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Nel momento in cui elaboriamo questo scritto non si è ancora tenuta la quarta Agape “FRATELLI d’Italia”, quella siciliana di Porte Empedocle. Inoltre ci è stato riferito del desiderio delle assemblee sarde di ospitare anch’esse un’agape del genere. Siamo addolorati che non si sia potuto fare niente, a oggi, anche in Sardegna.

 

Queste note si organizzano intorno a tre punti: • in primo luogo rendiamo conto di come è nato il progetto «FRATELLI d’Italia» e di quali obiettivi si volevano raggiungere;

• racconteremo brevemente l’esperienza vissuta nelle tre agapi continentali (Spinetta Marengo, Firenze e San Severo), cercando di indicare quello che a giudizio di molti è stato il sorprendete messaggio che è venuto da queste agapi;

• infine accenniamo brevemente a qualche perplessità che è serpeggiata in alcuni in relazione a questo progetto.

 

 

Come è nato e come si è sviluppato il progetto

 

“FRATELLI d’Italia”, il progetto, è nato nel corso della riunione conclusiva del Convegno Anziani e Servitori del 2010, tenutosi alla fine del mese di ottobre a Montesilvano (PE). Nel presiedere l’incontro, tra le “Varie”, Giancarlo, fece notare che il 2011 sarebbe stato l’anno delle celebrazioni del 150 anniversario dell’Unità d’Italia e si accennò al fatto che i padri del nostro Movimento avevano dato un contributo al processo che, sebbene secondario sul piano della storia con la “S” maiuscola (ma fino a un certo punto), fu estremamente significativo in ordine ai contesti sociali in cui operarono e alla storia delle nostre comunità.

Durante la breve discussione seguita a questo appunto e dopo accorati appelli di molti affinché le Assemblee, sia a livello locale sia unitariamente, non si lasciassero sfuggire l’occasione per rendere testimonianza, il Convegno registrò uno straordinario pari consentimento che ebbe come risultato la messa a punto del progetto delle Agapi in diverse aree geografiche e l’indicazione dei fratelli Giancarlo Di Gaetano e. Guido Moretti come coordinatori del progetto medesimo.

Gli obiettivi che si volevano raggiungere furono da subito identificati in tre principi della Parola del Signore, principi ai quali come Assemblee dovremmo essere molto attenti, indipendentemente dalle Agapi.

 

1. Celebrare la fedeltà del Signore.

La circostanza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia ci ricorda, anche solo a livello cronologico, che le nostre chiese sono esistite e cresciute in questo periodo e ancor più. Non bisogna infatti dimenticare che le Assemblee italiane possono far risalire la linea della loro esistenza al 1836, anno in cui si convertì il Conte Piero Guicciardini. Durante il periodo di preparazione dell’Unificazione (1849-1861) era già chiara la linea e il campo d’azione delle chiese che erano organizzate dal Conte e da Rossetti e che beneficiavano, tra le altre cose, della predicazione di Bonaventura Mazzarella (si veda la sua professione di fede1 del 1857, allegata a IL CRISTIANO di luglio con il programma delle Agapi nazionali). Ora questa constatazione temporale – quasi 180 anni di esistenza – avrebbe potuto e potrebbe ancora generare un senso di orgoglio e altri sentimenti carnali. L’intenzione di radunarsi insieme per celebrare il Signore e la sua fedeltà ci pare sia stata la risposta corale delle Assemblee per resistere a questa tentazione e stornare l’attenzione da noi stessi a Dio, al quale solo va tutta la gloria.

 

2. Vivere concretamente la comunione.

L’idea di un raduno di credenti provenienti da varie Assemblee fu una di quelle trovate geniali di quel grande servitore del Signore che, a detta dei funzionari del Quirinale, ha molto colpito il Presidente Giorgio Napolitano che stava preparando il riconoscimento che ha voluto dare al progetto “FRATELLI d’Italia” (di cui diremo più avanti): mi riferisco a Teodorico Pietrocola Rossetti. Fu lui infatti l’ideatore di una festa di comunione come quella di Spinetta Marengo nel 1868.

