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Una scelta impegnativa

compiuta in giovane età

 

Dall’Archivio Guicciardini, Palazzo sul Lungarno: Lettera del conte Piero Bardi al conte Ferdinando Guicciardini a Parigi:

 

Firenze 23 Luglio 1808: vostra cognata partorì giovedì sera – 21 Luglio – felicemente un figlio maschio ben grosso alle ore 11 e mezzo di sera – e ieri fu battezzato con il nome di Piero…compare è stato un cappuccino. Tanto il padre, e la madre principalmente, è stata molto contenta di avere questo maschio, nonostante che dopo le nuove leggi questo trasporto nei genitori di avere dei figli maschi pare che debba essere diminuito giacché tutte le rendite devono essere divise per egual porzione tra i fratelli tanto maschi che femmine”.

 

Sono passati, dunque, 200 anni dalla nascita di Piero Guicciardini di cui il Signore si è grandemente servito per annunciare il suo Evangelo in Italia.

Al Guicciardini si deve non solo l’inizio dell’assemblea di Firenze via della Vigna Vecchia, ma anche il primo movimento di credenti evangelici italiani dopo che la Riforma protestante del XVI sec., nel nostro Paese, era stata stroncata e annientata con tanta violenza da non lasciare tracce nella memoria.

 

Fu un amante della Parola di Dio e la sua decisione di sottomettersi alla “Sola Scrittura” non fu altro che, una rinuncia al proprio arbitrio e un riannodare una testimonianza interrotta secoli prima con tanta ferocia. Guicciardini, pur convertendosi a contatto con la Chiesa Riformata svizzera, non si inserì in quella comunità ma aprì una nuova strada che sfocerà nella costituzione della prima chiesa evangelica libera di italiani. Fu, nel suo tempo, un testimone di Cristo senza tentennamenti in una società dove definirsi cristiani secondo l’Evangelo, e non secondo la Chiesa dominante, voleva dire persecuzione, carcere ed esilio.

 

Riconoscendo in Cristo il solo Signore acquisì una libertà di coscienza che gli permise di decidere quando ubbidire a Dio e quando agli uomini. È stato un uomo che ha preso sul serio la scelta di stare dalla parte di Cristo, venendo a costituire, con i fratelli e le sorelle che lo seguirono nella scelta di fede, un pungolo alla società e ai politici, affinché anche in Italia ci fosse la libertà di proclamare l’Evangelo.

 

Siamo abituati a pensare al Guicciardini avendo in mente la sua figura di vecchio imponente con la grande barba bianca e la faccia austera, ma dovremmo ricordare che quando il Signore lo chiamò ad una scelta di fede tanto impegnativa aveva da poco passato i venticinque anni – a quest’epoca aveva già intrapreso l’iniziativa di fondare le prime scuole infantili pubbliche in Toscana, scrivendo lui stesso dei manuali per l’istruzione ed aveva inoltre organizzato più di cinquecento insegnanti reclutati per tutta la regione. Fu uomo di vaste vedute: a trentaquattro anni si recò a Ginevra per cercare aiuti avendo progettato di evangelizzare l’Italia intera.

 

 

Posizioni scomode,

ma coraggiose e fedeli

 

Guicciardini ebbe molte intuizioni e prese posizione scomode per l’epoca: in un tempo in cui le guerre d’indipendenza italiana erano ritenute quasi un “sacro dovere” fu un accanito pacifista.

Certamente parteggiava per l’unità d’Italia ma credeva nella forza della non violenza. Scrisse lettere appassionate (e sconsolate) in cui affermava che le guerre sono uno strumento che non risolve i contrasti tra nazioni, e che costringe i soldati a trasgredire al comandamento divino di “non uccidere”, per questo si impegnò a cercare soldi per riscattare dal servizio militare i giovani credenti.

Tutti conosciamo il costo sociale elevato che questi nostri fratelli e sorelle dovettero pagare pur di rimanere fedeli all’Evangelo e ostinatamente volersi chiamare semplicemente “cristiani”, eppure il solo nome, dopo, a quello di cristiani a cui tennero tanto, fu quello di: chiese “libere” (solamente molti decenni più tardi, quando Guicciardini era oramai prossimo alla morte, le comunità sorte sul suo esempio cominciarono, copiando quelle inglesi, a denominarsi “dei fratelli”).

