Tempo di lettura: 5 minuti

Un fratello speciale

 

Mi chiamo Libera, abito da 9 anni a Piacenza e provengo da Foggia.

Il mio primo contatto con la diversabilità (che indicherò da ora in poi con la sigla DA) è stato vivere accanto ad un fratello affetto da una sindrome molto particolare sin dalla sua nascita.

I miei genitori se ne sono accorti quando ha cominciato a frequentare le scuole elementari, fino ad allora tutto sembrava “normale”, i suoi capricci rientravano nel comportamento di un bambino della sua età, e anche fisicamente tutto sembrava a posto. Ma quando ha cominciato a dover seguire delle regole di studio non riusciva a stare al passo con gli altri; in casa vivevamo un’atmosfera serena a riguardo, io non mi sono mai sentita coinvolta nel problema perché i miei genitori affrontarono la situazione con discrezione.

Finché un giorno mia madre rientrando con mio fratello da una visita specialistica con il risultato di un elettroencefalogramma tra le mani, crollò sfociando in un pianto di disperazione perché aveva avuto la conferma di alcuni sospetti.

In quel momento ho capito che qualcosa in mio fratello non andava. Da li in poi i miei genitori non hanno fatto che indagini su indagini. Hanno portato mio fratello in ogni posto d’Italia dove potessero studiare il caso e dare una diagnosi definitiva.

Sandro è un ragazzo molto dolce, ora ha 42 anni, tre meno di me, io quarta e lui quinto di cinque figli. Siamo stati molto insieme più noi due che lui con gli altri fratelli, mi sono presa cura di lui. Abbiamo fatto molti viaggi insieme, con sacrifici e rinunce ma con amore e volentieri, non mi sono mai vergognata del mio “Bud Spencer”.

In proposito, è bene considerare che quaranta anni fa l’accettazione e l’inserimento in società dei DA non erano come quelli di oggi.

 

 

Una svolta nei rapporti

 

Quando mi sono sposata avevo 29 anni e mio fratello 26, pensavo di non poter fare più tante cose per e con lui e anche lui inizialmente era geloso, invece mio marito si è rivelato molto sensibile permettendomi, per quanto possibile, di continuare a dedicargli tempo ed energie.

Da 9 anni abito lontano dalla sua città, ma non mancano le occasioni per stare insieme e recuperare e poi ciò che non posso fare io lo fa mia sorella e la sua famiglia.

Avere un fratello DA vuol dire ricevere molte gioie dalle piccole cose della vita, perché Dio ci dà pace e serenità se accettiamo la diversità e agiamo di conseguenza chiedendogli quotidianamente forza e saggezza per far fronte a tutte le avversità.

Avere un fratello DA implica:

• rallentare,

• cambiare programma,

• sopportare gli umori,

• sostenere,

• lavorare per due,

• ingoiare i rospi,

• avere sempre una risposta pronta e giusta verso di lui e verso gli altri che non comprendono,

• rinunciare a volte a qualcosa per lui,

•garantire per lui e mille altre cose.

Ma un suo sorriso, un suo bacio, un suo abbraccio e anche un suo “no” gratificano e danno sensazioni che non si possono spiegare.

Averlo mi ha fatto acquisire esperienza per la mia vita di futura mamma. Tutto era nel piano meraviglioso di Dio. Solo a lui sia la lode.

 

 

Un’esperienza inattesa

 

Mi sono sposata a 29 anni dopo un anno di fidanzamento durante il quale ho avuto modo di sviluppare con mio marito Antonio vari tipi di argomenti tra i quali l’eventualità di non avere figli o di averne con “problemi”. Ci siamo subito trovati concordi che, comunque fossero andate le cose, saremmo rimasti uniti e fedeli al Signore.

Nel primo anno di matrimonio abbiamo avuto il nostro primo figlio: che gioia!

Aveva solo due mesi quando Antonio viene invitato a partecipare al campo per ragazzi di Poggio Ubertini come capocamera e come collaboratore nelle attività sportive.

Al suo ritorno oltre all’entusiasmo per una così bella esperienza, alle foto ed al bucato da lavare, mi porta un libriccino dal titolo “Colla”.

Incuriosita lo leggo con molta attenzione e mi faccio una piccola cultura sulla trisomia 21 o sindrome di Down di cui avevo già sentito parlare. Infatti avevo visto dei manifesti per la sensibilizzazione e per l’inserimento nel mondo del lavoro dei ragazzi Down, ma non sapevo tanto più di questo. Trovai il libriccino molto interessante, ma fu archiviato dopo la lettura.