L’idea di celebrare la Cena del Signore in uno scenario allargato a centinaia di credenti è parsa ai fratelli del Convegno Anziani 2010 una maniera concreta di esprimere il nostro modo di intendere la comunione fraterna e l’unità nel Corpo di Cristo. Un fratello anziano che con grande sacrificio familiare, a causa di una difficile situazione di salute che affligge sua figlia, e che pure ha partecipato, con tutta la famiglia, all’agape di Firenze, ha parlato a proposito del punto della comunione di scelta “coerente” nell’organizzare e nel partecipare al Progetto da parte delle migliaia di sorelle e fratelli.

 

3. Testimoniare del Vangelo.

Il fratello Eliseo Santangelo nel presentare l’Agape di San Severo ha ribadito come l’annuncio del Vangelo, per essere tale, può servirsi di tanti percorsi preparatori. Le Agapi sono servite anche a questo. Non solo perché erano presenti diversi amici in tutte e tre le feste, ma anche perché la pubblicità, il riconoscimento del Presidente della Repubblica, gli interventi degli amministratori locali (a volte opportuni a volte ridondanti) sono stati tutti elementi che hanno permesso di raccogliere l’attenzione intorno ai momenti centrali di queste Agapi: la predicazione della Parola di Dio, che è echeggiata anche nelle tre conferenze storiche tenute dal fratello Fares Marzone.

Ma celebrare la fedeltà del Signore, vivere concretamente la comunione e testimoniare del Vangelo non sono forse tre elementi imprescindibili di qualsiasi Agape cristiana, compreso il terzo che è incardinato nel “fate questo in memoria di me… poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Cor 11)?

 

Per concretizzare questi tre obiettivi e per permettere che nell’organizzazione di un progetto nazionale fosse salvata la natura delle nostre chiese e del nostro Movimento, si è pensato a eventi che potessero esprimere nella mattinata la natura più intima del radunamento cristiano, con la Predicazione della Parola e la Cena del Signore.

Il momento mattutino era poi completo appannaggio delle chiese locali o dei comitati nati per la circostanza che si sono assunti l’onere di organizzare ciascuna delle Agapi.

Dunque tutto il programma mattutino delle quattro Agapi, dalla scaletta del programma ai fratelli invitati per la Parola, alle corali coinvolte, alla destinazione delle collette è stato deciso su base locale, naturalmente con uno scambio di informazioni che noi coordinatori abbiamo cercato di assicurare tra i vari fratelli coinvolti a livello locale.

Noi due, Giancarlo e Guido, ci siamo limitati, nella mattinata delle tre Agapi, a fare da staffetta con il bagaglio dei saluti che sono transitati da un’agape all’altra.

L’obiettivo della testimonianza era al contrario preminente nel programma pomeridiano, programma al quale abbiamo lavorato in maniera unitaria. Esso prevedeva la conferenza di taglio storico-spirituale di Fares Marzone, dal titolo “Il contributo spirituale e sociale all’unificazione d’Italia da parte del Movimento dei Fratelli” e la proiezione del video “Innalzate il vessill della croce” elaborato sulla base di una collaborazione di fratelli e sorelle di tutta Italia e mirabilmente realizzato dalla sorella Lidia Di Padova Squitieri dell’assemblea di Anghiari.

La parte musicale del programma pomeridiano era organizzata di nuovo a livello locale. Questo per quanto concerne il progetto messo a punto a partire dal Convegno Anziani 2010. Le informazioni date su IL CRISTIANO, a partire da gennaio 2011, hanno poi contribuito ad aggiornare sull’andamento della preparazione, oltre ad incentivare un senso di attesa e di preghiera in tutte le chiese locali.

