole cose, quando… gli occhi del Signore che percorrono tutta la terra, vedono con gioia il piombino nelle mani di Zorobabele?”

In queste parole c’è un avvertimento e una promessa.

L’avvertimento: non insuperbire per nessuna nostra impresa spirituale oscura o riconosciuta.

la promessa: a nessuno è lecito disprezzare la fedeltà nelle cose minime.