Antonio mi raccontò anche di aver conosciuto Davide al Campo di Poggio, un bambino di 6 anni (allora) molto dolce e molto seguito. Antonio aveva un’espressione particolare quando ne parlava.

 

 

Dio ci aveva preparato!

 

Da lì a sei mesi rimango incinta della nostra seconda figlia: Naomi.

A tre mesi di gestazione ho avuto una minaccia di aborto che mi costringe al massimo riposo e a controlli più approfonditi di vario genere che mi portano alla scoperta, tra le altre cose, di una percentuale molto alta (1 su 2) di probabilità che Naomi potesse nascere affetta dalla trisomia 21 che fosse cioè una bambina down.

Vi lascio immaginare il miscuglio di sensazioni e le migliaia di pensieri che questa situazione crea in Antonio e me.

Calma: “Dio sa”, “Dio conosce ogni cosa”, Dio vuole il meglio per noi”.

Dopo qualche momento di annebbiamento, Antonio ed io abbiamo sentito la pace del Signore e non abbiamo mai dubitato del suo amore, ma abbiamo amato ancor di più la creatura che già ci apparteneva.

Abbiamo fatto di tutto perché la gravidanza procedesse. Che fatica! Visite ed esami molto frequenti e snervanti, ma Dio controllava tutto dall’alto. La cosa più difficile in quel periodo è stata consolare e confortare parenti, amici e colleghi che manifestavano preoccupazione verso il “caso”.

Ma non tutti grazie a Dio: c’erano anche coloro che ci hanno sostenuto nella preghiera e col giusto atteggiamento di discrezione e aiuto e solidarietà ci hanno accompagnato fino alla nascita di Naomi.

Per quanto riguarda i medici il Signore ha provveduto le cure nei miei confronti di quelli più calmi e dediti, pur circolando spesso e ad alta voce le parole: “Aborto… Interruzione di gravidanza” o espressioni del tipo: “Non ce la farà” “La natura espelle da sola i difettosi” etc. etc.

Erano increduli i dottori fino all’ultima ecografia quando ogni problema e complicazione, al di là della sindrome, è svanita.

Naomi è nata il 29 dicembre 1994, parto spontaneo podalico, ad assistermi Luisa, mia cognata, e un ginecologo tra i più calmi e competenti oltre al personale di turno tutto sotto il controllo di Dio, il Medico dei medici, il Signore dei signori, il Re dei re.

La prima frase di Luisa a mio marito (suo fratello) nel corridoio in attesa di notizie è stata: “È viva!”.

 

 

La cura preziosa di Dio!

 

Naomi ora ha tredici anni, frequenta la prima media, abbiamo trascorso i primi mesi della sua vita imparando a conoscerla, a conoscere i suoi problemi, i suoi limiti e a darle il meglio seguiti da un medico studioso della sindrome di Down, da un’associazione, da una logopedista, da un’insegnante di motricità e, non meno importante, da tutta l’assemblea di appartenenza che si è sentita profondamente coinvolta.

Infatti fin da subito dopo la nascita Naomi doveva praticare fisioterapia in casa e a turno ben 27 sorelle venivano per due ore al mattino e due al pomeriggio a casa mia per aiutarmi avvolgendomi con tutto l’amore e il sostegno necessari mentre Antonio era a lavorare.

 

I problemi sono stati e sono tuttora tanti, ma anche i progressi di Naomi sono stati altrettanto numerosi. Dio ha messo intorno a lei gli angeli giusti per ogni occasione anche nell’ambito scolastico dove abbiamo ricevuto solo benedizioni.

Dio ha preparato le nostre menti sin dal fidanzamento per Antonio e sin dalla mia infanzia (visto che io ho vissuto l’esperienza di avere accanto un fratello DA).

Naomi ha accanto a sé due fratelli ed una sorella molto vicini d’età: la loro presenza ha contribuito molto alla sua crescita e al suo sviluppo.

Naomi ha sempre avuto un asilo tutto personalizzato in casa con loro che l’hanno aiutata e stimolata, molte volte trainata, a volte spinta. Anche questa è una lezione positiva, là dove sembrava difficile e da irresponsabili gestire una famiglia numerosa, le benedizioni sono sovrabbondante.

Lode a Dio! Che la nascita di Naomi possa portare alla conversione chi le è e ci è intorno.

Non posso nascondere che in certi momenti della giornata è dura, ma Dio ci porta in braccio!

 

“Io ti celebrerò perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere; l’anima mia lo sa molto bene” (Sl 139:14).