 

 

Esperienza diretta, impressioni e lezioni

 

Abbiamo avuto modo di partecipare a quasi tutte le Agapi (Guido a due, Giancarlo a tutte e tre; il fratello Fares, invece, ha partecipato a tutte e quattro). Non vi nascondiamo che esse ci hanno dato tanto. Qui cerchiamo di sintetizzare le cose più importanti.

 

La Parola di Dio.

Nessuno dei partecipanti potrà negare che in tutti e tre gli eventi la Parola di Dio ha risuonato alta, forte e chiara: il tenore è stato l’incoraggiamento ma anche l’avvertimento a proseguire su una strada ben precisa.

Un Domenico Maselli sensibilmente emozionato ha commentato a Spinetta Marengo, dopo aver ricordato di essere stato battezzato lì sessantuno anni prima, il capitolo 8 di Giovanni ricordando che la Verità del Figlio di Dio innalzato sul legno della croce (v. 28) per la salvezza dei peccatori è quella verità che fa liberi gli uomini, li mantiene nella libertà e ha segnato fin qui la libertà delle Assemblee di fronte ai destini diversi, a volte discutibili, se non addirittura inquietanti, aggiungiamo noi, del resto dell’evangelismo e del protestantesimo italiani.

 

Firenze, Paolo Moretti ha fatto risuonare nei nostri cuori l’incoraggiamento contenuto nei primi sei versetti della lettera di Paolo a Filemone. Particolarmente interessante è stato il suo tentativo di dimostrare che la fede e il Vangelo ci spingono a fare il bene, in linea con l’incipit che avevamo scelto per tutto il progetto: “Cercate il bene della città dove io vi ho fatti deportare, e pregate il SIGNORE per essa; poiché dal bene di questa dipende il vostro bene” (Gr 29:7). Commentando queste parole dell’apostolo Paolo: “Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo” (Fi 6), ha esortato a considerare la “dignità” delle persone (1Ti 2:2), quelle a cui portiamo il Vangelo, un preciso campo di azione per il bene che possiamo compiere alla gloria di Cristo. Avendo partecipato a tutte e tre le agapi continentali vale la pena sottolineare che questo tentativo è stato forse il momento più proiettato al futuro vissuto da noi in questo servizio che il Signore ci ha dato di svolgere.

La categoria di “dignità” di cui l’apostolo parla a Timoteo può dunque fare da cerniera tra la priorità e la fedeltà alla proclamazione del Vangelo e l’impegno concreto nel mondo che ci circonda. Se vogliamo la salvezza del nostro prossimo, se vogliamo che il Vangelo lo raggiunga e lo trasformi, la sua dignità di persona in carne e ossa è qualcosa che ci concerne e ci impegna nel servizio che dobbiamo rendere al contesto in cui Dio ci ha posti.

 

A San Severo (FG), il fratello Salvatore Corcelli ha fatto risuonare nello splendido scenario del Teatro comunale (un’atmosfera quasi risorgimentale) le straordinarie parole dell’inno all’amore di 1 Corinzi 13. Il fratello ha fatto discendere dalla bellezza di questa descrizione dell’amore, purificato da ciò a cui non somiglia (non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male), delle responsabilità ben precise per tutto il popolo di Dio.

Verrebbe quasi da dire, per riassumere e ricapitolare in unità la Parola ascoltata nelle Agapi: Verità+Amore. Amore per Dio (per la sua fedeltà), amore per il suo popolo (la comunione), amore per il prossimo (il Vangelo e la dignità delle persone).

