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Introduzione

 

“…una sola cosa è necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lu 10:42).

 

Furono queste le parole che il nostro amato Signore Gesù rivolse a Marta, sorella di Maria. L’esempio meraviglioso di Maria ha incoraggiato i credenti di tutti i tempi a riporre la propria vita ai piedi del Maestro. Ma la Sacra Scrittura ci dona anche l’esempio di un uomo che come Maria “scelse la parte migliore”.

 

Sto parlando di Asaf. Nel testo di un Salmo che egli ha scritto, il 73, ci mette a conoscenza di un periodo particolare della sua vita dedicato a riflessioni e a combattimenti interiori. Dovette fare una scelta ben precisa. Realizzò proprio quello che per un cristiano è il “prendere la propria croce e seguire Cristo” (Mt 16:24).

 

La dura lotta di cui ci parla, sfocerà con lo scegliere la parte migliore che non gli sarà tolta in eterno.

 

 

Asaf e la sua premessa (vv. 1-2)

 

Asaf, prima di introdurci nella sua esperienza ci tiene a precisare una cosa fondamentale. Vuole darci la chiave di lettura dell’intero Salmo: “Dio è buono”.

Pare che tenga molto a precisare questo. Così facendo, Asaf pone Dio quale punto fermo, irremovibile ed immutabile nella sua essenza. Il fatto sostanziale è che, mentre Dio è immutabile, il salmista al contrario deve ammettere la propria instabilità. Infatti, la sua triste esperienza consisterà nel divagare in pensieri, discorsi e ragionamenti che lo distrarranno dalle benedizioni di Dio.

 

L’uomo è veramente instabile. È privo di equilibrio. Dio solo è il vero punto fermo. Egli è l’equilibrio. Se l’uomo, credente o non credente che sia, desidera raggiungere un equilibrio deve tornare all’Eterno. Asaf praticamente ci sta dicendo: “Dio è certamente buono, fermo, fedele… ma di me non si può dire altrettanto?”.

 

Inoltre aggiunge che il Signore è buono “verso quelli che son puri di cuore”.

Un cuore puro è libero da schiavitù, orgoglio, presunzione, idolatria e perversione. Il cuore puro è un cuore rinnovato e purificato dal sangue di Gesù. Il credente ha ricevuto un cuore nuovo (Ez 36:26) ma è chiamato a custodirlo in purezza mediante l’ubbidienza. Non deve mai perdere di vista il suo punto fermo: Gesù Cristo il Signore.

Un credente desideroso di piacere il Signore vuole mantenere puro il suo cuore. Questo credente cercherà la volontà di Dio e, rinunciando alla propria, lascerà che lo Spirito Santo lo diriga sulle orme del Signore Gesù.

 

Ma ora Asaf stava per inciampare. Quando iniziò ad inciampare? Quando smise di fissare il Signore nella propria vita per iniziare a guardarsi attorno. Questo è un problema evidente anche ai nostri giorni. Quando il credente conduce una vita piuttosto carente, povera e fredda nel suo rapporto con il Signore, capita che inizi a invidiare il successo e le ricchezze altrui. Questo è ciò che fece il salmista.

 

Quest’atteggiamento ha come conseguenza inevitabile il decadimento spirituale e morale del credente.Ma il Signore protesse Asaf, perché lo amava. Il Signore gli permise di vagare in questo deserto con la propria mente, ma poi lo riportò a considerare le grandi ricchezze di cui vestivano le sue promesse. Perciò Asaf ci introduce nel Salmo anticipandoci che la sua storia avrà un lieto fine. Ma se questo lieto fine giunse, fu solo perché egli scelse la parte migliore.

 

 

L’invidia per la prosperità dei malvagi (vv. 3-5)

 

Asaf ci spiega il motivo per cui rischiò di cadere nella trappola di Satana. Sì, perché Satana si diverte a far cadere i figli di Dio nella trappola del consumismo, materialismo e nella trappola della ricerca ansiosa del benessere fisico.

