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L’attualità della crisi

 

“Crisi” è uno dei termini più menzionato negli ultimi tempi.

È crisi per l’economia e per la finanza mondiali e, di conseguenza, è crisi per i lavoratori, i risparmiatori, le famiglie. Anche tra la gente comune diventano significative parole che prima erano familiari, essenzialmente, ai soli addetti ai lavori, come per esempio: recessione, deflazione, crisi dei mutui, tassi di sconto, borsa, azioni, obbligazioni.

La crisi ha portato conseguenze molto concrete e dolorose; non solo ha infranto i sogni di chi voleva qualcosa di più per il domani, ma ha tolto, in certi casi, l’essenziale a chi ne era in possesso.

C’è chi non riesce più a pagare le rate del mutuo, chi non si vede rinnovare il contratto di lavoro a termine, chi è sostenuto temporaneamente dalla cassa integrazione, chi viene licenziato. Ci sono le difficoltà di chi deve gestire un’attività in proprio e fa i conti da un lato, con la concorrenza sfrenata e dall’altro con il crollo della domanda.

Chiaramente le situazioni descritte non riguardano tutto e tutti, però sono sufficientemente numerose e gravi da diffondere in tutta la società un generale clima di sfiducia, di delusione e di paura.

 

“Paura”: un’altra parola che si sente sempre di più, e che si cerca di combattere al fine di non alimentare ulteriormente la crisi economica, con rassicurazioni sulla portata non troppo grave della flessione e sulle misure prese dai governi in modo opportuno.

Eppure, anche senza la crisi, si è fatto strada negli ultimi decenni un senso di tensione e di paura per l’avvenire.

L’instabilità economica e politica, unita ad altri problemi quali l’esaurimento delle materie prime, le condizioni di clima e ambiente, l’applicazione delle scoperte scientifiche, l’instabilità politica generano ansia nelle persone.

Si è passati da una visione fiduciosa nei confronti del domani ad una visione piuttosto pessimista, in cui i rischi delle iniziative da prendere sembrano più grandi dei benefici che se ne trarrebbero. Paradossalmente, nonostante il progresso abbia fatto passi avanti, c’è una tacita consapevolezza che questo non offra all’uomo sufficienti garanzie per la sua sicurezza e la sua felicità. Al contrario, sembra che risulti piuttosto preoccupante ciò che l’uomo dimostra di essere in grado di fare. Tutto questo non rallegra, ma la Parola di Dio, la Bibbia, ci dà indicazioni sufficienti ed efficaci per non rimanere preda di queste difficoltà.

 

 

I limiti delle ricchezze

 

Chiediamoci: c’è nella Scrittura una parola che risponda proprio a questi problemi di stringente attualità, in modo che possiamo avere conforto e trovare indicazioni esplicite della volontà di Dio per noi?

Il titolo di queste riflessioni nasce dalle seguenti parole rivolte dall’apostolo Paolo a Timoteo:

 

“Ai ricchi di questo mondo ordina di non essere d’animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezzema in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di far del bene, d’arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l’avvenire, per ottenere la vera vita” (1Ti 6:17-19).

 

Forse non ci riteniamo ricchi e pensiamo che queste parole non siano per noi. Ma se ci confrontiamo con la maggioranza degli abitanti del nostro pianeta, forse tutti noi che leggiamo dovremmo considerarci ricchi. Abbiamo del denaro, proprietà, comodità e possibilità di ogni genere.

 

Un primo limite delle ricchezze, evidenziato dalla Scrittura, è l’incertezza.

Confidare nelle ricchezze possedute è un’illusione. Se abbiamo delle ricchezze e viviamo nel benessere non dobbiamo fissare la nostra attenzione sulle cose, credendo di poter vivere una vita tranquilla grazie ad esse. È Dio “che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo”! Se la nostra speranza è in Dio, potranno anche venire a mancare le ricchezze ma il Donatore resterà sempre e le nostre speranze non andranno mai deluse.

Quando si confida nelle ricchezze si diventa anche “d’animo orgoglioso”: non si sente più il bisogno degli altri e non si apprezzano le cose nel modo dovuto.

Quale tragedia risulta allora perdere quello che si possiede!

