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 Promesse e condizioni

 

“Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi, che non si ferma nella via dei peccatori; né si siede in compagnia degli schernitori; ma il cui diletto è nella legge del Signore, e su quella legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato vicino a ruscelli, il quale dà il suo frutto nella sua stagione, e il cui fogliame non appassisce; e tutto quello che fa, prospererà” (Sl 1:1-3).

 

Un albero ben alimentato, grazie ai freschi ruscelli che scorrono nelle vicinanze, un albero che non manca di portare frutto nella stagione giusta, con foglie rigogliose e verdeggianti. È la rappresentazione figurata di un uomo che tiene conto degli insegnamenti di Dio contenuti in questo salmo.

Un uomo, ancora, che vede prosperare tutte le attività a cui si dedica.

Chi di noi non vorrebbe si dicesse così della sua vita?

Il v. 3 è una meravigliosa promessa di Dio che, come spesso accade per le promesse contenute nella Bibbia, si realizza a precise condizioni.

Le condizioni sono quelle dei vv. 1-2; si tratta di tre cose da non fare e una in positivo da fare.

È infatti beato, cioè felice, l’uomo:

 

• che non cammina secondo il consiglio degli empi;

• che non si ferma nella via dei peccatori;

• che non si siede in compagnia degli schernitori;

• il cui diletto è nella legge del Signore.

 

Vogliamo vedere attuate le promesse di benedizione per la nostra vita contenute nel v. 3? Semplice: dobbiamo mettere in pratica ciò che soddisfa le condizioni stabilite da Dio.

 

 

Dal Salmo 1 alla vita di Lot

 

La Scrittura si rivela sempre piena di collegamenti, conferme, figure ed esempi dei principi che in essa sono enunciati. Ho trovato nellavita di Lot, riportata nel libro della Genesi, una esemplificazione di quanto è scritto nei primi versetti del Salmo 1.

Per questo cerchiamo ora di vedere le corrispondenze tra questi due diversi testi biblici. Sarà però un parallelo in negativo: vedremo infatti che Lot non fu “beato” proprio perché non adempì le condizioni poste da Dio per esserlo. Anzitutto: chi era Lot?

Dobbiamo percorrere il racconto della vita di Abramo per scoprirlo, sin dalla chiamata di Abramo ad uscire da Caran verso la terra promessa.

 

“Abramo partì, come il Signore gli aveva detto, e Lot andò con lui. Abramo aveva settantacinque anni quando partì da Caran. Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che possedevano e le persone che avevano acquistate in Caran, e partirono verso il paese di Canaan” (Ge 12:4-5).

 

Lot era nipote di Abramo, e con lui giunge in Canaan. Ma la sua prima decisione significativa la vediamo nel momento in cui occorre metter fine alla lite scoppiata tra i pastori del bestiame di Abramo ed i suoi.

 

“Scoppiò una lite fra i pastori del bestiame d’Abramo e i pastori del bestiame di Lot. I Cananei e i Ferezei abitavano a quel tempo nel paese. Allora Abramo disse a Lot: «Ti prego, sepàrati da me! Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra»” (Ge 13:8-9).

 

Abramo pensa sia il momento di separarsi e invita Lot a scegliere dove stanziarsi. Abramo si sarebbe diretto, di conseguenza, dalla parte opposta a quella scelta dal nipote.

 

 

“Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi”

 

“Lot alzò gli occhi e vide l’intera pianura del Giordano. Prima che il Signore avesse distrutto Sodoma e Gomorra, essa era tutta irrigata fino a Soar, come il giardino del Signore, come il paese d’Egitto. Lot scelse per sé tutta la pianura del Giordano e partì andando verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro. Abramo si stabilì nel paese di Canaan, Lot abitò nelle città della pianura e andò piantando le sue tende fino a Sodoma. Gli abitanti di Sodoma erano perversi e grandi peccatori contro il Signore” (Ge 13:10-13).

 

Lot sceglie la pianura del Giordano, una pianura tanto fertile da essere paragonata addirittura al giardino d’Eden. La differenza è che Adamo ed Eva vivevano in Eden senza peccato, mentre la pianura del Giordano, in cui erano sorte città come Sodoma e Gomorra, era abitata da “perversi e grandi peccatori contro il Signore”.