 

“Liberi”! Forse questi credenti erano così “liberi” da apparire pericolosi. In generale non furono amati dalla popolazione.

Quando a causa dell’insufficienza di spazio nelle riunioni tenute nelle famiglie, i credenti della comunità di Firenze cercarono un locale in affitto, nessuno era disposto a concederglielo.

Basti pensare che in 19 anni, nel periodo che va dalla tolleranza religiosa in Toscana – dal 1859 al 1878 – la comunità fiorentina si dovette spostare in più di dieci locali: da Piazza Indipendenza, sede della prima sala di culto, al lungarno Guicciardini, al Canto de’ Nerli, a via Ghibellina, a borgo degli Albizi (palazzo Borghesi), a Piazza Madonna n. 36, a Corso Vittorio Emanuele, da via Maggio a via S. Spirito per poi giungere finalmente ad un proprio locale in via della Vigna Vecchia.

Peregrinarono per dieci luoghi diversi, ma per loro non era un gravissimo problema, la vita per quella generazione di credenti era fatta così. Fu la sensibilità, certamente dovuta ad una cultura diversa e più acuta di una signorina inglese con l’amica Rosa Madiai, a cercare la possibilità di avere un luogo stabile (ma non tutti nella comunità di allora erano convinti che una chiesa cristiana dovesse avere un locale di proprietà).

 

Ma non voglio prolungarmi sulla storia dell’assemblea di Firenze né sulla biografia del Guicciardini, storie che sono ben conosciute e documentate. Credo, fra l’altro, che farei un grosso torto alla memoria del fratello Piero, se pensando di onorarlo con un articolo, proseguissi con la sua biografia.

Concludo perciò questa parte storica di questa riflessione, riportando il testo scritto dal Guicciardini stesso e preparato come epigrafe sulla sua tomba, così da rispettare il modo con il quale lui stesso ha voluto che si ricordasse:

 

“Qui furono riposte le spoglie mortali del conte Piero Guicciardini, fiorentino, che ebbe l’onore di soffrire per la testimonianza del nome di Gesù. Nacque nel 1808, nacque di nuovo nel 1836. Vive. Resusciterà. Sarà accolto con i santi mutati dal Signore. Sarà sempre col Signore. Ritornerà col Signore. Regnerà con tutti i santi col Signore. Sarà perfezionato in una stessa cosa col Signore.”

A questa iscrizione epigrafica fa seguito una serie di versetti biblici.

 

Vita difficile quella che vogliamo ricordare ed onorare. Ma una vita che ha portato del frutto visto che a distanza di 200 anni le comunità che ebbero inizio dalla sua testimonianza, il Signore le ha moltiplicate e sparse per tutta Italia (e non solo). Ci rallegriamo tutti di quest’opera a favore degli italiani.

 

 

Il pericolo del conformismo

 

Vorrei ora fermarmi per riflettere sulle parole di Gesù che troviamo nel testo di Giovanni 15:18 a 16:4 ed in particolare sull’avvertimento più volte ripetuto: “il mondo vi odia” (15:18, 19).

Che senso può avere, davanti ad una ricorrenza tutto sommato gioiosa come questa, rileggere le parole di Gesù che l’evangelista Giovanni ci riporta?

Perché evocare l’ombra scura della persecuzione, addirittura dell’“odio del mondo”?

 

Come successe al cristianesimo primitivo che, dopo essere stato perseguitato, venne accettato dallo Stato e da quel momento cadde nella suprema tentazione mondana, quella di essere integrato nella società, amalgamato al mondo, la stessa situazione poteva ripetersi per la chiesa perseguitata dell’800.

Una volta accolta dalla società, essa rischiava di essere tentata dal conformismo.

Rischiava di smettere di essere una chiesa di credenti che hanno da dire qualcosa di nuovo, una chiesa evangelica confessante il solo Cristo come punto di vista per la vita.

Rischiava, invece, di cominciare ad adattarsi, come tutti, alla società esistente. Cittadini come tutti gli altri, ma anche cristiani come gli altri, conformati all’ambiente; non più percepiti come “estranei” e quindi odiati, disprezzati, perseguitati. Se anche non proprio amati, sentiti però come innocui e a volte conformati al potere esistente.