Ma perché le ricchezze sono legate ad incertezza?

Perché sono dipendenti da un grande numero di fattori variabili. Non c’è alcuna garanzia che esse durino nel tempo. Soprattutto, non c’è alcuna garanzia che esse determinino una vita di assoluto benessere e felicità a chi le possiede.

“Chi confida nelle sue ricchezze cadrà, ma i giusti rinverdiranno come fogliame” (Pr 11:28).

 

E non soltanto incertezza, ma anche inganno.

Nella parabola del seminatore, viene spiegato così il significato del terzo terreno in cui cade il seme sparso dal seminatore:

 

“Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l’inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa” (Mt 13:22).

 

L’inganno sta nel fatto che, avendo le ricchezze, si pensa di aver sistemato definitivamente la propria vita. La sete per i beni spirituali è coperta dalla sensazione di star bene così, come se le ricchezze materiali potessero colmare i bisogni interiori. La Parola di Dio, accolta in un simile cuore, non arriva a produrre frutto. Così non è troppo strano se si vedono più conversioni a Cristo proprio dove c’è ristrettezza e povertà.

Dio non favorisce né i poveri né i ricchi in quanto tali, ma questi ultimi hanno un ostacolo in più da affrontare per andare a lui! Dopo l’incontro con il giovane ricco, ci fu una chiara lezione che il Signore impartì ai suoi discepoli.

 

“Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile per quelli che confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio! È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio»” (Mr 10:23-25).

 

I discepoli erano stupiti dalle parole del Signore, che all’apparenza sembravano avvantaggiare alcuni su altri in base ai beni posseduti. Ma il Signore Gesù stava semplicemente sottolineando quale grande difficoltà devono affrontare i ricchi per avvicinarsi a lui. Come per il giovane ricco, chi è legato alle ricchezze fa fatica a distaccarsene. Ma il Signore lo richiede: mettere lui e le sue richieste prima di qualsiasi altra cosa!

Il Salmo 49 è un altro prezioso testo che insegna al riguardo. Sembra che il suo autore scriva prendendo spunto dall’esperienza personale nella quale il Signore gli aveva fatto capire con quale atteggiamento guardare ai suoi avversari che prosperavano.

 

“Perché temere nei giorni funesti, quando mi circonda la malvagità dei miei avversari? Essi hanno fiducia nei loro beni e si vantano della loro grande ricchezza, ma nessun uomo può riscattare il fratello, né pagare a Dio il prezzo del suo riscatto. Il riscatto dell’anima sua è troppo alto, e il denaro sarà sempre insufficiente, perché essa viva in eterno ed eviti di veder la tomba. Infatti la vedrà: i sapienti muoiono; lo stolto e l’ignoranteperiscono tutti e lasciano ad altri le loro ricchezze. Pensano che le loro case dureranno per sempre e che le loro abitazioni siano eterne: perciò danno i loro nomi alle terre. Ma anche tenuto in grande onore, l’uomo non dura; egli è simile alle bestie che periscono. Questo loro modo di comportarsi è follia; eppure i loro successori approvano i loro discorsi.

Son cacciati come pecore nel soggiorno dei morti; la morte è il loro pastore; e al mattino gli uomini retti li calpestano. La loro gloria deve consumarsi nel soggiorno dei morti, e non avrà altra dimora. Ma Dio riscatterà l’anima mia dal soggiorno dei morti, perché mi prenderà con sé.Non temere se uno s’arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa. Perché, quando morrà, non porterà nulla con sé; la sua gloria non scenderà con lui” (Sl 49:5-17).

 

Vedere la prosperità dei malvagi lascia perplessi (vedi anche l’esperienza di Asaf descritta nel Salmo 73), perché sembra che la giustizia di Dio sia assente o impotente.

Ma davanti a questo, il salmista trova una risposta nella saggezza di Dio. Prima di tutto, nel constatare che con le ricchezze materiali non si può pagare il riscatto dell’anima. Ne consegue che nessuno, neppure il ricco sfugge alla realtà della morte.

Con il denaro si può ottenere molto, ma, ricordiamolo, non si può ottenere tutto. Per questo è anche scritto che “le ricchezze non servono a nulla nel giorno dell’ira, ma la giustizia salva dalla morte”

(Pr 11:4).

