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Le Sacre Scritture sono ricche di casi umani colti nei loro aspetti pi significativi: la loro analisi pu˜ insegnarci molte cose sui momenti critici che tutti, prima o poi, siamo chiamati ad affrontare.

 

 

La tragica esperienza di Giobbe

 

L’esperienza di Giobbe pu˜ essere per noi alquanto istruttiva. Giobbe fu colpito da tre fatti traumaticicontemporaneamente: la perdita di tutti i suoi familiari salvo la moglie, che si dimostr˜ peraltro una cattiva consigliera; la perdita di tutti i suoi beni ed infine la malattia costituita da un’ulcera maligna che colp“ tutto il suo corpo. Ce n’era abbastanza per mandare in tilt qualsiasi mortale.

Eppure la Sacra Scrittura rese testimonianza che Giobbe Ònon pecc˜ e non attribu“ a Dio nessuna colpaÓ (Gb 1:22), ma disse: ÒIl Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del SignoreÓ (Gb 1:21).

Giobbe ebbe perci˜ un comportamento veramente esemplare. Chi di noi sarebbe stato in grado, in condizioni simili, di comportarsi nella stessa maniera?

Fu solo pi tardi, quando i Òconsolatori molestiÓ vennero a trovarlo, cercando di convincerlo che tutto quello che gli era capitato fosse una punizione di Dio che Giobbe si ribell˜, rimugin˜ sulla propria amarezza, assaporando tutta la desolazione del proprio stato fino a maledire il giorno della sua nascita; alla fine, rivendicando la propria integritˆ ed eccedendo forse in questa sua autodifesa pass˜ il segno, insistendo troppo sulla propria giustizia.

Giobbe non conobbe mai i fatti del retroscena e ci˜ che l’avversario aveva ordito ai suoi danni. Ma ci˜ che  straordinario  rilevare come la maestˆ di Dio si degnasse di scendere a discutere con l’uomo, facendogli infine riconoscere la sua incoerenza.

In quale maniera avrˆ avuto luogo questo Òscambio di opinioniÓ? Non possiamo saperlo. Ma lo Spirito di Dio ha trovato il modo di raccogliere queste testimonianze perchŽ arrivassero fino a noi e fossero per noi di monito.

Giobbe alla fine si umili˜, riconoscendo il proprio stato di peccato e la propria piccolezza di fronte alla maestˆ e alla grandezza di Dio e Dio allora lo liber˜ da tutti i suoi mali, restituendogli i suoi beni e reintegrandolo nella sua posizione originaria di privilegio.

Non sempre questo  ci˜ che si verifica nella pratica al giorno d’oggi.

Ma sicuramente un’accettazione serena della volontˆ di Dio nella propria vita  la premessa indispensabile per disporre l’animo a ricevere con gratitudine le benedizioni divine.

 

 

Il profeta Giona:

esempio di uno spirito negativo

 

Il profeta Giona fu un personaggio che andrebbe studiato a fondo nei suoi comportamenti, perchŽ rappresenta una personalitˆ piuttosto interessante e per alcuni versi contraddittoria.

Giona era un profeta, ossia un portavoce di Dio e conosceva bene la sua Parola: ne sono una prova le numerose citazioni di salmi che egli pronunzi˜ nel corso della sua preghiera, quando fu all’interno del pesce che lo aveva inghiottito.

Resta un mistero la sua grossa ingenuitˆ di credere di poter fuggire lontano da colui che egli conosceva come lÕOnnipotente Dio del cielo, avventurandosi in mare su di Òun guscio di noceÓ.

Ma andiamo con ordine. Giona era un uomo al quale Dio ordin˜ un giorno di recarsi nella grande cittˆ di Ninive ad annunziare che, a meno di un generale pentimento dei suoi abitanti, Dio l’avrebbe distrutta, a causa della sua grande malvagitˆ. Ma Giona, invece di ubbidire, se ne and˜ da un’altra parte, pensando di riuscire ad evitare l’incarico.