 

Le conferenze di Fares Marzone hanno posto in rilievo il fatto che le Assemblee non nascono dal nulla nella storia: ha evidenziato infatti il ruolo e il compito svolto dai precursori, a partire dai Valdesi del Medio Evo, passando per la Riforma italiana del XVI secolo e finendo con gli esuli dell’800 (Mapei e Ferretti su tutti). Ha poi tratteggiato le figure e l’esperienza spirituale degli italiani, soffermandosi in particolare sul servizio reso da Rossetti (evangelista, organizzatore della formazione dei giovani, poeta, scrittore e traduttore di canti, impegnato con i bambini…). Ha poi dato uno sguardo alle Assemblee del mondo, una parte della Chiesa del Signore vivente e vibrante. Ha concluso richiamando la centralità della Parola di Dio e della croce. In ognuna delle Agapi, naturalmente, erano scontati ma apprezzatissimi i riferimenti allo sviluppo delle Assemblee nelle varie aree in cui si tenevano le Agapi. Il libro da lui presentato per l’occasione potrà dare un quadro più ampio dei temi delle tre conferenze qui riassunti.

 

Un capitolo a parte meriterebbe la descrizione, o solo il ricordo, dei momenti musicali delle tre Agapi: la Corale dell’Assemblea di Sesto San Giovanni ha saputo azzerare e superare gli effetti e i disagi creati dal temporale che si è abbattuto su Spinetta, grazie alle sue rivisitazioni dei canti di Rossetti tra cui la straordinaria esibizione del coro dei piccoli che hanno intonato gli inni scritti da Rossetti per le scuole domenicali. Nessuno poi si aspettava la richiesta del bis per il rimaneggiamento delle parole del nostro inno nazionale che tra le mani di Gianmarco Tozzi è divenuto “Fratelli in Cristo Gesù ci ha redenti …”.

A Firenze è stata la corale dell’assemblea di Perugia a scandire i momenti del culto mentre nel pomeriggio è toccato a Giorgio Ammirabile e Lidia Genta, di accompagnare e concludere, soprattutto a beneficio dei più giovani, la giornata di comunione.

A San Severo sono state le corali Provinciale e di Manfredonia e far risuonare nel teatro le melodie moderne e, anche qui, le straordinarie note di due inni del Rossetti: “Innalzate il vessil della croce” e in particolare, “Levate al cielo o popoli”.

 

Si dovrebbe poi parlare dei tanti fratelli e delle tante sorelle che si sono adoperati per la riuscita delle Agapi: come non citare la chiesa locale di Spinetta, i fratelli Roldi e Barbanotti, per un’organizzazione che ha saputo vincere anche sugli agenti atmosferici? E ancora Giampiero Picciani e Luisa Pasquale che a Firenze sono stati coordinatori dell’evento. Per finire con i fratelli Saverio Papicchio, Graziano Riccioni e altri che sono stati l’anima dell’Agape di San Severo. E qui, ricordiamolo, mancano ancora i nostri cari fratelli della Sicilia.

Ma soprattutto vogliamo ricordare in modo speciale, e con particolare riconoscenza al Signore, la larga partecipazione collaborativa di tanti giovani!

 

Conclusioni.

Sentiamo di poter segnalare due cose da porre alla riflessione di tutti. Esse sono strettamente collegate.

Uno degli obiettivi del progetto era stimolare la comunione all’interno delle Assemblee, a livello nazionale.Questo era uno stimolo che gli Anziani radunati al Convegno volevano dare. Ciò che non ci aspettavamo, questo almeno è ciò che cogliamo noi, è il fatto che “comunione” è stata non solo la richiesta, ma il grido – ci sentiamo di dire – che si è levato dalle nostre Assemblee e che ha potuto esprimersi tramite la straordinaria partecipazione, il sostegno e l’apprezzamento all’iniziativa.

Quando pensiamo alle tante storie di famiglie intere che hanno partecipato a volte con sacrifici, a volte con convinzione a tutto ciò che c’è stato prima, durante ed è venuto dopo le Agapi, crediamo che tutti, responsabili in particolare, dobbiamo riflettere seriamente su questo appello e chiederci cosa il Signore ha voluto dirci.