 

L’invidia è uno dei motivi per i quali è facile perdere l’equilibrio. Essa ci fa smettere di fissare lo sguardo su Cristo. L’invidia è un peccato. Ancor peggio se l’oggetto della nostra invidia sono i malvagi, vanagloriosi, superbi e ricchi di questo mondo. Asaf invidiava i ricchi, quelle persone potenti che usavano severo autoritarismo nei confronti dei più deboli. Non ignorava la loro malvagità, ma non riusciva a concepire “il perché” della loro prosperità.

 

Il credente di oggi, soprattutto quello che vive nei Paesi occidentali, è spesso avvinghiato da questa trappola.

Egli osserva i beni materiali di alcune persone: le loro case, la loro facilità nel pagare le spese quotidiane, la frequenza con la quale questi si concedono delle vacanze, la prosperità nel mondo degli affari.

Il credente che ha dei figli, spesso invidia le persone del mondo che possono permettere ai figli di studiare con le migliori comodità e di comprar loro abiti firmati e alla moda. Questi ricchi e potenti genitori non deludono mai le pretese dei loro figli, ma spesso li privano di vera disciplina!

Spesso il credente non ha successo come altri nel mondo del lavoro, perché le energie che avrebbe dovuto impiegare per la carriera le ha investite per il Regno dei Cieli.

 

Il rischio che si corre è quello di arrivare a dubitare seriamente di aver scelto la cosa migliore. Forse Asaf pensava fra sé al modo in cui lui avrebbe potuto vivere con i beni di quelle persone che in quel momento stava invidiando. Anche al credente spesso capita di immaginare con invidia di possedere i beni materiali degli altri, ipotizzando anche di essere in grado di farne un uso di gran lunga migliore. Ma un credente che cerca di vedere il proprio “essere” inserito nella realtà di vita di un altro uomo, sta perdendo l’equilibrio e il centro della sua vita. Egli sta dicendo a Dio che non ha ricevuto da lui abbastanza, o almeno non tanto da ritenersi completamente soddisfatto. Si lascia trascinare dalle apparenti ricchezze mondane e temporanee, dimenticando la sua eterna ricchezza.

 

 

La malvagità del mondo (vv. 6-12)

 

Grazie a Dio, il salmista inizia a riflettere più attentamente. Se prima era fermo allo stadio del materialismo e della carnalità, ora scende più in profondità. Egli inizia a considerare “il cuore” delle persone che stava invidiando.

La scoperta sarà chiara ed inequivocabile.

Gli uomini che stava invidiando non erano uomini dal cuore puro. Verso di essi perciò, il Signore non poteva mostrare la sua bontà particolare. Le cose che “sono” per il mondo non “sono” per Dio. Le cose del mondo e le cose di Dio sono separate tra di loro dalla croce. Il Signore permette che i ricchi prosperino e continuino a concentrarsi solo su sé stessi perché poi, nella distretta, si rendano conto che la loro vita è tanto fragile quanto quella dei poveri.

 

Il salmista si rende conto che le persone da lui invidiate non erano altro che gente incatenata all’iniquità. Uomini pieni di orgoglio, di superbia, di arroganza, che hanno la pretesa di ottenere tutto quello che desiderano mediante il denaro. Si sentono padroni del mondo e padroni della loro stessa vita. Vivono come se fossero immortali. Poiché sono ricchi di alterigia, non conoscono il valore dell’umiltà e la sapienza del silenzio. Il loro egoismo fa sì che vivano nella vana consapevolezza di essere le uniche persone che contano veramente qualcosa sulla terra.

 

Questo tipo di persone sono a noi molto vicine. Non sono necessariamente delle persone straricche, ma hanno comunque una vita sociale ed economica al di sopra della media. Il loro vanto li spinge ad un intimo disprezzo verso gli “inferiori”Asaf iniziò a rendersi conto della malvagità delle persone che invidiava.

 

Ci parla ancora di persone perverse, con occhi pieni di adulterio. Queste persone vivono nell’abbondanza e stentano a distinguere l’utile dal dilettevole. Non riescono a discernere le priorità, le cose veramente essenziali e necessarie per la sopravvivenza; non comprendono chi fa uso di un po’ di buon senso del risparmio. Vivono nello spreco più totale e si abbandonano alle espressioni più perverse della carne. Non sono persone affidabili con le quali ci si può confidare.