Dio per˜ decise questa volta di adoperare le maniere forti per indurre il servitore recalcitrante all’obbedienza: ci fu una tempesta, i marinai gettarono Giona in mare quando seppero che era colpevole verso Dio; un enorme pesce inghiott“ Giona e and˜ poi a vomitarlo sulla spiaggia non lontano dal luogo dove il profeta non voleva andare.

Quindi Dio gli ordin˜ di nuovo di andare a Ninive a predicare. Questa volta Giona and˜ e predic˜; i Niniviti si pentirono cos“ profondamente che Dio decise di sospendere il giudizio. é a questo punto che avvenne un fatto strano e paradossale: il profeta, anzichŽ rallegrarsi del risultato straordinario della propria missione, si arrabbi˜ a tal punto che chiese a Dio di togliergli la vita.

ÒEcco, proprio per questo io non volevo andare a Ninive: perchŽ tu sei un Dio misericordioso e io sapevo che non avresti punito i Niniviti!Ó. Questo il senso del suo discorso (cfr. Gn 4:1-3). PerchŽ un comportamento cos“ strambo da parte di un uomo di Dio?

La realtˆ era che Giona detestava i Niniviti per la loro continua ostilitˆ verso Israele ed era stato tutto contento quando Dio aveva manifestato l’intenzione di distruggerli. Ecco perchŽ, quando Dio gli ordin˜ di andare a Ninive per fare un ultimo tentativo, Giona cerc˜ di sottrarsi all’incarico che Dio gli aveva affidato.

La seconda volta il profeta ubbid“ all’ordine divino ma senza metterci il cuore e soprattutto non amando affatto i Niniviti votati alla morte. Giona amava la propria immagine ed i propri punti di vista e sarebbe stato contento di vedere la distruzione della cittˆ, tanto  vero che si pose a sedere a breve distanza sotto una capanna per godersi lo spettacolo.

A questo punto Dio ritenne che il suo servitore avesse bisogno di ricevere una lezione: un verme rosicchi˜ la radice dell’arbusto di ricino che era cresciuto dietro di lui e gli faceva ombra e Giona rest˜ in bal“a del sole e del vento. Nuovamente Giona si lament˜ che sarebbe stato meglio per lui morire, piuttosto che continuare a vivere.

Il fatto che il profeta si preoccupasse del ricino anzichŽ degli abitanti di Ninive fa anche pensare che spesso i credenti si occupano pi delle proprie comoditˆ che delle persone che periscono per mancanza di conoscenza. In realtˆ, Giona non ebbe pietˆ tanto del ricino che si era seccato quanto di sŽ stesso e della propria immagine. La sua obbedienza a Dio era una obbedienza di forma e non di cuore, per quanto egli conoscesse Dio a tal punto che Dio lo aveva ritenuto idoneo da affidargli un incarico.

Giona era un uomo triste ed ombroso di carattere e ci˜ fu causa per lui di stati di profonda depressione fino a fargli desiderare la morte.

Colpisce poi la infinita misericordia di Dio che si rivolse a lui come un padre, chiedendogli: ÒFai bene ad irritarti cos“?Ó. Al che Giona, cocciuto, ribattŽ: ÒS“, faccio bene!Ó.

A volte  la nostra testardaggine a procurarci frustrazioni e dispiaceri, che potrebbero essere evitati se fin dall’inizio fossimo disposti ad obbedire a quanto Dio ci ordina.

Troviamo che Giona sia molto vicino a noi nel suo modo di fare, nei suoi sentimenti ma anche nella sua incoerenza. Non ha affatto il piglio dell’asceta, nŽ la gravitˆ di un Mos o del profeta Elia. Non appare come un superuomo, in ultima analisi, e forse anche per questo non ci  lontano. Non  per˜ un bell’esempio e, soprattutto, non  un esempio da imitare.

Ma quante volte ci uniformiamo a lui e al suo atteggiamento, quando agiamo riparandoci dietro frasi del tipo: ÒIo la penso cos“Ó, anzichŽ uniformare il nostro comportamento alla Parola di Dio, ricercando in essa la guida della sapienza divina?