In secondo luogo, questa comunione chiesta, ricercata, vissuta, si è manifestata tramite il mettere in comune la straordinaria ricchezza di cui sono dotate le Assemblee italiane. Vedere tanti doni, capacità, risorse concentrarsi per una volta tanto a beneficio delle nostre chiese e non riversarsi sempre e solo all’esterno (il che non è in sé una cosa negativa, entro certi limiti) è stata una bella esperienza. Ancora un monito per i conduttori: siamo consapevoli di questa ricchezza? Come la gestiamo?

 

 

Perplessità e critiche

 

Naturalmente, come tutte le cose che facciamo come uomini, anche le Agapi non sono state perfette. E meno male che è andata così. L’Agape perfetta sarà organizzata dal Signore e dall’Agnello, lo sappiamo bene (Ap 4-5 e 19). Siamo consapevoli che alcune cose potevano essere fatte meglio e cogliamo l’occasione di queste note per chiedere scusa se tutto non è stato, appunto, perfetto o se ci sono stati degli errori.

Eravamo anche consapevoli che il progetto potesse produrre dissensi o critiche e tali atteggiamenti sono stati fatti oggetto di attenta analisi da parte nostra perché crediamo che essi sono nati da un sincero amore per il Signore, per la sua Chiesa in generale e in particolare per le Assemblee e anche per le nostre persone. Citiamo alcune di queste critiche che ci sono giunte, andando da quelle più superficiali a quelle più di sostanza.

 

La prima critica ha riguardato il coinvolgimento in una delle Agapi di un fratello non “fratello”, nel senso di non appartenente ad alcuna Assemblea locale e il fatto che questo coinvolgimento potesse rappresentare qualcosa in ordine a una possibile contaminazione con un mondo protestante alle prese con una grave crisi spirituale e morale. Premesso che tutti noi abbiamo accolto “in comunione”, vale a dire con rispetto e fiducia, la scelta operata a livello locale, e accantonata la storia della contaminazione (il male morale non si trasmette per contato), bisogna ricordare che Domenico Maselli è stato lo studioso che più di ogni altro ha lavorato per dare dignità storica alle nostre chiese, lavorando concretamente sui documenti. Non c’è qui lo spazio per segnalare la preziosità storiografica dei suoi due volumi, una preziosità che andava addirittura contro, nell’interpretazione delle Assemblee, alla magistrale opera del suo maestro, Giorgio Spini. Chi è stato a Spinetta poi potrà aggiungere altro in merito alla predicazione della Parola.

 

La seconda critica o malumore ha riguardato il riconoscimento attributo dal Presidente della Repubblica al progetto “FRATELLI d’Italia”. Anche qui una premessa necessaria: a intervenire è stato il Presidente della Repubblica e non la politica. Il Presidente, infatti, è il garante di quella Costituzione che dà a tutti noi, nell’articolo 3, il diritto-libertà di professarci cristiani, così come crediamo che questo debba essere, a partire dalle pagine del Nuovo Testamento e dunque di rifiutare le disposizioni dell’art. 8 (le Intese).

Con il riconoscimento, che poteva avvenire in forme diverse (Alto Patronato, per esempio) da parte del Presidente della Repubblica, si è pensato a dare rilevanza agli effetti storici e sociali di una testimonianza cristiana come quella delle Assemblee che va avanti da 180 anni. Anche qui, non c’è lo spazio per approfondire. Ma brevemente si potrebbe dire che, anche allorquando nella loro storia le Assemblee hanno voluto chiudersi totalmente al loro impegno nel mondo (cosa che non è mai accaduto in maniera cosciente, contrariamente a quello che sostengono alcuni detrattori), anche allora, le nostre Assemblee hanno lasciato un segno di ordine sociale e a volte anche culturale, ma comunque una traccia storica, che è transitata soprattutto dal loro impegno evangelistico. Inoltre c’è il problema di fondo relativo al tratto ottocentesco della vita delle Assemblee. È indubbio ed è riconosciuto a livello mondiale che i nostri fratelli e le nostre sorelle di allora si impegnarono a professare fedelmente la fede che avevano scoperto grazie alla conversione e a contribuire fattivamente al processo dell’unificazione dell’Italia, mantenendo sempre un creativo equilibrio fra le due cose.

