Lungo la strada che da casa mia porta a scuola e che percorro ogni giorno di buon mattino, è apparsa il mese scorso, come da sempre in circostanze analoghe, una lunga fila di cartelloni cosidetti “elettorali”. Il mio piccolo Samuele col suo zainetto sulle spalle passava da dietro e cercava ogni tanto di farmi “paura” battendo le mani sulla lamiera dei cartelloni che, per la verità fanno davvero un bel rumore. Io, passando davanti, ero “costretto” a dare almeno una sbirciata ai tanti manifesti affissi. Ho da tempo ormai i capelli grigi e ricordo bene come tanti anni fa, in occasione di campagne elettorali, i manifesti contenessero soltanto il simbolo del partito ed un’indicazione, a volte sommaria a volte più estesa, del programma che il partito intendeva realizzare. Mi ha colpito vedere che oggi sui manifesti, nella quasi totalità, non campeggia più soltanto il simbolo del partito, ma anche il nome del suo uomo-immagine. Tutti contagiati dalla strategia pubblicitaria di chi da tempo fa ormai le cose soltanto “ad personam”, cioè per imporre la propria immagine e curare bene i propri interessi personali. Le idee, i valori, i programmi ormai hanno un valore relativo. Così relativo che, ad esempio, scopriamo che fra i leaders dei partiti che più sostengono e foraggiano con compiacente servilismo la chiesa cattolica dicendosi fortemente attaccati ai valori del cattolicesimo, pochissimi, forse nessuno, sarebbe ammesso a “prendere la comunione” a causa della loro disordinata situazione matrimoniale e familiare, del loro stile di vita libertino, della loro gestualità e del loro linguaggio osceni e volgari. Su questa situazione, a dir tutta la verità, la chiesa cattolica chiude un occhio ed anche due pur di conservare la propria egemonia politica e soprattutto economica.
Quindi, dal momento che è meglio sorvolare sui valori, si propone la propria immagine, che dev’essere attraente, simpatica, accattivante, giovanile (con tutti i restauri-ritocchi che ben conosciamo).
Questa deriva verso una sempre più marcata personalizzazione della vita politica e sociale è il segno dell’inarrestabile affermarsi di una situazione di degrado spirituale e morale. I principi, i valori non contano più o, almeno, contano molto relativamente. Quando Paolo annunciò profeticamente l’avvento del personalismo più drammatico che la storia dell’uomo conoscerà, quello dell’anticristo, non fece alcun riferimento ad un’attrattiva esercitata sugli uomini attraverso i valori, ma solo ad un’imposizione mediatica della sua persona: l’anticristo si imporrà, “mostrando sé stesso e proclamandosi Dio” (2Te 2:4), cioè presentandosi come il migliore di tutti, quello di cui la gente non può fare a meno, come “l’uomo della provvidenza” fino a far credere di essere lui stesso la provvidenza. Non sono forse tutti i personalismi emersi nel corso della storia passata, ma anche, come detto, in quella recente e attuale, un’anticipazione o un embrione di quel drammatico personalismo? “Lo spirito dell’anticristo…deve venire; e ora è già nel mondo” scriveva Giovanni duemila anni fa (1Gv 4:3) per ricordarci quale è la realtà nella quale siamo chiamati a vivere la nostra presenza di testimoni. E qui c’è una lezione profonda per noi.
Come figli di Dio noi siamo chiamati a “rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità” (Ef 4:24). Mentre gli uomini propongono e impongono la loro stessa immagine, la nostra vocazione è invece quella di mostrare la radicale novità che si è prodotta nella nostra vita, per l’azione e la presenza di Dio, che ha trasformato la nostra immagine naturale donandoci la grazia di vivere in modo giusto e santo, fondato sulla verità. “Contemplando come in uno specchio la gloria del Signore (ogni giorno attraverso la comunione con lui e attraverso l’ascolto della sua Parola!), siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito” (2Co 3:18). Proporre agli uomini la nostra immagine naturale non sarebbe loro di alcun aiuto. È l’immagine di Cristo che essi hanno bisogno di vedere. Per molti non sarà un’immagine attraente, ma non abbiamo altra vocazione che quella di essere “conformi all’immagine del Figlio suo” (Ro 8:29).