Quanti guai e quanti stati depressivi di meno, se ricercassimo la saggezza che viene dall’Alto nell’affrontare i problemi che si parano davanti a noi! (cfr. Gm 3:13-18).

 

 

Evitiamo di essere

negativi o pessimisti

 

Spesso l’amarezza e il disappunto ci sovrastano e ci prendono la mano, quando consentiamo ai pensieri negativi di occupare la nostra mente. é possibile che l’amarezza e il disappunto siano generati in noi dall’atteggiamento di altre persone, atteggiamento che noi giudichiamo non conforme a quello che un cristiano dovrebbe esprimere. In questi casi, cosa fare?

Avvertire una o anche due volte con grazia e senza manifestare risentimento, indicando quella che, secondo gli insegnamenti della Parola di Dio, riteniamo sia la maniera giusta di comportarsi e di fare le cose. A questo punto, abbiamo fatto quello che dovevamo fare ed il problema non ci riguarda pi, ma riguarda gli altri e il Signore.

Viviamo quindi in pace e non amareggiamoci e non deprimiamoci pi se le cose non andranno ugualmente come vorremmo e come riteniamo sarebbe giusto.

Viviamo sereni, svolgendo con coscienza la nostra parte, senza magonare e senza risentimenti, che farebbero male solo a noi stessi. Il Signore ci ricompenserˆ aprendo altre strade e dandoci altri motivi per cui gioire.

Lo scoraggiamento e il pessimismo sono come un piano inclinato: avventurarsi su questo terreno  molto pericoloso perchŽ non si sa dove ci si potrˆ fermare. Scendere questa china pu˜ portare all’incredulitˆ, al dubbio e ad una falsa visione di Dio.

ÒSatana esulta, quando pu˜ mettere i figli di Dio in condizione di non credere, portandoli – quando riesce – allo scoraggiamento. é felice nel vederci dubitare di Dio, della sua volontˆ di salvarci e della sua potenza; prova piacere quando noi abbiamo l’impressione che Dio non voglia il nostro bene e gode presentandolo ai nostri occhi come un essere privo di pietˆ e di compassione.

Egli falsifica la veritˆ insinuando nella nostra mente pensieri e immaginazioni che producono idee errate a proposito di tutto ci˜ che concerne il nostro Creatore.

 

 

Non diamo spazi al diavolo

 

Cos“, invece di tenere ben presenti le veritˆ che riguardano il nostro Padre celeste, troppo spesso ci fissiamo sulla falsa rappresentazione che Satana dˆ del Creatore; diffidando e lamentandoci di Dio.

Satana cerca costantemente di rendere la vita spirituale difficile, faticosa e triste; e quando un cristiano dˆ l’impressione agli altri che sia realmente cos“, asseconda l’intento di SatanaÓ (Da ÒAlla ricerca della pace interioreÓ, Parte 1¡ ÒPassi verso GesÓ, di E. G. White, pp. 86-87, Associazione Cristiana Maranata, Pistoia).

Giobbe stesso si era fatto un’errata rappresentazione di Dio, immerso com’era nella sua angustia, finchŽ dovette riconoscere di essersi ingannato, quando afferm˜: ÒIl mio orecchio aveva sentito parlare di teÉÓ. Il quadro che egli si era fatto di Dio nella sua mente attingeva a quello che aveva sentito dire da altri e magari a quello che il diavolo sussurrava al suo orecchio.

Ma quando Dio si rivel˜ a lui in tutta la sua maestˆ e onnipotenza, dimostrandogli quanto egli fosse stato meschino nelle sue argomentazioni, allora disse: ÒOra l’occhio mio ti ha vistoÓ e la conclusione di Giobbe fu: ÒPerci˜ mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenereÓ (Gb 42:5-6).

PerchŽ questo cambiamento? PerchŽ prima Ònon capivoÓ (v. 3), confess˜ Giobbe.