Non abbiamo bisogno del riconoscimento del Presidente della Repubblica per organizzare le nostre Agapi. Tuttavia, la storia testimonia chiaramente della passione che Rossetti e gli altri fratelli del tempo hanno avuto per l’unità della patria. Il Presidente con la medaglia ha riconosciuto la permanenza di una simile testimonianza. Non da ultimo, contro alcune semplificazioni, bisogna ricordare che la Presidenza della Repubblica non è il “mondo” tout court ma, per noi, oggi, un’espressione di quelle autorità che la Parola ci chiede di onorare e di rispettare!

 

La terza critica è quella più complessa perché ha tentato di motivare biblicamente il distinguo o le perplessità. Giustamente alcuni fratelli si sono posti il problema se questo progetto potesse rappresentare una sorta di spartiacque nella vita delle nostre chiese. Uno spartiacque a partire dal quale si corre il pericolo di intraprendere un sentiero magari apparentemente in discesa e comodo (la visibilità sociale), abbandonando al contrario un percorso di testimonianza più accidentato ma tuttavia più integro. Oppure che con l’enfasi posta nel raccontare l’impegno terreno e patriottico dei nostri fratelli e sorelle dell’800 si oscurasse la loro convinzione cristallina concernente la cittadinanza celeste della Chiesa e dei credenti.

Siamo consapevoli che è necessario ascoltare con profondo rispetto avvertimenti del genere e adoperarsi affinché, semmai ci fossero le condizioni paventate, portarle alla luce e correggerle. Siamo riconoscenti dunque per tali avvertimenti. Non sappiamo però rispondere al quesito se le migliaia di credenti che hanno pregato, sostenuto, dato il loro appoggio e partecipato al progetto avessero questo tipo ci coscienza o approccio interiore. Ciò che possiamo affermare con certezza è che la Parola predicata e che è stata udita sempre con molta attenzione, nonostante i numeri dei partecipanti alle singole agapi, non ha avvallato mai questi sentimenti.

 

Nell’Agape di Firenze, cercando di cogliere un riferimento generale alla Parola di Dio e a quello che ci stava dicendo, mentre che il progetto si sviluppava e si realizzava, è stato letto nel corso del culto mattutino il brano di Giosuè 24. Ci è parso, sulla base di una considerazione generale relativa al punto in cui si trovava il progresso della rivelazione dell’Antico Testamento, che l’esortazione a non dimenticare il Signore nei nuovi scenari in cui il popolo d’Israele veniva a trovarsi con la conquista della terra di Canaan fosse particolarmente adatta per il momento che stavamo vivendo. Nessuno di noi organizzatori, ma anche dei partecipanti che ci hanno confidato le loro sensazioni, ha mai nutrito la sensazione di essere al punto zero dell’esperienza spirituale delle nostre Assemblee.

Abbiamo sentito molto il senso della continuità e abbiamo avvertito il tenore dell’insegnamento dell’Epistola agli Ebrei quando nel capitolo 13 chiede ai cristiani di ricordare i loro conduttori che non ci sono più o che stanno per andarsene e di avere fiducia nel fatto che Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e in eterno.

Il sentimento del tornare al passato per andare avanti verso il futuro (celebrando la fedeltà del Signore, vivendo la comunione e testimoniando del Vangelo) nasceva dalla consapevolezza di una lunga strada percorsa insieme (180 anni) che ci ha portato dove siamo, a fare quello che abbiamo fatto, grazie al contributo e al ministero, a volte anche sferzante, di tante sorelle e di tanti fratelli. Incluso quelli che hanno creduto, nella loro libertà, di esprimere le loro precauzioni.