 

“Se il mondo vi odia, pensate che prima di voi a odiato me. Se voi apparteneste al mondo, il mondo vi amerebbe come suoi. Invece voi non appartenete al mondo, perché io vi ho scelti e strappati al potere del mondo. Perciò il mondo vi odia…” (Gv 15:18…).

 

Così dice Gesù alla sua Chiesa che stava per subire la persecuzione da parte dei Giudei della sinagoga: come è successo a Gesù di essere contestato, buttato fuori dalle sinagoghe, disconosciuto e alla fine portato a forza davanti alla corte suprema per essere incriminato di eresia e giudicato “reo di morte”.

 

 

Odio e persecuzione

frutto della normalità

 

Nello stesso modo anche coloro che con il Guicciardini avevano scelto di vivere come discepoli di Cristo venneroinquisiti, emarginati, perseguitati, paradossalmente non dal mondo pagano.

Infatti in primo luogo furono odiati dai “credenti” di quella parte di “chiesa” che aveva in realtà mancato l’appuntamento con Gesù.

 

“Sarete espulsi dalle sinagoghe; anzi verrà il momento che vi uccideranno pensando di fare cosa gradita a Dio” (Gv 16:2).

Anche se in queste parole si puo intravedere la violenza con cui l’impero romano avrebbe combattuto contro i credenti in Gesù, resta il fatto che quando la “Chiesa” si è sviata dalla verità è diventata la nemica più accanita di coloro che hanno scelto di rimanere fedeli al solo Cristo. Così accadde a Gesù, ai discepoli, ai credenti nel XVI sec. e del XIX… Così è sempre accaduto!

La parola di Gesù, che abbiamo letto è chiara e non è la sola volta che Gesù la dice, pensiamo ad esempio alle beatitudini:

 

“Beati quando vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia; rallegratevi e giubilate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli (cioè: presso Dio); così hanno perseguitato i profeti, prima di voi” (Mt 5:11).

 

Le beatitudini descrivono questa situazione come “normale” per un cristiano; pensiamo al ripetuto invito di prendere su di sé la propria croce e seguirlo. Attenzione: né Gesù né i discepoli sono dei masochisti, non vanno a cercarsi i guai, ma è l’ostilità che nasce davanti alla loro parola di testimonianza e al loro comportamento a far nascere l’odio del mondo, che ama le tenebre più che la luce.

Ancora Gesù, nella preghiera con la quale intercede presso il Padre per i suoi discepoli di ogni tempo e luogo dirà:

 

“Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno” (o dal male – Giov. 17:14)).

 

 

La pace rischiosa

di una “Chiesa” mondanizzata

 

È vero: nella storia della Chiesa di Cristo ci sono momenti e luoghi in cui i credenti possono riposarsi. Cessano le persecuzioni e le violenze.

Dio concede alla Chiesa dei periodi di maggiore tranquillità come quello che noi oggi e qui godiamo. Però dobbiamo avere chiaro, come è successo a volte nel passato, che proprio questi sono stati momenti di tentazione: c’è una pace che fa addormentare.

Dobbiamo essere coscienti che la condizione che la Bibbia mette come normale per il credente e della Chiesa è vivere tra le ostilità e il rifiuto da parte del mondo.

Se la Chiesa e ogni singolo credente cercheranno di assomigliare a Gesù, se cercheranno di comportarsi nella vita come lui si è comportato, allora la risposta del mondo sarà la stessa: odio, sospetto, scontro.

Pensate, ad esempio, se in una situazione di corruzione diffusa come in Italia, si mettesse in pratica l’insegnamento evangelico che non solo ci comanda di non praticare le opere malvagie ma anche di denunciarle… (Ef 5:11).

Cosa accadrebbe?!?