 

Al credente può capitare di desiderare l’oggetto del desiderio che ha spinto queste persone ad essere quelle che sono. Se noi desideriamo e invidiamo le ricchezze altrui, stiamo deviando dalla fede!

 

Quando Paolo scrisse a Timoteo che “l’avidità per il denaro è la radice di tutti i mali, e per averla grandemente desiderato, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati un gran numero di dolori”(1Ti 6:10), non si stava riferendo a persone necessariamente ricche.

Piuttosto faceva riferimento a persone che desideravano grandemente diventare ricche. Questo fu causa della loro rovina. Il credente che non possiede ma che desidera grandemente le ricchezze, è un credente che ha già deviato dalla fede. Egli non ritiene che Dio possa fornirgli il necessario. Ritiene di dover andare oltre a quello che il Signore gli vuole donare.

Quando un credente pretende ricchezze ulteriori a quelle che il Signore gli ha già dato, sta dicendo che Dio non ha fatto abbastanza per lui! Sta disprezzando l’operato e la grazia di Dio. Sta deviando dalla fede. Sta peccando contro Dio e sta servendo la carne.

 

Asaf, ci presenta ancora le persone oggetto della sua invidia come persone ricche di bestemmia; pronte a puntare il dito contro il nostro Dio, a bestemmiare il suo nome. Quante di queste ci circondano oggi!

 

Eppure molte di esse possono essere oggetto della nostra invidia. Queste persone cercano di autoconvincersi che Dio non c’è, che non le vede, che non le sente e che non occorre dare conto a nessuno di quello che fanno.

Satana, lavorando nella loro mente, desidera che la loro coscienza stia in silenzio e che taccia per sempre. Per farlo, deve togliere dalla loro testa l’idea di un Dio santo e giusto, che chiederà conto ad ogni uomo delle proprie scelte e che metterà in luce anche tutto ciò che è nascosto (Eb 4:13; Ec 12:14).

 

Eppure essi prosperano. Che dilemma! È paradossale, ma è la verità. Ma perché? Premettiamo che il mondo nel quale essi prosperano è immerso nel peccato e giace nel maligno (1Gv 5:19). Non c’è da stupirsi che gli uomini del mondo si sentano a loro agio nel posto in cui vivono e che in esso ricerchino il successo.

 

Così come questo sistema mondano è soggetto a temporaneità, anche le ricchezze materiali degli uomini sono di breve durata. Questi uomini intrappolati e torturati nelle mani dell’astuto “serpente antico” mi ricordano una vecchia storia che vi racconto in breve:

 

“Un credente Irlandese, incontrò un ragazzino che aveva catturato un passerotto. Il povero uccellino tremava e cercava disperatamente di scappare. Quel credente pregò il ragazzo di lasciarlo volar via, perché l’uccellino non gli sarebbe servito a nulla; ma il ragazzo rifiutò dicendo che gli erano occorse tre ore per poterlo catturare. Il credente cercava di persuadere il ragazzino, ma invano. Finalmente si offerse di comprare l’uccello: il ragazzo accettò e il prezzo convenuto fu pagato. Allora quel credente prese il piccolo volatile mezzo morto di paura e lo tenne sulla mano aperta: il ragazzo l’aveva tenuto stretto stretto, perché era più forte (proprio come Satana fa con l’umanità incredula). Il passerotto rimase lì parecchio tempo, immobile, non accorgendosi che era libero; ma ad un tratto volò via cinguettando, come se volesse ringraziare il credente per averlo riscattato”.

 

La redenzione è il ricomprare per mettere in libertà.

Siamo stati liberati da quel sistema satanico e peccaminoso che con estrema astuzia ci teneva imprigionati nelle sue passioni. Siamo liberi!

 

Invidiare gli uomini del mondo è come rimpiangere le vecchie catene dalle quali siamo stati sciolti. È come rimpiangere gli orrori che caratterizzavano una vita dissoluta e lontana dal nostro Salvatore. È un affronto all’opera redentrice di Dio.

Quando Israele camminava nel deserto ed iniziò a rimpiangere i cibi di cui si nutriva nel paese d’Egitto, dimenticava che il suo soggiorno fra gli Egizi era dovuto al suo stato di schiavitù. Non apprezzavano la liberazione ricevuta ma rimpiangevano i cibi che erano nel paese del Faraone.

