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La paura? “Una trappola”!

 

Credo di avere a che fare con la paura da sempre. Mi ricordo ancora quando, ancora bambino, prima di dormire avevo paura del buio della stanza accanto e mi raggomitolavo tra le lenzuola sperando di addormentarmi presto.

Ma c’è una paura che nel corso degli anni ha segnato momenti, a volte anche quelli importanti, della mia vita che non risalgono a quando ero bambino ma a situazioni più recenti, quelli in cui il pensiero, il giudizio e l’approvazione degli altri diventa importante: la paura degli uomini.

 

Uno dei temi più grandi e importanti della Bibbia è proprio la paura e uno dei miei versetti preferiti del libro dei Proverbi recita:

“La paura degli uomini è una trappola, ma chi confida nel SIGNORE è al sicuro” (Pr 29:25).

 

Allora che cos’è la paura? Cosa produce? Da dove deriva? E, soprattutto, come la si può affrontare?

In quest’unico versetto troviamo sia il significato che la soluzione al problema.

 

Spesso ci interessa l’opinione delle altre persone più di quanto ci interessa l’opinione di Dio, pensiamo troppo al nostro status rispetto agli altri, a cosa la gente può pensare di noi, a cosa facciamo o pensiamo e, dimenticandoci della nostra identità in Gesù, diventiamo inevitabilmente vulnerabili.

La prima trappola provocata dalla paura è l’idolatria, un male che tutti i cristiani dovrebbero evitare con le proprie forze: il mondo, basato sulla paura, è pieno di persone che non hanno paura di Dio ma hanno paura di ciò che pensa la gente.

 

Ricordo chiaramente che spesso nella mia piccola cittadina calabrese la paura si chiamava “vergogna” di ciò che la gente poteva pensare delle nostre azioni.

Nel mondo ci sono persone che non hanno paura di andare all’inferno, ma allo stesso tempo hanno paura dell’opinione del proprio capo al lavoro e per questo si adoperano per “fare bella figura”.

 

Ogni volta che pensiamo di più a ciò che pensa la gente rispetto a ciò che pensa Dio stiamo portando un culto per guadagnare l’approvazione di qualcuno che non è il nostro Dio.

 

Gesù, in un suo discorso ai discepoli e alla folla che si era riunita attorno a lui, ci avverte che se vogliamo seguirlo, adorarlo e onorarlo spesso dobbiamo soffrire:

 

“Ma a voi, che siete miei amici, io dico: «Non temete quelli che uccidono il corpo ma, oltre a questo, non possono far di più». Io vi mostrerò chi dovete temere. Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella geenna. Sì, vi dico, temete lui” (Lu 12:4-5).

 

 

La paura paralizza le decisioni

 

La sofferenza può essere di varia natura: emotiva, finanziaria o mentale. Noi siamo chiamati a soffrire come ha fatto lui quando i religiosi lo hanno malmenato, maltrattato ed hanno rovinato la sua reputazione: Gesù dice chenon dobbiamo avere paura anche se dovessimo dover perdere la nostra vita.

 

Il punto è che quando si diventa cristiani ci possiamo trovare di fronte a due possibilità: morire per Gesù oppure vivere per Gesù e spesso vivere per Gesù è più dura di dover morire per lui; noi dobbiamo essere pronti a fare entrambe le cose.

 

Quando si perde di vista questo principio allora si può cadere in una seconda trappola che la paura produce: la paralisi decisionale.

Quando si vive per paura e non per le convinzioni che Dio ci ha dato, giriamo intorno alle cose e non siamo in grado di andare avanti.

L’esempio biblico più grande che conferma questo concetto è sicuramente Pilato ed il suo peccato è terribile. Quando Gesù, senza colpe, santo e puro, viene portato davanti a lui dichiara: “…io non trovo nessuna colpa in lui” (Gv 18:38).

 

Pilato è stato vacillante, sapeva qual era la strada giusta ma aveva paura delle conseguenze: che cosa avrebbero pensato gli Ebrei?

Cosa avrebbero potuto fare? Forse sarebbero potuti andare da Cesare dicendo che lui aveva salvato uno che si fingeva re e avrebbe potuto perdere il suo posto. Forse.

 

La paura degli uomini ha portato Pilato, con la sua mancata capacità di prendere una decisione, a condannare a morte il Salvatore.

 

Ciò che dobbiamo fare noi è stare attenti a non cadere in questa trappola: ogni volta che ci facciamo sopraffare dalla paura del pensiero altrui “uccidiamo” Gesù.

 

La paura paralizza l’amore

 

Diventiamo conseguentemente falsi e disonesti. Falsi perché la nostra vita sarà camaleontica alla continua ricerca dell’approvazione dell’altro e disonesti perché è difficile essere sinceri con il prossimo, soprattutto perché la verità può essere dolorosa e, se continuiamo a vivere con la paura di ciò che gli altri possono pensare, allora molte cose rimarranno taciute, soprattutto quelle necessarie. Questo perché saremo sempre più preoccupati di noi stessi e non degli altri e del loro rapporto con Gesù: alla lunga questo modo di fare causerà sempre più danni nel tempo rispetto al male che potremo evitare nel presente.