 

Nella prefazione ad un vecchio libro sull’Evangelo di Giovanni, è scritto:

 

“Il mondo odia la Chiesa che con la sua esistenza stessa lo contraddice, così come ha odiato Gesù perché contestava le sue opere malvagie. «Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; ma poiché non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, perciò il mondo vi odia» (Gv 15:19; vedi anche 17:14); il mondo non trova nulla da amare nella Chiesa, perché non vi trova nulla di suo; né Gesù né la Chiesa sono del mondo; la Chiesa è un corpo estraneo, non integrabile nel mondo; il mondo mal sopporta la presenza di uomini che, in virtù dell’elezione divina, non sono più del mondo, pur restando nel mondo. Il conflitto è inevitabile. Non è possibile che la Chiesa sfugga tatticamente all’odio, mostrando per esempio al mondo la sua rettitudine e la sua ingenuità, oppure presentando la sua dottrina come un contributo positivo all’organizzazione del mondo. La Chiesa può esorcizzare l’odio del mondo in un modo solo: mondanizzandosi.

Con una Chiesa mondanizzata, che cioè non occupa più nel mondo la posizione occupata da Gesù, non sarà difficile al mondo trovare vie di accordo: una Chiesa mondanizzata il mondo la sentirà «sua» e quindi l’amerà, la sentirà come alleata, la proteggerà, le offrirà dei privilegi – e lei li accetterà. Secondo il quarto evangelo, una situazione concordataria tra Chiesa e mondo è possibile solo con una chiesa mondanizzata”.

 

Gesù, come aveva preannunciato il vecchio Simeone è stato “segno di contraddizione”, cioè di contrasto, di rifiuto. Così la Chiesa che ubbidisce al suo “Seguimi” è sì nel mondo, ma contestando quello che è storto, contesta i metodi e il sistema di valori.

È perciò nel mondo come segno di contraddizione che mette in luce e combatte i metodi illeciti nei rapporti tra persone e istituzioni, che contesta le false ideologie che reclamizzano cosa sarebbe “bene” e “verità”. Questo atteggiamento non è disgiunto dall’annuncio chiaro e forte del semplice Evangelo e dalla pratica di una spiritualità che libera l’uomo dalle catene del male e del maligno.

 

 

Annunciare l’Evangelo

anche nella persecuzione!

 

Appena in Toscana si ebbe la tolleranza religiosa, Guicciardini tornò dall’esilio e per prima cosa organizzò delle riunioni di evangelizzazione in un locale di Piazza Indipendenza (tutte le sere, per una settimana). Sapeva che l’unica possibilità di andare avanti per questa chiesa sopravvissuta alla persecuzione, non era quella di riposarsi o rimirarsi, macontinuare nell’opera di diffusione dell’Evangelo.

L’evangelizzazione è il modo per continuare ad essere sale e luce, ma anche suscitare odio nell’ambiente religioso o ateo che sia.

Quei credenti non pensarono che bastava qualche riunione con un predicatore di grido (anche perché, nonostante la legge affermasse la tolleranza religiosa, dopo quattro sere in cui partecipavano più di quattrocento persone,l’odio contro loro riaffiorò e la polizia fece chiudere il locale) ma continuarono a fare quello che per loro era normale fare: parlare dell’Evangelo a tu tu, agli amici, ai parenti, ai colleghi, nella scuola… e testimoniando con il loro atteggiamento di vita.

 

 

Un esempio

con il quale confrontarci

 

Mi sembra doveroso rivolgere un pensiero di riconoscenza al Signore che ha suscitato cuori ardenti e pieni di zelo per l’Evangelo in tanti fratelli e sorelle a cominciare da Piero Guicciardini, ma allo stesso tempo domandiamoci in che misura noi abbiamo suscitato, con il nostro agire e il nostro testimoniare, quel sentimento “normale” di odio del mondo di cui parla Gesù, l’ostilità, l’opposizione, l’incomprensione di coloro che ci sono vicini; e in che misura invece, ci siamo conformati, e forse qualche volta corrotti con il mondo, con le forze sociali, le ideologie che ci tentano.

 

Chiediamoci anche in che misura abbiamo suscitato l’amore di coloro che il Signore vuole inserire nella sua Chiesa, o invece siamo stati di ostacolo; in che misura siamo cristiani evangelici non conformisti, come non lo fu il Guicciardini che non ricercò la stima del mondo, il rispetto, la considerazione, non cercò nel mondo i compagni di strada ma li cercò solo tra coloro che il Signore gli mise accanto.

 

“Io vi ho scelti e strappati al potere del mondo” ci dice Gesù.

Saremo uomini e donne anomali, italiani anomali come lo è stato Guicciardini?