 

Lot sceglie in base alla convenienza, la comodità, l’aspetto materiale.

Vivere in una pianura era senz’altro più agevole che vivere in luoghi rocciosi, la pianura poteva offrire abbondante nutrimento e acqua per il bestiame e per le persone. Fin qui, potrebbe sorgere spontaneo dire: “E che male c’era a scegliere la pianura?”

Lot però, aveva sottovalutato le ripercussioni morali della sua scelta, che implicava la vicinanza con i Sodomiti. “Sodomia” – non dimentichiamolo – è un termine utilizzato anche ai nostri giorni per indicare comportamenti omosessuali, peccato duramente condannato dal Signore (Le 18:22, 20:13; Ro 1:26-27). Era costume comune dei Sodomiti comportarsi da “sodomiti”.

Lot “andò piantando le sue tende fino a Sodoma”: questo è il cammino “secondo il consiglio degli empi”.

Si potrebbe osservare che Lot non si consigliò con alcuno per prendere la sua decisione. Già, ma non illudiamoci: il consiglio degli empi si fa sentire prima di tutto dentro di noi. Quando facciamo prevalere i nostri interessi egoistici, quando ascoltiamo la voce ingannatrice del nostro cuore, quando vediamo grande l’aspetto materiale nelle scelte da prendere e piccolo quello morale-spirituale… allora stiamo compiendo una scelta da empi. Figuriamoci se poi chiediamo consiglio alle persone sbagliate!

A chi chiediamo consiglio quando ci troviamo di fronte ad un bivio della nostra vita?

Lo chiediamo a credenti spirituali, che amano il Signore?

Facciamo attenzione anche a tutti i consigli che riceviamo pur non avendoli richiesti! Si tratta degli impulsi che ci trasmettono la televisione, i giornali, la radio, le riviste, le canzoni. Spesso siamo tempestati, talvolta senza poterlo evitare, di sollecitazioni a fare il male e disprezzare ciò che è giusto. Più che mai è necessario, per questo, essere “trasformati mediante il rinnovamento della vostra (nostra)mente” (Ro 12:2), che deve nutrirsi, insieme al nostro cuore, della Parola di Dio.

Ma non dimentichiamolo: quando facciamo prevalere l’interesse materiale su quello morale-spirituale nelle nostre scelte, ci stiamo avviando verso il declino.

 

 

“Beato l’uomo…che non si ferma nella via dei peccatori”

 

Nel capitolo 14 di Genesi troviamo il resoconto di guerre in cui furono coinvolti anche i re di Sodoma e di Gomorra, i quali morirono mentre fuggivano dai nemici. Il racconto continua così:

“I vincitori presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, tutti i loro viveri e se ne andarono. Andandosene presero anche Lot, figlio del fratello di Abramo, con i suoi beni: Lot abitava infatti a Sodoma” (Ge 14:11-12).

Avevamo lasciato Lot che stava avvicinando le sue tende a Sodoma. Ma ora lo troviamo stabilmente residente a Sodoma. I capitoli successivi ci informeranno con molta chiarezza sul fatto che Lot aveva una casa a Sodoma, del resto una città non è fatta per continuare a vivere in tende. In sostanza, Lot aveva cessato di essere un pellegrino. Evidentemente non aveva una fede forte quanto Abramo, il quale“per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio” (Eb 11:9-10).

Lot si è fermato nella via, nella città dei peccatori. Da camminare a fermarsi c’è un progresso negativo verso l’inoperosità. Tutto questo parla a noi di amore per il mondo e di mancanza di attenzione e attesa per le cose che ci attendono in un futuro non lontano, di disimpegno per l’opera di Dio.

Ci ricordiamo che siamo qui sulla terra “stranieri e pellegrini” (1P 2:11)?

Che anche noi viviamo in una “tenda” (2Co 5:1; 2P 1:13) e che “ la nostra cittadinanza è nei cieli” (Fl 3:20)?

Certo, noi abitiamo necessariamente in paesi e città, ma dovremmo farlo come se qui tutto fosse provvisorio ed estraneo a noi. Spesso percorriamo la “via dei peccatori”, ma quello che dobbiamo fare è non fermarci in essa, non amarla. Se, come Abramo, viviamo in una trepidante attesa della “città futura” (Eb 13:14), qualsiasi attraente Sodoma non ci svierà.