Poi, proprio perché c’è la morte, il ricco deve, prima o poi, distaccarsi dalle sue ricchezze, e non porterà nulla con sé nell’aldilà.

Chi pianifica la propria vita senza tenere conto di questi principi, può essere soltanto definito uno “stolto”, come il ricco della parabola contenuta in Luca 12:16-21.

 

 

“Crisi” solo economica?

 

Vi è altresì nella Scrittura una ferma parola di giudizio per le ricchezze acquistate in modo ingiusto, a danno dei più deboli.

 

“A voi ora, o ricchi! Piangete e urlate per le calamità che stanno per venirvi addosso! Le vostre ricchezze sono marcite e le vostre vesti sono tarlate. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori negli ultimi giorni. Ecco, il salario da voi frodato ai lavoratori che hanno mietuto i vostri campi, grida; e le grida di quelli che hanno mietuto sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti. Sulla terra siete vissuti sfarzosamente e nelle baldorie sfrenate; avete impinguato i vostri cuori in tempo di strage. Avete condannato, avete ucciso il giusto. Egli non vi oppone resistenza” (Gm 5:1-6).

 

Il Signore giudica e condanna severamente il comportamento di chi si è arricchito a danno degli altri. Oggi si parla di uomini che, pur conoscendo i rischi della finanza ed il probabile verificarsi di un tracollo che avrebbe danneggiato i piccoli risparmiatori, hanno pensato soltanto a loro stessi ed ai loro guadagni. Che dire, ancora, di chi sfrutta manodopera a basso costo in paesi poveri o in via di sviluppo senza badare al rispetto di diritti umani in quelle nazioni? Che dire di tutti i profitti ottenuti slealmente, dei soprusi, della corruzione?

Dio vede e giudica, non lo dimentichiamo!

“I tesori di empietà non fruttano, ma la giustizia libera dalla morte” (Pr 10:2).

“La ricchezza male acquistata va diminuendo, ma chi accumula a poco a poco, l’aumenta” (Pr 13:11).

 

Le vicende attuali di crisi economica devono farci riflettere non soltanto sulle cose, ma prima di tutto sulle persone.

 

“Or sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio, aventi l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza. Anche da costoro allontanati!” (2Ti 3:1-5).

 

Parlando degli ultimi giorni, l’apostolo Paolo scrive che sarebbero stati giorni difficili, e questo non per i problemi causati dai fattori indipendenti dall’uomo, ma proprio a causa dei comportamenti degli uomini, a causa della loro malvagità. In altre parole, la crisi più grave e profonda denunciata dalla Scrittura, non è quella economica ma è la crisi dei valori, la quale rende sempre più difficile la vita nonostante il progresso ed il benessere!

“Egoisti, amanti del denaro… superbi… ingrati… sleali… spietati… traditori, sconsiderati, orgogliosi…”: non sono forse comportamenti continuamente sotto i nostri occhi? Il momento di crisi che viviamo fa emergere con ancora più chiarezza queste caratteristiche morali nella generazione in cui viviamo, da chi occupa i posti di maggiore privilegio e responsabilità sino a chi si ritrova, in qualche misura, vittima di questo sistema.

La nostra reazione di fronte alla privazione di un bene, evidenzia quanto tenevamo ad esso.

“Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Mt 6:21).

Il cuore di tanti è vicino al proprio conto in banca, all’investimento in borsa, alla casa di proprietà, all’eredità che si prepara a ricevere. Ma questi sono tesori che non rassicurano, anzi, ingannano e presto o tardi passeranno.

Per questo il Signore Gesù parlava così:

“Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano” (Mt 6:19-20).

E ancora, ci esorta così la Parola:

“Non ti affannare per diventar ricco, smetti dall’applicarvi la tua intelligenza. Vuoi fissare lo sguardo su ciò che scompare? Poiché la ricchezza si fa delle ali, come l’aquila che vola verso il cielo” (Pr 23:4-5).

 

Non lasciamoci allora abbagliare dalle ricchezze terrene, ma fissiamo le nostre ambizioni più profonde nelle ricchezze del cielo, quelle che Dio ci offre generosamente per colmare ogni bisogno della nostra anima.