Quante volte anche noi, forse, non capiamo quello che ci capita e traiamo dai fatti delle conclusioni affrettate e, quindi, facilmente errate. A questo proposito la Scrittura ci ricorda: ÒSta in silenzio davanti al Signore e aspettaloÓ (Sl 37:7).

Che il Signore ci aiuti ad essere pazienti, attendendo la sua liberazione senza mormorare. Preghiamo: ÒSignore, donami la pazienza di attendere la tua liberazione senza mormorare. Ho bisogno del tuo aiuto, perchŽ senza di te non posso fare nulla. Ma tu puoi darmi la pazienza necessaria. Grazie per la tua risposta, nel nome di GesÓ.

 

 

Cerchiamo di essere positivi!

 

La Scrittura ci invita ad essere positivi ed indica anche la via per poterlo diventare. L’apostolo Paolo esortava infatti i credenti della chiesa di Filippi in questa maniera: ÒTutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui  qualche virt e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarˆ con voiÓ (Fl 4:8-9).

ÒTroppo facile – obietta qualcuno – bastasse solo pensare a cose positive il problema non esisterebbe!Ó Ci si dimentica che l’apostolo non dice solo di pensare cose positive, ma di farle, il che  alquanto diverso.

Un vecchio medico attribuiva gran parte della responsabilitˆ degli stati d’ansia e di depressione al sistema nervoso centrale dell’uomo: Òé tutta colpa del gran simpatico che, quando ci si mette,  proprio un grande antipatico!Ó – egli diceva con fine umorismo.

Ci˜  indubbiamente vero; ma quante sollecitazioni in senso negativo riceve il nostro sistema nervoso attraverso i mezzi di informazione! Il bene che avviene nel mondo generalmente non fa notizia, mentre tutto ci˜ che avviene di male  diffuso a gran forza. Non c’ bisogno di avere una mente labile per esserne impressionati in senso negativo, ossia stressati.

 A tutto ci˜ si aggiungano i sentimenti di scontentezza, di invidia o di rancore che si creano sul lavoro o nei rapporti di relazione, uniti all’ira o all’impossibilitˆ di ottenere ci˜ che si vorrebbe e il quadro  fatto.

Questi sentimenti, se non controllati o anche repressi, possono agire negativamente sul fisico fino a farlo ammalare e lo renderanno pi vulnerabile di fronte ai fattori esterni. Il saggio dei Proverbi affermava circa tremila anni fa:

ÒUn cuore allegro  un buon rimedio (giova, come una medicina, vers. Diod.), ma uno spirito abbattuto (afflitto) fiacca le ossaÓ (Pr 17:22).

ÒNon ti stimare saggio da te stesso; temi il Signore e allontanati dal male; questo sarˆ la salute del tuo corpo e un refrigerio alle tue ossaÓ (Pr 3:7-8).

 

 

Non guardiamo

troppo ai nostri sentimenti

 

La profonda sofferenza interiore che si sperimenta nei periodi di depressione  stata definita Òil buio dell’animaÓ, perchŽ il cielo pare chiuso e sembra di non sentire pi su di noi lo sguardo del Signore. Quello  un momento molto delicato, perchŽ sono allora i nostri sentimenti a tenere banco e ad attirare tutta la nostra attenzione.

Il verbo sentire ha infatti la stessa radice del sostantivo sentimento. Noi vorremmo sempre sentire qualche cosa, per avere una conferma alle nostre certezze, quando i dubbi sfiorano l’anima nostra. Ma non  questa, in un certo senso, un po’ una mancanza di fede?

Non  invece ai nostri sentimenti che dovremmo guardare, ma alle promesse divine, senza porre tanti perchŽ.Dobbiamo dire peraltro che, se  facile consigliare questo,  assai difficile metterlo in pratica.

Anche Ges chiese perchŽ, quando si sent“ abbandonato dal Padre sulla croce. Ed  impensabile che egli non sapesse il perchŽ di questo abbandono e dell’angoscia che di conseguenza lo attanagliava.