Se abbiamo potuto organizzare il progetto è anche grazie al loro insegnamento.

 

Altre tradizioni evangeliche, nei casi in cui ci si trova ad assumere decisioni concrete, fanno intervenire a quel punto l’azione potente, imponderabile ma anche difficilmente verificabile dello Spirito. Noi abbiamo desiderato e desideriamo essere ancorati alla Parola: non vogliamo usarla a nostro piacimento e vogliamo essere certi di esserci mossi e di muoverci adeguatamente tra le sue istruzioni, esortazioni e anche avvertimenti. Naturalmente a questa stessa Parola devono essere anche riferite le modalità della manifestazione dei distinguo o del dissenso. Non possiamo infatti pensare che l’esortazione reciproca possa derogare dall’atmosfera dell’amore fraterno che deve caratterizzarci e che è quella a partire dalla quale chi ci osserva può capire che siamo discepoli.

 

Ed è in quest’ottica, dunque, e in conclusione del servizio che abbiamo svolto, che vogliamo ringraziare tutti: coloro che ci hanno fatto giungere le loro perplessità ma, ovviamente, e ancor più, coloro che ci hanno accompagnato con la preghiera e con il sostegno manifestato in varie forme. Poniamo dunque nelle mani del Signore questo servizio svolto. Esso potrà essere fruito in vario modo grazie al materiale multimediale che è stato realizzato.

 

Vogliamo ricordare allora sinteticamente la lezione che abbiamo appreso da coloro che ci hanno preceduto:“Professare la fede e fare l’Italia”. Naturalmente, per noi, oggi, c’è il compito di cambiare il secondo termine di questo binomio, interrogandoci che cosa il Signore ci chiama a fare per il nostro Paese mentre desideriamo attenerci fermamente e prioritariamente all’impegno della proclamazione del vangelo!

 

Giacomo Carlo (Giancarlo) Di Gaetano

(Assemblea di Chieti Scalo)

Guido Moretti

(Assemblea di Firenze)

 

 

 

Testimonianza di un partecipante:

GESU’ CRISTO FA LA DIFFERENZA

 

Gesù Cristo al centro dell’attenzione

 

Il giorno 10 settembre 2011 si è svolta presso il teatro tenda Saschall (oggi Obihall) di Firenze l’agape nazionale “Fratelli d’Italia” organizzata in occasione dei 150 anni dell’unità della nostra nazione. Oltre 700 fratelli e sorelle in Cristo provenienti da diverse regioni dell’Italia centrale si sono ritrovati insieme per vivere un tempo che è stato reso dal Signore grandemente utile per la sua opera nel nostro Paese. Tale utilità si è determinata poiché Gesù Cristo è stato al centro dell’attenzione dell’incontro.

Fin dalle parole introduttive del fratello Giancarlo Di Gaetano è stato, infatti, chiaro che l’agape voleva essere un tempo non per ricordare quello che delle persone hanno fatto nel passato ma per ricordare come dei fratelli e delle sorelle sono stati usati da Dio per il bene della storia del nostro Paese mentre vivevano nella loro quotidianità la loro fede in Cristo.

Questa è sicuramente la lezione dal passato più importante da trarre per il presente e il futuro della chiesa.

Anche le parole della preghiera rivolta al Signore all’inizio dell’incontro dal fratello Giorgio Biagini dell’assemblea di Città di Castello (PG) sono state indicative riguardo alle intenzioni dell’incontro: “Signore fa che Gesù Cristo solo sia al centro dell’attenzione dell’incontro”.

Ora che ci troviamo a raccontare il bel tempo trascorso a Firenze, possiamo ben dire che il Signore ha risposto a questa preghiera.