 

A Sodoma, comunque, Lot non viveva felicemente. A dircelo è un testo del Nuovo Testamento.

 

“(Dio)…salvò il giusto Lot che era rattristato dalla condotta dissoluta di quegli uomini scellerati (quel giusto, infatti, per quanto vedeva e udiva, quando abitava tra di loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta a motivo delle loro opere inique)” (2P 2:7-8).

 

Queste parole sembrerebbero mostrare in una luce diversa, più positiva, il nostro personaggio. Ma dobbiamo tenere conto del fatto che Lot era andato a Sodoma non mandato dal Signore, e là vorrà restarci fino all’ultimo. Là, ancora, non vediamo alcun segno di testimonianza, da parte sua, del Dio di Abramo.

Egli provava quindi una motivata tristezza di fronte al peccato perché era un giusto, ma rimaneva in mezzo ai sodomiti perché gli affari ed il successo erano per lui più importanti del resto: erano i giorni in cui “si mangiava, si beveva, si comprava, si vendeva, si piantava, si costruiva” (Lu 17:28).

Quindi, in un certo senso, la sua era una sofferenza che si era cercato. Perciò, è solo un’illusione pensare di essere credenti felici se si ama il mondo. Il giusto può rallegrarsi per davvero solo in Dio.

Di fronte al fatto che il nipote era stato fatto prigioniero, Abramo non poté restare indifferente. Perciò, mediante l’impiego di ben trecentodiciotto servi, adeguatamente armati, “recuperò così tutti i beni e ricondusse pure Lot suo fratello, con i suoi beni, e anche le donne e il popolo” (Ge 14:16).

Mentre Lot è uno sconfitto, Abramo è un vittorioso. Purtroppo però egli deve spendere tempo ed energie per andare a liberare Lot. Questo è emblematico del rapporto che viene a crearsi tra credenti spirituali, che fanno scelte basate sulla fede, e credenti carnali. I primi devono spendere impegno e sacrificio in favore di questi ultimi, costantemente bisognosi di esortazioni ed attenzioni.

 

 

“Beato l’uomo…che non si siede in compagnia degli schernitori”

 

La condizione morale e spirituale di Sodoma era diventata così grave che il Signore decise di distruggerla. L’intercessione di Abramo (Ge 18:22-33) non potè fermare il proposito del Signore, non perché il Signore non ascoltò il suo servo, ma perché i giusti in quella città si contavano davvero sulle dita di una mano. Comunque, il Signore inviò i suoi angeli a trarre in salvo “il giusto Lot” dalla distruzione.

 

“I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andar loro incontro, si prostrò con la faccia a terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite in casa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lavatevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo e continuerete il vostro cammino». Essi gli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli fece loro tanta premura, che andarono da lui ed entrarono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco, fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangiarono” (Ge 19:1-3).

 

Lot era seduto alla porta della città. E non si trattava di un posto qualunque: era, nell’antichità, il luogo dedicato al commercio, all’amministrazione, all’esercizio della giustizia (De 25:7; Ru 4:1-12; Gb 29:7-12). Un luogo di incontro per gli anziani della città e gli uomini ragguardevoli.

Lot quindi, non era un anonimo abitante di Sodoma, ma “uno di quelli che contavano” in città. Lo vediamo “seduto in compagnia degli schernitori”, perché tali si dimostreranno chiaramente gli abitanti della città, i quali, quella stessa sera,circondarono la casa di Lot chiedendo di abusare di quei due uomini che ospitava. “Schernitore” si rivela colui che deride e disprezza chi vuole fare il bene.

Quando Lot cercherà poi di dissuadere i suoi concittadini dai loro riprovevoli propositi, “essi però gli dissero: «Togliti di mezzo!»” E ancora: “«Quest’individuo è venuto qua come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a quelli!»” (Ge 19:9).

Lot è accettato fintanto che non si oppone ai Sodomiti, ma quando si oppone viene disprezzato.

Anche questo costituisce una autorevole lezione per noi: il mondo ci accetta e ci coinvolge solo nel caso in cui lo seguiamo, rispettandone le regole ed i costumi, per lo meno tollerandoli. Ma è una accettazione a senso unico, perché il mondo non si farà mai condizionare da noi. Il nostro normale trattamento da parte del mondo è quello di venire “odiati”, “perseguitati” (Gv 15:18-21), perché in noi dovrebbe vedere Cristo. E se questo non succederà, saremo accolti solo per condividere le cose della terra e disprezzati per il resto, in quanto rappresentanti per nulla credibili di Dio.