 

Ma questo stava avvenendo anche ad Asaf, e ahimè, può avvenire anche al credente di oggi. Un credente che invidia e sente la nostalgia delle passioni e abitudini mondane, dimentica che una volta ne era schiavo e che in Cristo Gesù ne è stato liberato.

 

 

Invano ci si affatica per il Signore? (vv. 13-15)

 

A questo punto, il salmista si pone degli interrogativi che saranno determinanti per le sue conclusioni. Egli mette in conto la possibilità che tutto il suo desiderio di ubbidire e seguire il Signore non sia servito proprio a nulla.

Asaf, probabilmente si aspettava che Dio lo avrebbe fatto prosperare molto di più dei malvagi, in modo che tutti avrebbero potuto vedere il vantaggio che si trovava nel seguire il Signore piuttosto che la propria concupiscenza. Ma l’Eterno aveva forse deluso le sue aspettative? Non stava forse preparando qualcosa di più grande per lui?

 

Per Asaf era giunto il momento di prendere una ferma posizione:

• o rinnegare il Signore e cercare di condurre la sua vita nelle passioni dei ricchi e potenti di questo mondo,

• o stare saldo nelle mani dell’Eterno per scoprire cosa egli aveva in serbo per lui.

 

Ricordiamoci che spesso il Signore tarda a darci vittoria perché, quando il nemico sarà giunto al culmine della sua gloria, la sua sconfitta sarà ancora più grande. Da questa sconfitta, l’Eterno ne trarrà una gloria più grande.

Vi sono sicuramente dei credenti che hanno affrontato momenti di buio profondo nei quali hanno pensato di immischiarsi nel mondo del quale non facevano più parte.

Credenti che hanno reputato “tempo perso” il servizio che hanno reso al Signore nella chiesa locale di appartenenza.

Ma, quando hanno considerato l’amore di Dio e la grandezza delle sue promesse, hanno desistito e si sono proposti di fermarsi.

 

È questo che ci chiede il Signore: “Fermatevi e considerate!”. Se spesso la nostra fede vacilla è perché non ci fermiamo a considerare. Asaf si fermò a considerare attentamente la propria condizione e le promesse di Dio.

Solo allora percepì una voce nel cuore che diceva: “Per te ho progetti migliori!”.

Allora capì che tutto quello che aveva fatto non era stato vano ma costituiva piuttosto un solido bagaglio per l’eternità.

 

 

Fermarsi per riflettere sulla fine dei malvagi (vv. 16-20)

 

Per poter smettere di invidiare la prosperità dei malvagi, Asaf non poté che andare nel “santuario di Dio” e vedere la fine ultima di questi.

Quando noi credenti parliamo di “santuario” intendiamo il luogo nel quale possiamo avere comunione con Dio, adorarlo, lodarlo e parlare con lui liberamente dinanzi alla sua gloria.

Il libero accesso a questo santuario ci è reso in virtù sangue del Signore Gesù Cristo (Eb 10:19). Perciò, se vogliamo essere liberati dall’invidia verso i ricchi potenti, non dobbiamo fare altro che considerare la grazia di Dio e i privilegi ottenuti in virtù del sangue di Cristo.

 

Coloro che rifiutano il Signore, vivendo solo per sé stessi, sono persone prive di questi privilegi e destinate ad una fine tutt’altro che piacevole. Sono destinati a morire come i più miserabili di questo mondo. Quando si considera la grazia di Dio e il suo amore in Cristo Gesù, non possiamo dimenticare il dono della vita eterna che abbiamo ricevuto e le grandi promesse che ci ha fatto. Il non credente è escluso da queste promesse, almeno finché non si getterà ai piedi dell’Eterno per invocare il perdono dei suoi peccati e per arrendersi a Cristo.

Se noi siamo divenuti eredi del regno che Dio ha promesso a coloro che lo amano (Gm 2:5), i non credenti sono attesi da una drammatica eredità: un’eternità di tormento e rimpianti (Ap 21:8).