L’esempio biblico più lampante è Pietro: sicuramente tutti ricordiamo le parole di Pietro a Gesù: “Signore, sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte” (Lu 22:33), eppure sappiamo bene che poco dopo era pronto a rinnegare Gesù, cancellando la promessa fatta.

 

Spesso ci si accosta al Signore con tanti buoni propositi e pronti a tutto, ma per paura di ciò che gli altri possano pensare o delle conseguenze delle nostre scelte viviamo la nostra fede “in segreto”, proprio comeGiuseppe d’Arimatea, lui “..era discepolo di Gesù, ma in segreto per timore dei Giudei” (Gv 19:38). Eppure quando Gesù fu ucciso egli, “fattosi coraggio”, ha saputo dimostrare il suo amore per lui.

Quando è stata l’ultima volta che abbiamo preso coraggio e abbiamo onorato il nostro impegno con Gesù? Oppure ci siamo resi indisponibili e, tradendo la nostra promessa, abbiamo semplicemente evitato di fare qualcosa per paura delle conseguenze?

Sono convinto che spesso la paura possa servirci da deterrente per non commettere errori ma la “paura degli uomini”, invece, porta un vantaggio alquanto dubbio solo a noi stessi.

Spesso con questa convinzione non esprimiamo amore. Se siamo eccessivamente preoccupati di fare la cosa giusta, trasformiamo coloro che ci circondano in progetti da realizzare e mettiamo totalmente da parte la compassione.

 

 

La paura paralizza la testimonianza

 

Giona ha cercato in tutti i modi di evitare di andare a Ninive perché aveva paura degli uomini. Ciascuno di noi dovrebbe cercare di non aver mai paura della gente perché solo così si può trasmettere il messaggio del Vangelo in modo chiaro a chi ci sta davanti, anche affrontando quei discorsi che a volte ci risultano ostici o ci intimoriscono.

Se un predicatore avesse paura dei suoi ascoltatori avrebbe la tendenza a tacere la dottrina per paura che qualcuno possa disapprovare o semplicemente non apprezzare. Il predicatore, così come ognuno noi nella vita di tutti i giorni, deve essere pronto a dire sempre la verità senza sconti o addolcimenti. Invece ciò che si registra sempre più spesso è che per paura degli uomini è più facile non fare che assumersi dei rischi realizzando la volontà di Dio.

 

E la trappola è l’apatia: se qualcosa è improbabile che riesca, non si correrà mai il rischio. In altre parole: se ci facciamo prendere dalla paura degli uomini, non faremo mai molto.

Il rischio più grande è nell’evangelizzazione: spesso, a causa di ciò che può pensare la gente, si rischia di non fare nulla con un inevitabile isolamento; si pensa che sia meglio fare le cose tra di noi piuttosto che spiegarle agli altri e, contestualmente, si tende a non delegare mai perché si ha la convinzione che si possano commettere degli errori e allora ci si ritrova soli.

Ma da dove deriva questa paura? Siamo forse, come dice Giovanni (1Gv 4:18), “imperfetti nell’amore”?

La paura può essere un’ottima amica ma anche una grande nemica: quando abbiamo paura di qualcosa o di qualcuno ci sottomettiamo a questi e li mettiamo in una posizione di autorità rispetto a noi.

 

In un mondo preda della paura, oggi diventa sempre più importante verificare in che posizione ci troviamo: abbiamo paura degli uomini, del loro pensiero, della loro approvazione oppure abbiamo timore di Dio? In Proverbi sta scritto (9:10) che “il principio della saggezza è il timore del Signore” e Paolo ci ricorda che “noi predichiamo Cristo che è potenza e sapienza di Dio” (1Co 1:24).

Come ha agito Gesù di fronte alla paura? Ha forse avuto timore del pensiero dei farisei quando li chiamava“ipocriti” “razza di vipere” o delle eventuali conseguenze? Nel giardino del Getsemani la notte prima di morire di sicuro c’era molta ansia, ma qual era il pensiero di Gesù? Fare la volontà del Padre o cercare l’appro-

vazione della gente?

Molto tempo prima Adamo in un altro giardino si è comportato in modo totalmente diverso da Gesù. Adamo è scappato da Dio ed è andato verso la paura, Gesù è scappato dalla paura ed è andato verso Dio: solo se ci comporteremo come Gesù allontaneremo da noi la paura.

In Proverbi leggiamo “ma chi confida nel Signore è al sicuro”. Ci crediamo?

Confidiamo nel Signore e cerchiamo di fare la sua volontà senza pensare a ciò che la gente possa pensare di noi?

 

Sono convinto che la paura degli uomini sia come una stanza buia nella quale entriamo ogni volta che “assaporiamo” la paura degli altri: una stanza nella quale è facile sbagliare ed essere ciò che non siamo veramente, ma soprattutto una stanza dalla quale ci diventa sempre più difficile uscire. Credo che il modo migliore per affrontare questo problema è comportarsi come dei bambini che non conoscono questo tipo di paura perché davanti ad essa scappano.

 

Provate a mettere un bambino in una stanza buia, cercherà subito l’uscita e, non appena fuori, si attaccherà alla gamba del padre. Cosa facciamo noi di fronte ad ogni scelta che questa vita ci propone? Entriamo oppure ci comportiamo da bambini?

Io mi comporto come probabilmente farebbe mio figlio: scappo.

La paura degli uomini è una trappola…non dimentichiamolo.