Notiamo ancora che quando Lot parlò ai suoi generi della necessità di fuggire perché il Signore stava per distruggere la città, “ai suoi generi parve che volesse scherzare” (Ge 19:14). Lot non era affatto credibile nel parlare di Dio, perché la sua vita era incoerente. E nonostante la distruzione fosse davvero imminente, egli chiese ancora al Signore di potersi rifugiare in una città, anziché andare sui monti, giustificandosi con il ripetere che quella città era piccola (Ge 19:17-22)! Come se il problema fosse la grandezza della città! Siamo di fronte ad un uomo completamente accecato.

Sembra che solo l’effettiva distruzione di Sodoma e Gomorra, con zolfo e fuoco, in cui peraltro sua moglie, voltatasi, diventò una statua di sale, gli dia uno scossone. Perché al v. 30 del capitolo 19 leggiamo che egli “temeva di stare in Soar; e si stabilì in una caverna, egli con le sue due figlie”.

Forse pensava che il Signore avrebbe prima o poi distrutto anche quella piccola città, come fece con Sodoma e Gomorra! Ma anche quest’ultima dimora fu teatro di fatti riprovevoli: Lot si unirà alle sue due figlie dando così origine a due popoli, Moabiti ed Ammoniti, che diedero non pochi problemi in futuro al popolo d’Israele.

Un ulteriore conferma del fatto che le nostre scelte non sono mai innocue, ma lasciano conseguenze anche molto estese nel tempo, per questo non dobbiamo agire con leggerezza.

Una vita vissuta nel modo in cui visse Lot ci porterà a non ricevere ricompensa al “tribunale di Cristo”: saremo salvi, “però come attraverso il fuoco” (1Co 3:15).

 

 

“…ma il cui diletto è nella legge del SIGNORE…”

 

Abramo e Lot vissero diversi secoli prima della rivelazione della legge del Signore al suo popolo. Non avevano il Libro da leggere e meditare. Però un’ulteriore significativa caratteristica li differenziava: Dio parlava con Abramo, ma non troviamo mai che parlò direttamente a Lot, né che questi cercasse la voce di Dio.

È un ulteriore motivo di riflessione, perché non ci può essere una vita spirituale esuberante e benedetta, senza uno stretto legame con la Parola di Dio. E forse dobbiamo riconoscere questa verità anche guardando alle nostre esperienze personali: i momenti di sconfitta, di caduta nel peccato corrispondono ad una scarsa attenzione per la Parola di Dio: scarso ascolto e scarsa applicazione. Con una successiva conseguenza: non eravamo beati, cioè felici. Dobbiamo amare le Scritture e meditarle senza sosta.

Proprio fatti come quelli che abbiamo considerato, in cui Dio interviene con i suoi giudizi, sono spesso oggetto di scherno e incredulità da parte della società in cui viviamo, anche quella che si definisce cristiana, sempre più tollerante e indifferente a qualsiasi comportamento.

Ma ricordiamo che fu Gesù stesso a parlare dei “giorni di Lot” (Lu 17:28) e della distruzione di Sodoma, accreditando ulteriormente il testo della Genesi e rapportando quel periodo ai giorni che anticipano la sua seconda venuta.

Perciò, badiamo a tutta la Scrittura, autorevole e più che mai attuale.

 

Esaminiamo quindi in quale stato ci troviamo.

 

• Stiamo camminando “per le vie del mondo” come “stranieri e pellegrini”, avendo come sola mèta la “città futura”?

 

• Se il Signore tornasse oggi, ci troverebbe fermi o seduti in qualche “Sodoma”?

 

• Se ci siamo fermati, riprendiamo il cammino! Se ci siamo seduti, rialziamoci!

 

Grazie siano rese a Dio, in ogni caso, che ci dà modo di guardarci allo specchio della Parola e di verificare, attraverso il confronto della nostra vita con gli insegnamenti e gli esempi della Scrittura, dove ci troviamo, in vista di vivere “beati” e di essere “come un albero piantato vicino a ruscelli”.