 

Smetteremo di invidiare i ricchi e le loro ricchezze nel momento in cui ci soffermeremo sulle promesse di cui il Signore ci ha rivestiti. Quando considereremo la loro sorte a differenza della nostra, saremo liberati dall’invidia.

Scopriremo, che in realtà i veri invidiosi dovrebbero essere loro e non noi!

Ci sentiremo inevitabilmente ricchi di ricchezze celesti. Ma questo non deve poi scadere in un sentimento di alterigia e arroganza. Piuttosto deve spingerci a “proclamare le virtù di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua  luce meravigliosa” (cfr. 1P 2:9).

 

Asaf ci presenta ancora la vita dell’uomo come un sogno.

È un’illusione! Non dura!

Il Signore giudicherà l’uomo per la vana apparenza con la quale avrà vissuto durante il suo breve sogno. Le ricchezze possono svanire da un momento all’altro.

Una persona che qui sulla terra, non ha nulla da perdere poiché ha riposto il proprio tesoro negli “appartamenti celesti”, potrà stare al riparo dagli attacchi dei ladri, della tignola e della ruggine (cfr. Mt 6:19); potrà sentirsi sempre ricca, poiché la parte migliore che ha scelto non le sarà tolta.

 

 

Un’esperienza drammatica (vv. 21-22)

 

Asaf esce così da un’esperienza drammatica e ci informa del suo stato interiore durante quegli istanti di angoscia. Così facendo, desidera risparmiarci una triste esperienza.

Ci parla di un cuore inacerbito, aspro, esasperato.

Un cuore sofferente che non riusciva a darsi pace.

Un cuore confuso e ingannato dall’astuto satana.

Era trafitto, e la sua profonda ferita solo il Signore fu in grado di sanarla.

Asaf riconosce di essere stato insensato perché non aveva considerato le ricchezze che possedeva, e perché per un attimo si era messo ad invidiare gente che non temeva l’Eterno.

Asaf riconosce di essere stato attratto dai piaceri carnali degli uomini. Una persona sottomessa alle passioni della carne e propensa a soddisfarle immediatamente non è tanto diversa da una bestia.

Infatti è proprio così che Asaf si definisce: “Io ero di fronte a te come una bestia”.

 Era un uomo che si era lasciato sedurre dal materialismo.

 

Tra le righe di questi due versi Asaf ci invita a non ripetere la stessa esperienza da lui vissuta. Vogliamo soffrire come Asaf?

Allora non dobbiamo fare né più né meno che invidiare i ricchi e le ricchezze del mondo.

Ma sono convinto che, da figli di Dio, arrivare a  sentirsi “come una bestia” davanti al Signore non dev’essere una bella esperienza!

 

 

Luce in fondo al tunnel (vv. 23-24)

 

Ora che Asaf ha compreso la gravità del suo peccato e si è ravveduto, è tornato a vedere. Ciò che vede è una luce in fondo al tunnel.

Vede una gloria che si avvicina e verso la quale è accompagnato per mano dal Signore.

Non si sente solo e lontano da Dio a differenza dei ricchi e potenti malvagi.

Sente la presenza costante del Signore.

 

Asaf ora è pronto a lasciarsi guidare solo dal consiglio di Dio.

In questo nostro tunnel chiamato “vita terrena” il Signore vuole condurci secondo il suo consiglio affinché evitiamo tristi esperienze come quelle di Asaf.

La luce infondo al tunnel si avvicina.

La nostra guida è la Parola di Dio.

Questa Parola “è una lampada al nostro piede” (Sl 119:105).

 

In questo tunnel alla fine del quale si prospetta la gloria eterna, siamo chiamati a vivere secondo il consiglio dell’Eterno. Il salmista è tornato a vedere la luce, ma prima di tutto ha dovuto riconoscere che senza il consiglio di Dio, l’uomo non è che una bestia schiavo della propria la carne.

Egli ha dovuto riconoscere che senza l’aiuto e la presenza dell’Eterno, la sua vita sarebbe stato un fallimento totale.

Siamo pronti a riconoscerlo anche noi?

 

Se vogliamo vivere una vita approvata da Dio, dobbiamo tenere ferma la nostra beata speranza e prepararci ad incontrarlo (Tt 2:11-14; Ro 5:2). Dobbiamo fissare la gloriosa luce che c’è infondo al tunnelsenza deviare a destra e a sinistra, ma restare completamente fedeli alla sua Parola e alle sue promesse. 