 

 

Gesù Cristo: il valore dell’incontro

 

Il tempo passato insieme durante lo svolgimento dell’agape è stato caratterizzato dal vivere un’intensa comunione fraterna nel lodare il Signore e nell’ascoltare la sua Parola. Proprio quest’ultimo aspetto durante la riunione del mattino è stato utilizzato da Dio per parlare, tramite Il fratello Paolo Moretti dell’assemblea di Anghiari (AR), al cuore di tutti noi presenti. L’apostolo Paolo scrivendo l’epistola a Filemone fa riferimento anche“alla chiesa che si riunisce in casa tua” (Fi 1:2). Queste parole ci hanno ricordato che circa 150 anni fa fratelli e sorelle vivevano la loro fede in Cristo in modo semplice riunendosi nelle case o comunque in locali che ospitavano la chiesa e non in templi religiosi che erano definiti erroneamente “chiesa”. Con ciò il Signore, tramite le parole del fratello Paolo, ci ha portato a considerare che il valore all’incontro che stavamo vivendo“non sarebbe stato dato dall’essere in tanti ma dall’uno (Cristo Gesù) presente in mezzo ai tanti, l’uno che con la sua presenza fa sì che si abbia una sola mente e un solo cuore, perché senza l’opera di Cristo saremmo dentro un tempio, ma non saremmo un tempio”.

Una sola mente e un solo cuore significa avere una sola fede definita “la fede che c’è comune” (Fi 1:6) che diventa “efficace” quando ci fa “riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere alla gloria di Cristo” (Fi 1:6).

Circa 150 anni fa nel nostro Paese ci sono stati fratelli e sorelle che hanno vissuto una fede comune efficace per compiere “tutto il bene” alla gloria di Cristo.

La domanda che sicuramente è sorta nel cuore di tutti noi presenti è stata la seguente: stiamo facendo lo stesso anche noi oggi?

 

 

Gesù Cristo fa la differenza

 

Lo svolgimento dell’agape nel pomeriggio ci ha riservato ancora tanti momenti di benedizione in particolare quando è stato possibile, tramite l’intervento del fratello Fares Marzone dell’assemblea di Foggia via Taranto, riconsiderare quelli che sono stati i contributi spirituali di fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nella storia del nostro Paese. Questo ricordare la storia è stato utile soprattutto perché, come ha ben esposto il fratello Fares, dal ricordare questa storia emergono non la centralità di uno o più personaggi ma la centralità della Parola di Dio, la centralità della chiesa locale, la centralità di Cristo. Chi ci ha preceduto nella storia ha insegnato con fedeltà e nella semplicità, senza essere semplicistico, la Parola di Dio; ha vissuto la propria vita cristiana all’interno della chiesa locale, dove il Signore lo aveva posto; ha annunciato tramite il Vangelo la persona e l’opera di Cristo che cambia la vita delle persone che credono in lui. Perché quello che fa la differenza è solo e soltanto Cristo, le persone sono importanti ma è Cristo che fa la differenza.

 

 

Gesù Cristo “ieri, oggi e in eterno”

 

Le parole con le quali il fratello Fares ha terminato il suo intervento sono quelle della Parola di Dio che ci ha ricordato che “anche noi dunque poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge e corriamo con perseveranza la gara che c’è proposta fissando lo sguardo su Gesù” (Eb 12:1-2).

Siamo certi che il Signore ci ha radunato a Firenze per farci ricordare il passato della sua opera nel nostro Paese al fine di indicarci la direzione verso la quale siamo chiamati a guardare per il presente e per il futuro.

Questa direzione non è una direzione nuova ma sempre la stessa cioè Gesù Cristo: “ieri, oggi e in eterno” (Eb 13:8). Solo in questo modo potremmo trasmettere alla nostra Italia il valore che non conosce crisi, instabilità, distruzione, corruzione, cambiamento. Il valore vero che cambia la vita delle persone in eterno, cioè Gesù Cristo. Con l’aiuto del Signore c’è la faremo perché, come ci è stato ricordato in conclusione dell’incontro da un canto della sorella Lidia Genta, egli è “il Dio della storia che vive accanto a me”.