Nel momento in cui il nostro peccato gravava su di lui, il Padre distoglieva effettivamente il proprio sguardo ed il cielo si chiudeva, mentre le tenebre scendevano non solo nell’anima di Ges, ma anche su tutto il paese (cfr. Mt 27:45).

Ecco il perchŽ della profonda angoscia che faceva sentire il Cristo solo e abbandonato; la solitudine  infatti una delle caratteristiche dei deserti spirituali, quando l’anima sperimenta il buio dentro e intorno a sŽ.

Nel caso di Ges il distacco e l’abbandono furono quindi effettivi; nel caso del salmista e nel caso nostro no, perchŽ siamo noi a sentirci abbandonati, mentre – possiamo esserne certi – il Signore non ci perde d’occhio.

Ricordiamo il discepolo Pietro quando speriment˜ di affondare, mentre un istante prima era riuscito a camminare sulle acque del lago di Tiberiade.

Possiamo domandarci ancora una volta come mai vi fosse riuscito. Per propria virt o capacitˆ? Niente affatto. Vi era riuscito unicamente per la virt e la potenza del Signore che gli aveva detto: ÒVieni!Ó e dal quale il discepolo non distoglieva lo sguardo.

Pietro era dunque riuscito a dominare le difficoltˆ rappresentate dalle onde. Ma ecco improvvisamente cambiare i sentimenti di Pietro: il vento e le onde impressionano il discepolo che si guarda attorno smarrito: ed  smarrito perchŽ, per guardarsi attorno, ha ovviamente distolto lo sguardo dalla persona di Ges.

é questo l’elemento importante che cambia tutto, non la situazione che  sempre la stessa; ma ora sono i suoi sentimenti a prevalere, sentimenti che sono la paura, l’insicurezza, il dubbio. Quando permettiamo a questi sentimenti di imporsi su di noi, puntualmente abbiamo la sensazione di affondare, come fu per Pietro. Ma il Signore era l“, a due passi da lui ed intervenne subito e Pietro fu tolto dalla posizione di pericolo.

 

Quando ci capita di sentirci in pericolo, cosa possiamo fare? Ma quand’ che ci sentiamo in pericolo? Quando le difficoltˆ si ergono davanti a noi come onde agitate? Oppure quando il buio persiste in noi e attorno a noi, facendoci sentire il Signore lontano e assente?

Sono allora i nostri sentimenti, che sono la paura, l’insicurezza e il dubbio a creare un velo tra noi e il Signore e di conseguenza noi preghiamo, ma non siamo certi che il Signore ci ascolti e ci risponda. Ecco, allora, che la nostra preghiera pare dissolversi con il vento.

Nonostante tutto, non dovremmo mai dimenticare che Dio aveva detto al suo popolo (e quindi anche a noi): ÒNella calma e nella fiducia sarˆ la vostra forzaÓ (Is 30:15). Ma la paura degli eventi ci toglie la calma e allora la fiducia viene meno.

In questi casi, non scoraggiamoci. Ricordiamo quel canto che dice:

ÒAlma mia, non dubitare, ma confida nel tuo Re,

quand’ei sembra pi tardare, non temere, egli  con teÓ.

Non dimentichiamo inoltre che il Signore  lo stesso, sia quando splende il sole su di noi, sia quando le nuvole coprono il nostro orizzonte o ci avvolge l’oscuritˆ.

Che questi siano i nostri sentimenti, quando ci troviamo ad affrontare dei momenti particolarmente difficili, o quando siamo costretti ad attraversare un deserto spirituale.

Ricerchiamo la faccia del Signore ed egli non mancherˆ di aiutarci a trovare la via attraverso il deserto, perchŽ la Via  lui.

Non dimentichiamolo, quando ci dice: ÒIo sono la ViaÉÓ (Gv 14:6).

Trovando Lui, troveremo la via!

Allora potremo cantare quel canto che dice:

ÒO Signor, se la tua mano sul mio capo ognora tieni,

nell’amore tuo sereni i miei giorni scorreran.Ó