 

 

Scegliere la parte migliore che non sarà mai tolta (vv. 25-28)

 

Ora Asaf è giunto alla convinzione che non ci sia ricchezza paragonabile all’Eterno.

Egli sceglie la parte migliore: il Signore stesso è la sua parte!

Non sente più il bisogno di invidiare alcuno. Ora si sente l’uomo più ricco e soddisfatto che esista sulla terra.

Per questo canta:

 

“Chi ho in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te!”.

 

Egli non aveva nulla da perdere sulla terra poiché ciò che di più importante aveva in terra lo possedeva anche in cielo. L’Eterno era l’unica realtà che egli desiderava al di sopra d’ogni cosa.

 

Mi chiedo se per noi oggi è lo stesso! Un cristiano normale che ha fatto di Gesù il suo “tutto” dovrebbe sentirsi l’uomo più ricco e soddisfatto che esista sulla terra. Il segreto della felicità è proprio questo.

Molti credenti potrebbero servire il Signore in un modo meraviglioso e potente. Ma non possono farlo finché non giungeranno a dire con tutto il cuore: “Oh, mio Signore, sulla terra non desidero che te!”.

 

Se i desideri e le intenzioni carnali di un credente non sono sottoposti alla croce ogni giorno, egli non potrà mai progredire spiritualmente. Se non è disposto a rinunciare a tutto per prendere la propria croce e seguire Cristo, non potrà mai servire in modo degno il Signore.

 

In credente che aspira alle ricchezze del mondo e invidia i non credenti sceglie ogni giorno la parte peggiore.

Il credente che porta alla croce i propri desideri carnali per seguire il Signore, ha scelto la parte migliore. Il suo servizio inizierà a cambiare.

Tutto il suo essere sarà pregno della vita di Cristo.

Inonderà la chiesa di un profumo soave.

Questo tipo di credente ha fatto del Signore il proprio “tutto” senza ripensamenti. È disposto a rinunciare a qualsiasi cosa pur di fare la volontà del Signore.

Egli si ripone “nella mano destra di Dio” senza riserve, senza cercare scuse e afferma con piena certezza che“Dio è la  rocca del mio cuore e la mia parte di eredità, in eterno”.

 

Un credente di questo tipo sperimenta quotidianamente la gioia di servire il Signore.

Non ha una conoscenza solo intellettuale del Signore.

Egli conosce e tocca il Signore Gesù col suo spirito, e la vita stessa di Cristo si riproduce nella propria vita.

Non sente la necessità di trovare gioia nelle cose in cui la cerca il mondo, perché il Signore riempie di gioia la sua vita anche in mezzo a tante battaglie quotidiane.

È questo il credente di cui la chiesa di oggi ha bisogno!

 

“Ma quanto a me, il mio bene è stare unito a DIO; io ho fatto del Signore, Dio, il mio rifugio, per raccontare, o Dio, tutte le opere tue” (Sl  73:28).

 

Asaf non può che chiudere in bellezza l’esperienza della sua vita.

Certo, questa sua conclusione non lo escluderà da future battaglie. Ma egli ne ha per certo vinta una.

Perché?

Perché ha scelto la parte migliore.

 

Il Signore ci richiede di ritenere fermamente il bene, ed il nostro bene è stare uniti a lui nel nostro cammino di vita cristiana.

Egli è il nostro rifugio, la nostra forza.

Solo se faremo del Signore il nostro Tesoro prezioso e ci lasceremo guidare dal suo Spirito potremo raccontare con gioia tutte le sue opere. Allora lo Spirito Santo farà sgorgare in noi il profumo soave della conoscenza di Cristo che inebrierà i nostri fratelli e i non credenti che conosciamo.

 

Se rinunceremo a noi stessi, per fare del Signore la nostra unica ricchezza, e se inizieremo a vedere il mondo presente assieme alle sue concupiscenze attraverso la croce, non solo le nostre scelte e i nostri desideri cambieranno radicalmente, ma sceglieremo la parte migliore che non ci sarà tolta.